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Gozi: su Libia e imprese Parigi non deve ripetere gli errori del passato

«La Francia non deve ripetere in Libia gli errori commessi nel passato. E Macron deve essere inclusivo e prevedere un rapporto speciale con l’Italia». Il sottosegretario alle Politiche Europee Sandro Gozi, guarda con fiducia ai dossier aperti con Parigi e spera in una collaborazione italo-francese nella costruzione di una nuova Europa.

 

Sottosegretario Gozi, domani Macron riceve all’Eliseo i leader libici; c’è il no allo sbarco dei migranti nei porti francesi, l’asse franco tedesco sembra molto rinvigorito. Qual è lo stato dei rapporti fra Italia e Francia?
«In questo momento dobbiamo evitare quello che io chiamo il “paradosso della prossimità” che caratterizza spesso i rapporti italo-francesi. Siamo talmente vicini che riteniamo di capirci sempre e di conoscerci sempre. E invece nei passaggi decisivi non ci capiamo. Italia e Francia, alleati naturali, spesso non riescono a fare insieme politiche incisive. Ma questa volta abbiamo un interlocutore molto valido come Macron. Eviterei di farlo passare in due settimane da salvatore dell’Europa a nemico della patria».

 

Il dossier più spinoso è quello libico…

«La Francia sulla questione libica deve evitare gli errori del passato recente. Deve evitare i drammatici errori di Sarkozy che in Libia e stato assolutamente disastroso. Noi chiediamo ampia condivisione ed equilibrio che devono essere assicurate insieme da Italia e Francia».

 

Intanto Macron invita all’Eliseo le parti libiche in conflitto…

«Noi, come ha scritto nel suo editoriale domenicale Eugenio Scalfari, dobbiamo assolutamente accelerare il nostro piano per la Libia. Dobbiamo fare ancora di più rispetto all’ottimo lavoro che sta facendo Minniti. Dobbiamo essere più rapidi nell’ottenere dei risultati. In primo luogo è fondamentale per la Libia. Ma è fondamentale per il nostro ruolo in Libia, dove l’Unione europea ci ha riconosciuto un ruolo di capifila nella gestione della crisi e sopratutto del problema dei migranti. Credo che il rinnovato impegno di Macron nella crisi libica voglia essere inclusivo e non esclusivo e preveda una relazione speciale con l’Italia. Questo è fondamentale».

 

Accanto a questo dossier politico c’è uno economico. L’impressione è che i francesi siano molto presenti nella nostra economia, ma che non vedono di buon occhio le nostre aziende nella loro di economia…

«Anche su questo dico che siamo vittime del “paradosso della prossimità”. Ci sono stati tanti investimenti importanti in Italia e noi li abbiamo guardati con favore. Non ci si può lamentare che in Italia arrivino pochi investimenti stranieri e lamentarsi quando arrivano. È chiaro però che ci sono delle situazioni di imprese italiane in Francia che creano sorprese e incomprensioni».

 

Un esempio?

«Per noi è difficile capire e giustificare l’atteggiamento francese nei confronti della presenza di Fincantieri nei cantieri navali di Saint Naizaire. Prima c’erano i coreani con il 66 per cento e non si capisce bene perché adesso non vadano bene gli italiani, gli europei, con il 51 per cento. Questo è un punto su cui il governo e Gentiloni stanno lavorando. Noi dobbiamo fare capire ai francesi che la presenza di Fincantieri non è solo un’operazione economicamente giusta, ma che è strategica rispetto alla costruzione dell’industria europea della difesa. Con gli inglesi fuori dall’Europa lo possiamo fare solo noi e i francesi».

 

Scalfari nel suo fondo vede in Macron un bonapartismo che potrebbe danneggiare l’Europa…

«Dell’editoriale io prendo la parte costruttiva: era importante che in Europa ci fosse un riequilibrio della predominanza economica tedesca. Noi lavoriamo affinché alle parole positive di Macron sull’Italia seguano i fatti positivi. Ha sempre detto che vede il rilancio dell’Europa basato sul rapporto fra Francia, Germania e Italia. Speriamo allora che non si punti sui tratti bonapartisti. Certo il sistema francese gli assicura una maggioranza assoluta e 5 anni di stabilità. Dobbiamo fare tutto il possibile per avere anche noi l’anno prossimo un governo stabile di legislatura».

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