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Chiamparino: “Lotta all’ultimo voto, ma possiamo farcela”

Il centrosinistra può farcela. All’inizio dell’ultima parte della campagna elettorale, Sergio Chiamparino è fiducioso: «Siamo partiti in svantaggio e ancora oggi penso che la vittoria sarebbe una sorta di miracolo di Gianduja. Ma in queste prime settimane di incontri elettorali in Piemonte ho avuto sensazioni positive».
 
Molto duro, il presidente del Piemonte con Matteo Salvini: «Dovrebbe ricordarsi che è il ministro dell’Interno. E che non può andare in giro per l’Italia a minacciare sindaci e presidenti di Regione solo perché non sono d’accordo con lui». Un’alleanza con i M5S se il voto desse un risultato incerto? «Non è all’ordine del giorno. Ci sono profonde differenze di programma con i M5S. A partire dalla Tav, ma non solo. Abbiamo solo due scenari: la vittoria e la sconfitta. Lavoriamo per vincere».
 
Un attacco a Salvini: «Deve ricordarsi che è ministro degli Interni. E non può girare l’Italia minacciando di mandare a casa tutti gli interlocutori istituzionali che non sono d’accordo con lui». Una battuta sui 5 Stelle: «Non vedo come potremmo andare d’accordo, viste le differenze di programma». Un attacco politico alla Lega: «Qui in Piemonte abbiamo l’abitudine di festeggiare il 25 aprile». Sergio Chiamparino scende in campo, a meno di un mese dal voto regionale, per mettere i puntini sulle «i» e far partire la fase calda della sua campagna elettorale.
 

Chiamparino, i M5S lanciano segnali di un loro appoggio su singoli provvedimenti se lei vincesse le regionali senza avere la maggioranza. Che cosa risponde?

 
«Noi corriamo per vincere. Sia il confronto tra i candidati presidenti, sia quello tra le coalizioni. Il resto sono scenari e ipotesi che in questo momento non prendo in considerazione».
 

Lei è ottimista sul risultato finale?

 
«Io sono partito in svantaggio. Sondaggi recenti mi danno testa a testa con il candidato del centrodestra. Anzi, se devo dire, leggermente davanti. E forse per questo motivo fioriscono ipotesi sul sostegno di questa o quella forza politica».
 

Lei non accetterebbe l’appoggio dei 5 stelle?

 
«Sa come si dice? I punti si contano quando le bocce sono ferme. Aspettiamo l’indomani del voto e vedremo. Dai M5S ci divide un mare di punti programmatici. A partire dalla Tav ma non solo. Pensi all’alleanza con Salvini. Le ipotesi che cercano di anticipare quel che accadrà non mi piacciono. Io ho di fronte solo due scenari, quello della vittoria e quello della sconfitta».
 

Come giudica la piazza mezza vuota per Salvini sabato sera?

 
«Credo che sia molto pericoloso indovinare l’esito del voto sulla base della partecipazione ai comizi. E quindi non mi faccio illusioni per la scarsa partecipazione al comizio di Salvini. Piuttosto mi ha dato fastidio il suo modo di fare».
 

Che cosa l’ha irritata?

 
«Insomma, Salvini è il ministro dell’Interno. Ricopre un ruolo delicato nel sistema istituzionale italiano, ha delle responsabilità. Non è normale che da sei mesi faccia il giro d’Italia promettendo di ‘cacciare‘ o ‘mandare a casa‘ questo o quel rappresentante delle istituzioni per il solo fatto che non la pensa come lui».
 

Beh anche lei è presidente della regione ed è in campagna elettorale…

 
«Non contesto il fatto che Salvini faccia la campagna. Contesto il modo che ha scelto per farla. Il tono aggressivo nei confronti degli avversari politici non si addice a un ministro dell’interno. Siamo di fronte ad un imbarbarimento della politica, una deriva che non andrebbe incentivata ma fermata. Ma vi immaginate che cosa sarebbe accaduto se Giorgio Napolitano, quando era al Viminale, avesse girato l’Italia promettendo di cacciare sindaci e Presidenti di regione della Dc?».
 

Lei crede che questo modo di fare politica si rivelerà vincente?

 
«Non lo so. Spero di no. E lavoro perché quell’idea della politica non prevalga. In questo senso mi conforta la scarsa partecipazione al comizio di sabato sera».
 

Secondo lei a che cosa è dovuta?

 
«Mah, credo che ci siano diversi fattori di fondo, al di là di motivi contingenti che possono spiegare una serata andata storta. Il primo è che Torino è sempre stata molto diffidente nei confronti della propaganda leghista».
 

Si riferisce alla propaganda secessionista degli anni di Bossi?

 
«Certo nella città che ha fatto l’Italia non era molto popolare. Ma anche oggi che la Lega predica legge, ordine e armi a disposizione di chiunque per difendersi da sé, non penso che questa predicazione abbia molta presa».
 

Altre ragioni di quella diffidenza, secondo lei?

 
«Il Piemonte è una terra che ha saputo liberarsi dal nazifascismo prima che arrivassero gli Alleati. Nelle nostre montagne i comandanti partigiani appartenevano a tutte le classi sociali e a tutti gli orientamenti politici: combattevano tutti, dal generale all’operaio, dai comandanti del Pci a esponenti non comunisti come Duccio Galimberti a Cuneo ed Enrico Martini, il comandante ‘Mauri’ di Alba. In una regione così non è certo ben visto chi trova una scusa per non festeggiare il 25 aprile».
 

Insomma, lei ha buone sensazioni sull’esito del voto?

 
«Fin dall’inizio dico che se vinciamo si realizza una specie di miracolo di Gianduja. Penso che non sarà facile. Che sarà una lotta sul filo dell’ultimo voto. Ma penso anche che possiamo farcela. Il giro del Piemonte che ho iniziato da qualche settimana mi incoraggia. Incontro tra la gente reazioni positive. Parliamo di sviluppo, crescita, tutela dell’ambiente, promozione del lavoro, soprattutto tra i giovani, investimenti su industria, turismo, università, formazione. E poi anche della necessità di fermare l’onda leghista».
 

Che cosa non rifarebbe delle scelte compiute negli ultimi cinque anni?

 
«Negli incontri che ho in queste settimane vedo che la gente ci dà una patente di credibilità per quel che abbiamo fatto. Questo mi incoraggia. Poi certo ci sono cose che, a saperle prima, non avrei fatto, come l’operazione su Finpiemonte. Anche se penso che quella fosse una vicenda segnata già da prima».
 

Lei dice che se vincerà scalerà il Monviso…

 
«Glielo confesso: a giugno il Monviso lo scalerò comunque. Certo, se perderò lo farò senza troppa pubblicità».

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