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Martina: “Mi fido più dei sindaci che di un ministro sui social 24 ore su 24”

«Una vergogna».
 

Cosa la fa arrabbiare, onorevole Maurizio Martina?

 
«Questo governo è attraversato da divisioni profonde. Se metto in fila le prime prese di posizione del 2019 dei vari ministri vedo Costa contro Di Maio sulle trivelle, Salvini contro Fraccaro sul referendum, Di Maio contro Salvini sulla delicatissima emergenza migranti».
 

I profughi devono sbarcare in Italia?

 
«Anche su una emergenza come Sea Watch c’è una guerra di posizionamento vergognosa, con prese di posizione di ministri che sono più pensate per la tattica che non per salvare quelle vite».
 

Sulla sicurezza lei sostiene la rivolta dei sindaci oppure, come dice Renzi, le leggi si applicano?

 
«Noi tutti stiamo dalla parte dei sindaci, che con serietà e per tempo hanno chiesto di affrontare i problemi che genera il decreto Salvini».
 

Non è una battaglia strumentale contro il governo?

 
«No. Le parole di sindaci come Orlando, Nardella, Sala e tanti altri dicono tutta la preoccupazione di chi deve governare i problemi reali creati dalle nuove norme. Ed è vergognoso che un ministro dell’Interno, di fronte ai rilievi dei sindaci, risponda con minacce o provocazioni».
 

Come se ne esce?

 
«Io chiedo al premier Conte di incontrare i sindaci e definire con loro le soluzioni ai problemi che genererà quel decreto, perché Salvini a parte battute e provocazioni sui social non ha fornito alcuna risposta seria».
 

Il Viminale nega che la legge porterà tanti immigrati sulle strade.

 
«Sta già accadendo. Leoluca Orlando ha portato l’esempio di Palermo, dove a breve ottanta ragazzi diventeranno maggiorenni e finiranno sulle strade, perché esclusi dai centri di accoglienza. Questo decreto genererà più insicurezza e irregolarità».
 

AI Pd non resta che sperare nella Consulta?

 
«Credo che i profili di incostituzionalità siano evidenti, tutti aspettiamo il pronunciamento della Corte, se ci sarà. Lavorerò perché il Pd faccia fino in fondo la propria parte per superare il decreto, con una battaglia politico culturale per sconfiggere chi organizza la politica della paura».
 

Più in concreto?

 
«Contro un decreto che smantella scientificamente l’accoglienza diffusa dello Sprar, strumento di vera integrazione nei diritti e nei doveri, siamo pronti a raccogliere le firme per un referendum abrogativo, se servisse. Bisogna organizzare una nuova consapevolezza. Mi rivolgo a tutte le forze sociali, politiche, culturali e progressiste che, come noi, vogliono reagire a quest’onda di politiche che alimentano paura, divisione, rancore».
 

Obiezione di coscienza e rispetto della legge non possono andare insieme. Come risolve il dilemma?

 
«Mi fido più delle preoccupazioni di un sindaco che delle provocazioni di un ministro che sta sui social 24 ore su 24. Il riscatto comincia dalle comunità locali».
 

Teme che Renzi voglia tornare in campo?

 
«Ci serve l’unità, non le divisioni, chiedo a tutti di dare un contributo propositivo, ciascuno come può e come vuole. L’importante è costruire l’alternativa a Lega e M5S, due facce dello stesso problema. Sabato 12 gennaio saremo in tante piazze contro una manovra iniqua, sbagliata e pericolosa. Per esibire due bandiere propagandistiche inutili fatte malissimo, come reddito di cittadinanza e Quota 100, si alzano di 7 miliardi le tasse alle famiglie e alle imprese».
 

Come pensa di contrastare Salvini alle Europee?

 
«Con liste aperte, forti, democratiche. Noi abbiamo in testa il rilancio, non la distruzione della Ue. Se toccherà a me, dopo le primarie faremo subito un governo ombra per l’alternativa che coinvolga energie nuove della società».
 

Qualche nome?

 
«No al totonomi. Di più: se farò il segretario proporrò il modello Milano in ogni città che andrà al voto alle Amministrative di maggio. So come si può fare. Con quello spirito e quella idea di Pd, il centrosinistra può tornare a vincere».

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