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De Micheli: “La ricostruzione delle zone colpite dal sisma è una sfida al rischio spopolamento”

Lascerà l’incarico di commissario straordinario per la ricostruzione a settembre, esattamente a un anno da quando l’ha ricevuto. Con un solo timore: il pericolo che il terremoto del Centroitalia del 2016 sia dimenticato proprio ora. Per il resto Paola De Micheli tornerà a fare il parlamentare tra le file del Pd.
 

Paola De Micheli, i ritardi del dopo-sisma, vengono attribuiti alla burocrazia e quindi alle difficoltà negli uffici dedicati alla ricostruzione, è solo una percezione?

 
«Sono da rintracciarsi certamente nella enormità del cratere e nelle sue diversità territoriali. Immenso è stato il lavoro di adattamento alle singole esigenze, da Regione a Regione e da paese a paese, di reperimento e di formazione del personale, come immensa è stata l’opera di sburocratizzazione per snellire le pratiche necessarie per qualsiasi necessità: dalla richiesta di ricostruzione alle modalità di pagamento. A breve, peraltro, firmeremo un accordo per riconoscere le anticipazioni ai professionisti».
 

Proprio per questi ritardi, il rischio spopolamento delle zone colpite dal terremoto è più concreto oggi che due anni fa.

 
«Io credo fortemente nelle comunità di questi territori. Quando ho assunto l’incarico fin da subito ho sentito la necessità urgente di mettere al centro la comunità. Frequentando e vivendo il cratere abbiamo percepito la volontà forte della maggior parte delle persone di restare nella propria terra. Certo, le scosse continue non aiutano a ragionare in maniera sempre ottimistica, tuttavia possiamo dire che l’intero impianto di ricostruzione è stato avviato attorno a questo obbiettivo: evitare lo spopolamento, a partire dalla ricostruzione di scuole, di chiese e dal riavvio di molte attività produttive attraverso la delocalizzazione».
 

Ma a due anni dal sisma possiamo dire che la ricostruzione è partita o no?

 
«Con l’umiltà e la consapevolezza che di fronte a queste tragedie i numeri non sono mai sufficienti, abbiamo aperto 1.443 cantieri per le abitazioni, abbiamo terminato la ricostruzione di 402 immobili, aperto 509 cantieri di attività produttive e più di 250 cantieri per le chiese. Poi abbiamo ricostruito scuole. A breve inaugureremo anche quella di Amatrice che è pronta. Contiamo più di 2.000 cantieri aperti e pensiamo che questo sia un importante segnale di speranza e di ripartenza».
 

Le misure più attese dai terremotati sono il riconoscimento zona franca e le altre agevolazioni, a che punto siamo?

 
«Al governo abbiamo chiesto di aumentare il numero delle persone che lavorano negli uffici della ricostruzione perché adesso finalmente arrivano tante domande. Abbiamo chiesto inoltre di prorogare tutte le misure economiche a partire dalla zona franca urbana che va rivista nella sua modalità applicativa».
 

Ultima settimana da commissario, poi scade il mandato, cosa farà?

 
«Terminerò l’11 settembre. Mi auguro che tutte le Ricostruzioni restino una priorità per il Paese. E poi è necessaria, anzi indispensabile, anche un’intensa attività di prevenzione. L’insegnamento più grande di questa esperienza è che non deve mai mancare l’ascolto continuo dei presidenti di regione, dei sindaci e delle persone coinvolte. Ricostruire le zone del centro Italia è una grande sfida per il Paese che si può vincere solo lavorando con umiltà, passione, determinazione e competenza».
 

E cosa non rifarebbe?

 
«Rifarei tutto, in alcuni casi con modalità diverse. E comunque abbiamo velocizzato sia le procedure di ricostruzione pubblica che privata».

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