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Calenda: “Voto Ue, restiamo in serie A o saremo i lacché di Orban”

Carlo Calenda, il professor Luca Ricolfi ha messo in dubbio su questo giornale l’efficacia del suo manifesto per le Europee. Citando l’esempio delle elezioni del ’48 quando il Fronte democratico uscì a pezzi dallo scontro con la Dc.
«Le cose che dice Ricolfi sono come al solito intelligenti. Ma inverte i termini del problema. Nel ’48 persero quelli che volevano portare l’Italia fuori dall’Occidente. Questa volta noi siamo da quella parte là, vogliamo far rimanere l’Italia nella serie A dell’Europa, per non diventare i lacchè di Orban e della Polonia. Nel ’48 vinse l’Italia che voleva rimanere una democrazia liberale, e questa volta sarà altrettanto. Dunque c’è una coerenza storica».

 

La difesa di questa Europa è complicata.
«L’Europa è da rifare, ma non bisogna buttare a mare tutto. Noi in Europa esportiamo 250 miliardi di euro di beni, oggi c’è una fittissima relazione tra studenti e professionisti. In Europa c’è il 50% di welfare del mondo a fronte del 6,5% di popolazione».

 

In epoca di populismo imperante non servono messaggi chiari e di rottura? «Ma non semplicistici davanti a problemi complessi, perché altrimenti si dà per scontato che gli italiani siano scemi e si finisce per fare disastri come il reddito di cittadinanza. Ma le sembra normale che un operaio o un infermiere debbano contribuire a pagare 1330 euro, cioè più di quanto guadagnano spezzandosi la schiena, a una persona che non lavora?. Ma non c’è il rischio di creare una “gioiosa macchina da guerra”?
«Per niente. Per il momento ci sono cittadini che si stanno mobilitando. Forse è gioiosa, ma non è certo una macchina da guerra». Non è debole lo spauracchio che l’Italia esca dall’Europa? «Premesso che sia Lega sia M5S hanno detto, fino all’altro giorno, di voler uscire dall’euro. Il rischio è un altro».

 

E cioè?
«Che a un certo punto sia l’Europa a dirci: “Signori, avete un aperto un conflitto su tutto e contro tutti, avete un debito pubblico enorme e siete la frontiera più esposta alle migrazioni, è meglio se rimanete fuori”. Le cose peggiori sono successe nella storia perché a un certo punto la borghesia illuminata e i ceti produttivi hanno detto “ma no, non succede niente”. Sono convinto che se questo governo continua così la nostra permanenza in Europa è a rischio».

 

Grasso e Leu le hanno già detto di no. Ci sarà un cortocircuito tra il suo manifesto e la strategia del futuro segretario pd?
«Per ora no. Per una volta tutto il Pd è dentro. Il discorso di Grasso è incredibile: usa le stesse argomentazioni di Tajani con la questione delle èlite».

 

E lei cosa risponde?
«Che essere classe dirigente è differente dall’essere élite. La prima si occupa del bene pubblico, le seconde si autopreservano».

 

La nomina di Lino Banfi all’Un esco l’ha colpita?
«Non tanto la nomina ma le dichiarazioni. La laurea è il principale mezzo che hanno le persone per emergere. Dire basta con i plurilaureati è un messaggio inaccettabile». Lei parla di Pd senza aver votato al congresso dei circoli e senza voler votare alle primarie. Curioso, non trova? «Andrò ai gazebo. E ho proposto di portare il Manifesto alle primarie per mobilitare i cittadini su qualcosa che non sia solo interno al Pd».

 

Non c’è l’ipotesi che Calenda mandi in tilt il Pd? Si potrebbero creare due uomini al volante.
«Non credo. Non ho nessuna velleità di contendere la leadership del Pd. Voglio solo aiutare a costruire un Fronte più ampio per rinnovare l’Europa».

 

Per le Europee Zingaretti ha lanciato l’idea di una lista unitaria che non abbia per forza il simbolo del Pd. E anche la sua condizione?
«Figuriamoci ne ho parlato la prima volta al Messaggero 6 mesi fa. Ma non sono convinto che sia necessario nascondere i loghi. La nostra credibilità dipenderà dalla qualità delle liste e dalla capacità di mobilitare. Per rinnovare non bisogna nascondere. L’importante è che la lista rappresenti mondi differenti e non solo il Pd».

 

In quale circoscrizione vorrebbe candidarsi?
«Dove sarò utile».

 

Il Pd devrà votare per l’autorizzazione a procedere per Salvini?
«Il Pd non deve dare un’indicazione politica: occorre leggere le carte e stabilire se ci sono gli estremi o meno».

 

Il governo rischia su questo voto?
«Il M5S non farà mai cadere il governo, altrimenti Di Maio dovrebbe ritornare a fare il lavoro che faceva prima».

 

Quando vedrà Enrico Letta?

«I primi di febbraio».

 

Calenda, si sente il nuovo federatore del centrosinistra?

«Per ora al massimo sono un mobilitatore».

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