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Amendola: “Ora la UE ha capito ma il MES non è adatto al Covid”

Ministro Vincenzo Amendola, l’accordo dell’Eurogruppo che sblocca risorse anti-recessione sembra non soddisfare alla fine nessuno. Anche il governo parla di un “primo tempo”, lasciando intuire che di più di così adesso non si poteva ottenere adesso. E proprio così?

«Al contrario – risponde il ministro per gli Affari europei – pochi giorni prima tutti recitavano il de profundis dell’Europa. E’ evidente che le proposte dell’Eurogruppo sono un primo passo e saranno negoziate da qui al prossimo Consiglio Europeo del 23 aprile. Ma stiamo ai fatti. Sono caduti veti e blocchi da parte di alcuni Paesi che in questi giorni avevano tenuto ferma la trattativa. L’Europa finalmente lavora a risposte per la soluzione della crisi».

La difesa ad oltranza della proposta dei coronabond sembrava poter essere condivisa anche dalla Germania, che si diceva pronta a smarcarsi dalla linea dei cosiddetti falchi. Cosa è successo in realtà?

«Sul tavolo dei leader un mese fa all’ultimo vertice del 26 marzo non c’erano proposte di politica fiscale comune. Con altri otto Paesi, tra cui Francia e Spagna, abbiamo cambiato l’agenda e avanzato nuove priorità per combattere la crisi economica e sostenere imprese e lavoro. Il mercato comune europeo regge se tutti e 27 gli Stati si muovono all’unisono, poiché anche i Paesi più ricchi sono integrati nella catena di valore europea e ad essa devono le loro fortune».

Ma sul Mes, il meccanismo salva-Stati, il governo ha cambiato idea? Le crepe apertesi nel Movimento 5 Stelle sembrano lasciar trasparire seri problemi di compattezza per l’esecutivo.

«Il governo sta procedendo compatto nell’affrontare l’emergenza, guidato dal presidente Conte. Non ci sono divisioni nella maggioranza. Fin dall’inizio abbiamo detto che il Mes è nato in una epoca storica diversa da quella che stiamo vivendo, e quindi non è adatto ad affrontare l’emergenza del coronavirus. Alcuni Paesi hanno sostenuto l’attivazione del Mes, in termini di una linea di credito peraltro totalmente nuova rispetto alle linee già esistenti: ma l’Italia, come ha chiaramente ribadito il presidente Conte, non ha firmato alcuna attivazione del Meccanismo. Si è costituita piuttosto una linea di credito per le spese sanitarie, ed è facoltà degli Stati accedervi o meno. Ma la vera novità sul tavolo è la nascita del Fondo per la Ripresa economica che deve avere una forza economica di impatto elevato».

Ecco, ma questo Fondo per Ripresa quando vedrà concretamente la luce?

«Sarà il tema del negoziato delle prossime settimane, da qui al Consiglio. Questa è una proposta costruita insieme da Francia e Italia. Mi fa piacere ricordare che l’ultimo vertice tra i due Paesi prima dell’esplosione del Covid-19 è avvenuto proprio a Napoli, a dimostrazione che la nostra città ispira coraggio e una visione verso il futuro. Il Fondo sarà la prova dell’Unione dei 27, finanziato da emissioni comuni sulla base dei trattati, e gestito per far risollevare l’economia europea».

Ma ha ancora senso dire, come aveva annunciato il premier Conte, che l’Italia può fare da sola senza Europa?

«Il presidente Conte ha espresso un timore, non un auspicio. Non ci sono libretti di istruzioni per affrontare questa crisi inaspettata. Nessuno può fare da solo, e nessuno esce da solo dalle difficoltà. Siamo contenti di quello che hanno fatto la Commissione europea, la Bce e il Parlamento europeo. Abbiamo lavorato per una reazione dei governi. Il nostro premier ha spinto per questo obiettivo, e adesso la strada è aperta».

Si può onestamente continuare a credere nell’Europa dopo queste incertezze?

«L’Europa è la nostra comunità di destino, e non è vera questa retorica delle istituzioni europee che hanno abbandonato l’Italia. Stiamo ai fatti: la Bce ha messo a disposizione 1100 miliardi per l’acquisto di titoli di stato e liquidità. La Bei ha mobilitato fino a 200 miliardi per la liquidità delle imprese. La Commissione ha creato il fondo Sure di 100 miliardi contro la disoccupazione, ha tolto i paletti sugli aiuti di Stato e ha liberato fondi europei anche per il nostro Mezzogiorno. Scelte inimmaginabili pochi mesi fa».

C’è stato un gran parlare di sostegni ai Paesi terzi, ma l’Ue cosa ha fatto in concreto?

«In questo momento è benvenuta la cooperazione di tutti gli Stati. Anche l’Unione europea ha fatto la sua parte attivando un meccanismo di Protezione civile con cui, tra l’altro, ha inviato personale medico in Italia. La Germania ha offerto posti letto in terapia intensiva. La produzione e la circolazione di materiale medico, adesso, hanno una via preferenziale tra i vari Paesi, sostenuta anche da donazioni e scambi. Inoltre, l’Europa ha stanziato milioni di euro per la ricerca di vaccini, cure mediche e test di diagnosi per combattere e prevenire la diffusione del Covid-19».

Le opposizioni, Fdi e Lega soprattutto, attaccano a testa bassa, parlano di Paese svenduto e di dimissioni. Già finito quel minimo di collaborazione nel nome dell’emergenza?

«Mi dispiace che le opposizioni non abbiano colto le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che aveva auspicato un clima di unità nazionale nell’affrontare la peggiore crisi dal secondo dopoguerra. Il governo ha dato vita ad una cabina di regia ed ha aperto alla collaborazione di tutti. Il sentimento di sacrificio degli italiani deve essere ripagato con meno polemiche e più concretezza».

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