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Martina: “Referendum consultivo, giusto discutere ma non sul fisco”

In Veneto è stato superato ampiamente il quorum, in Lombardia si è andati oltre la soglia fissata dal governatore Roberto Maroni. Ministro Maurizio Martina, adesso il governo dovrà trattare con le due regioni
 
«Il dato del Veneto è sicuramente un messaggio chiaro: è un mandato degli elettori, di cui ho grande rispetto, ad aprire una trattativa. Ma per quanto riguarda la Lombardia parlerei, al contrario, di una sconfitta. Nello specifico, di una sconfitta di Maroni».
 
Nonostante abbia votato più del 34 per cento degli elettori?
 
«Il 22 agosto, in una intervista, diceva testualmente che “l’asticella del successo è fissata al 51 per cento”, poi l’ha abbassata. materia Resta il fatto che la maggioranza dei lombardi ha ignorato le sue sirene e non ha creduto alla propaganda leghista sul residuo fiscale».
 
Eppure ai seggi la maggior parte degli elettori lo ha detto: “Voto si perché così le nostre tasse restano qui”
 
«Le materie fiscali – e anche altre, come la sicurezza non sono e non possono essere materia di trattativa né con il Veneto, né con la Lombardia e neanche con l’Emilia-Romagna, che ha avviato un’interlocuzione con il governo senza passare da un referendum. Non lo dico io: lo dice la Costituzione, con gli articoli 116 e 117 che indicano chiaramente gli ambiti su cui ci può essere una diversa distribuzione delle competenze».
 
Zaia e Maroni, però, sono già pronti a venire a Roma per trattare. Cosa vi direte?
 
«Potranno avviare lo stesso percorso di confronto aperto dal presidente emiliano Bonaccini. Partirà una discussione e, in caso di accordo, questo andrà votato dal Parlamento con una legge. Credo sia giusto discutere con alcune regioni su chi deve gestire determinate materie: ma nell’ambito di una idea federalista equilibrata, cooperativa. E con un referendum consultivo da fare magari a valle del percorso, avendo già lavorato a un testo chiaro».
 
Crede che il Movimento Cinque stelle abbia avuto un peso nel risultato?
 
«Mi pare che, al di là della questione del voto elettronico, non abbiano fatto particolarmente campagna per il voto. Detto questo se in Lombardia, nonostante Lega, Forza Italia e 5 Stelle non si è raggiunto il 50 per cento dei votanti, qualcosa vorrà dire».
 
il Pd si è diviso: Giorgio Gori e Beppe Sala a favore, lei astenuto, Non crede che questo abbia confuso i vostri elettori?
 
«Il Pd ha lasciato libertà di voto in Lombardia, ma tutti quanti anche i sindaci abbiamo denunciato sin dall’inizio la propaganda leghista, sapendo che la vittoria del sì era scontata, ma cercando di far capire che le promesse di Maroni erano irrealizzabili».
 
Quanto incide questo voto sui prossimi appuntamenti elettorali?
 
«Il referendum è un passaggio a sé. Noi dobbiamo continuare a lavorare per offrire una alternativa forte alle derive populiste di destra e 5 Stelle».

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