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Amendola: “Il rischio c’è: ogni Paese avanti da solo, se l’Europa delude”

“Siamo in mezzo a un negoziato serrato, che si è fermato perché sulla proposta italiana e francese di un Recovery Fund, un Fondo per la rinascita, le soluzioni che ci venivano prospettate erano troppo timide e con unatempistica non immediata. Per noi il Fondo deve poter emettere bond. E poi alcuni Paesi ancora insistono sul Mes”.

Così racconta ilministro degli Affari europei, Enzo Amendola, in un momento decisivo per le sorti dell’Europa. L’Eurogruppo di martedì si è aggiornato a oggi, dopo ben 16 ore di lavori. Il blocco dei Paesi del Nord, capeggiato da Olanda e Germania, ha fermato il blocco del Sud, con in testa Italia, Francia, Spagna e Portogallo.

L’Italia ha minacciato il veto di fronte alla contrarietà del fronte del Nord a dire esplicitamente che il Fondo potrà emettere obbligazioni comuni europee.

 

Ministro, il momento è cruciale. Conte dice che se l’Europa non è all’altezza della sfida, potremmo dover fare ognun per sé. Possibile?

È un allarme, non un auspicio. Il timore è che senza una condivisione delle scelte, sotto l’urto della crisi, ogni Paese possa fare da solo.

 

Che è successo all’Eurogruppo?

Dopo il Consiglio europeo in cui l’Italia con Conte chiese scelte immediate, l’Eurogrupp o doveva presentare delle proposte per una politica comune fiscale europea. Alcune sono state accettate, perché sono frutto del lavoro della Commissione, della Bce e della Bei.

Vanno a sostegno della liquidità delle imprese e di chi rischia il posto di lavoro. Altre sono al centro di un serrato confronto. Vorrei sottolineare una cosa: a fine febbraio, quando ancora non era esplosa con violenza la pandemia, eravamo a Bruxelles con Conte a negoziare il Bilancio comune europeo.

Non raggiungemmo un accordo: i giornali scrissero che c’era un blocco di Paesi per un’Europa ambiziosa e un altro blocco digoverni”frugali”. Il mondo è stato completamente stravolto, ma gli atteggiamenti di alcuni paesi non cambiano.

 

Il Mes è ancora sul tavolo?

I “frugali”, Olanda in testa, hanno detto di considerarlo uno strumento da utilizzare con le condizioni previste dal suo Trattato istitutivo del 2012. Ma per noi quel trattato e quello strumento appartengono a un’epoca che non esiste più. E comunque,noinon lo utilizzeremo.

 

Conte ha detto “Mes no, eurobond sì”. Condivide?

Il premier ha confermato la linea del Consiglio: durante una crisi straordinaria servono nuove misure di una portata consistente. Proprio per questo parliamo di bond.

 

Un altro Mes è possibile?

Io sono un realista, non mi sono mai fatto illusioni. Molti in Euro- pa, anche nostri alleati in questa trattativa, come Francia e Portogallo, vorrebbero utilizzare i fondi del Mes per finalità comuni, senza condizionalità. Ma mi sembra anche netta l’opposizione di chi difende le regole del Trattato.

 

Gli eurobond, in qualsivoglia forma, trovano una ferma opposizione da parte della Germania.

In realtà, c’è un grande dibattito. In molta parte d’Europa intellettuali, economisti, partiti e mondo delle imprese sono schierati a favore. Il presidente della Banca centrale olandese e il suo predecessore, si sono detti d’accordo.

 

A voi del Pd sarebbe andato bene pure un Mes con condizionalità light mentre agli M5S no. Sbagliato?

Si raccontano divisioni tra Pd e M5S, su chi è più morbido e chi più duro. So benissimo che alcuni vogliono indicare in me e altri esponenti Pd i rappresentanti di una fantomatica Troika localizzata non si sa bene dove.

A leggere queste veline spesso rido. Perché la condivisione e la tensione che c’è in questo passaggio storico non hanno nulla a che fare con il passato. Senza coraggio nessuno potrebbe andare lontano.

 

Vi fidate della mediazione della Francia?

Questo negoziato è partito grazie alla spinta della lettera dei 9, con capofila Italia e Francia e con la proposta sul Fondo, che abbiamo condiviso. Il rapporto tra Francia e Germania ha una radice storica consolidata.

La nostra politica in Europa è forte quando, oltre quel rapporto, si costruiscono scelte comuni sia a livello bilaterale con Francia e Germania, sia per unire nelle decisioni i Paesi fondatori e tutti gli altri membri.

 

Ma lei resta ottimista sul buon esito del negoziato?

Ci sono ancora punti interrogativi. Ma non sottovalutiamo i passi avanti: fino a due settimane fa c’era solo il Mes. Ora anche altre strade. E l’ultima parola sarà al Consiglio.

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