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Prodi: “Sventoliamo dalle finestre la bandiera dell’Europa”

Dove è più probabile, in Europa, veder sventolare con orgoglio la bandiera dell’Unione europea sopra case e edifici privati? La risposta è ovvia, seppur strana: nel Regno Unito, da parte dei cittadini che ne temono l’uscita dall’Unione. È davvero necessario iniziare a perdere qualcosa che si ama e di cui abbiamo enfaticamente bisogno – prima di iniziare davvero ad apprezzarla? Invitiamo i cittadini europei a esporre con orgoglio la bandiera dell’Unione, a partire da oggi, come simbolo della nostra identità comune. Di fronte alle sfide poste da nazionalisti e populisti in vista delle elezioni del Parlamento europeo del 26 maggio, non è mai stato così importante sostenere i valori fondamentali dell’Europa.
 
Far sventolare le bandiere dell’Unione dalle nostre finestre e dai nostri uffici può inviare un segnale insopprimibile che l’Unione non sarà svuotata del suo contenuto dai suoi nemici all’interno e all’esterno.
 
In un’epoca di crescente incertezza, frustrazione e offuscamento del nostro destino comune, troppi europei sembrano aver dimenticato la lunga storia di turbolenze e di guerra che ha preceduto la creazione dell’Unione europea e il periodo di pace e prosperità senza precedenti che abbiamo vissuto dagli anni Cinquanta.
 
Per settant’anni, le istituzioni comuni dell’Europa hanno sostenuto il mercato interno, l’euro e la vigorosa espansione dei diritti individuali sotto la protezione della Corte di giustizia europea.
 
Il modello di welfare europeo è un faro di civiltà e un esempio per il mondo intero.
 
L’inserimento della Carta dei diritti fondamentali nel Trattato di Lisbona ha coronato la costruzione di uno spazio integrato di 500 milioni di persone basato sulla democrazia, lo Stato di diritto e la più alta affermazione della dignità umana. Quando viaggiamo con il nostro passaporto comune dell’Unione, siamo riconosciuti e rispettati in tutto il mondo come cittadini di un attore chiave dell’ordine mondiale.
 
Questi risultati sono minacciati non solo dagli oppositori interni dell’Unione, ma anche dal disprezzo che l’amministrazione del presidente americano Donald Trump ha dimostrato nei confronti dell’Europa, e in generale verso tutte le istituzioni multilaterali. Le istituzioni che da tempo sostengono la pace, la sicurezza e la crescita del commercio mondiale sono, per Trump, nemici da combattere, cosa particolarmente pericolosa, visto il clima di tensione tra Stati Uniti e Cina. Quelle tensioni oggi stanno sconvolgendo il commercio mondiale; domani potrebbero minacciare la pace.
 
Vi sono pochi dubbi che l’Europa non potrà preservare ciò che abbiamo realizzato negli ultimi sette decenni se ogni Stato dell’Unione agisce per conto proprio. Dopo tutto, anche il più grande tra i suoi membri, la Germania, è minuscolo in confronto agli Stati Uniti o alla Cina. Da solo, nessuno di noi può gestire le enormi sfide poste dalla tecnologia, il protezionismo, il cambiamento climatico, il terrorismo internazionale.
 
Invece di riconoscere che la forza dell’Europa è la sua unità, le forze nazionalistiche e xenofobe cercano consenso in tutto il continente promettendo di chiudere le frontiere, smantellare la libera circolazione e riaffermare il controllo nazionale su tutte le politiche pubbliche. Il drammatico aumento dei flussi migratori, dovuto in gran parte alla guerra civile siriana e al collasso dello Stato libico, ha creato terreno fertile per la diffusione dei messaggi di odio da parte delle forze xenofobe. Sfruttando le paure e la perdita di status dei nostri lavoratori meno qualificati e di coloro che hanno perso il lavoro, quelle forze fanno ricadere la colpa di tutti i mali dell’Europa sugli immigrati.
 
In realtà, se teniamo conto degli andamenti demografici, l’Europa ha bisogno di aumentare l’afflusso di immigrati qualificati per preservare il dinamismo delle nostre economie e la sostenibilità dei nostri sistemi sanitari e pensionistici.
 
Certo, le istituzioni e le politiche europee hanno bisogno di profondi cambiamenti per riconnettersi con i cittadini sfiduciati. Dobbiamo mostrare una rinnovata capacità di promuovere la crescita e gli investimenti, di rispondere alle sfide poste dalle tecnologie in rapida evoluzione e dai cambiamenti climatici, di rivitalizzare il nostro modello sociale in sofferenza. Dobbiamo dimostrare che le istituzioni comuni sanno ascoltare le richieste dei nostri popoli spaventati, che possiamo agire insieme per proteggere le nostre frontiere e contribuire a stabilizzare il nostro instabile vicinato orientale e meridionale.
 
Ma vi è anche un bisogno urgente di mobilitare l’opinione pubblica europea intorno al simbolo della nostra unità e dei nostri progetti futuri: quel simbolo è la bandiera europea.
 
Per questo motivo, lo scorso gennaio uno di noi ha lanciato l’idea che, a partire da oggi, la bandiera sia esposta su case, fabbriche e uffici. Il 21 marzo è il primo giorno di primavera e vorremmo credere che le prossime elezioni europee portino una nuova primavera per il progetto europeo. Il 21 marzo è anche l’anniversario della morte di Benedetto, patrono d’Europa. In uno dei periodi più bui della fine dell’Impero Romano, Benedetto lanciò un appello alla tolleranza e alla pietà per ricostruire un senso di comunità di fronte al nichilismo e alla barbarie.
 
A partire da oggi, mostriamo la nostra bandiera al mondo, come simbolo della nostra unità e dei nostri sogni, e come segno di un nuovo inizio dei nostri sforzi per preservare e approfondire l’unità europea.
 
Anche per evitare di doverci domani pentire di ciò che potremmo perdere quando sarà troppo tardi.

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