«Il nostro governo dice prima l’Italia? E allora io faccio un appello: Piovani è made in Italy? Volare è made in Italy? Manzoni è made in Italy?». Enrico Gasbarra (Pd) è tra gli europarlamentari che più si è battuto per far approvare la direttiva sul copyright, votando anche in dissenso rispetto al suo gruppo.
Perché l’appello al governo sul made in Italy?
«Perché dopo l’approvazione della direttiva, i governi nazionali hanno due anni di tempo per recepirla. Se non lo facciamo, o lo facciamo in modo distorto, finiremo per avere uno svantaggio rispetto agli altri Paesi, come la Francia, che invece procederanno senza indugio».
Il governo italiano dice che la direttiva mette a rischio la libertà d’espressione e penalizza i piccoli editori. Cosa risponde?
«Che non c’è distinzione tra piccoli e grandi. Per la gente comune non cambia nulla ma d’ora in avanti quando una piattaforma web prenderà un libro, un brano musicale, un articolo di giornale, dovrà pagarne i diritti d’autore. Non solo, perché diventerà anche responsabile dei contenuti, mettendo un argine alle fake news. Queste cose vanno spiegate per rispondere al bombardamento che abbiamo subito in questi ultimi giorni».
Bombardamento? In che senso?
«Tutti i parlamentari europei hanno avuto i telefoni perennemente occupati da persone che chiamavano e leggevano a pappagallo lo stesso appello contro la direttiva. È andata avanti per giorni, era già successo l’estate scorsa. Io all’inizio ho anche provato a rispondere, a spiegare. Ma poi ho capito che non serviva a nulla. Non volevano discutere realmente, ma solo mettere pressione».
E chi ci sarebbe dietro queste persone?
«Non ne ho idea ma certo ci siamo messi contro i giganti del web. È stato come Davide contro Golia».
