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Ore 10 e 25 minuti: dolore, ricordo, verità. A quarant’anni dalla strage alla stazione di Bologna

“Sono passati 40 anni da quel 2 agosto. Siamo ancora alla ricerca di una verità che cominciamo finalmente a intravedere. 40 anni non sono bastati a fare piena verità sulla strage di Bologna, e c’è il rischio che questa verità non sia chiarita fino in fondo. Che gli italiani non sappiano mai chi e perché ha attentato alla democrazia del nostro martoriato Paese”. Roberto Scardova introduce il dibattito su una delle pagine più buie della nostra storia, la strage della stazione di Bologna, e chiede al sindaco Virginio Merola perché troppe domande restano ancora aperte.

 

“Non c’è verità e giustizia perché troppo tardi questo Paese è riuscito a comprendere che servono delle basi comuni, dei valori in cui riconoscersi, che è necessario convergere su valori condivisi”, dice Merola. Anni che però, per il sindaco di Bologna, non sono passati invano, “ci hanno insegnato qualcosa di molto importante: che si può fare memoria e ricordare le vittime ma allo stesso tempo si può trasformare la memoria in un impegno civico. Questo è successo: abbiamo impedito nei fatti che quei morti innocenti morissero due volte. Ci siamo riusciti trovando gli esecutori e non smettendo mai di cercare i mandanti”. E con orgoglio ricorda che nella sua città, quella città straziata, “sappiamo che la strage è stata fascista, che i mandanti hanno agito per compromettere la democrazia del nostro Paese e fermare le lotte del movimento operaio”.

 

Si può fare memoria e ricordare le vittime ma allo stesso tempo si può trasformare la memoria in un impegno civico. Abbiamo impedito nei fatti che quei morti innocenti morissero due volte

 

E, ammonisce Merola, “c’è solo un modo per combattere il fascismo, in tutte le sue forme : stare sul pezzo, combattere quotidianamente contro i rigurgiti cui assistiamo ogni giorno, soprattutto in un momento come questo”.
E, proprio per questo, oggi, quando a distanza di quarant’anni “forse sappiamo che il mandante è stato Gelli, ma ancora c’è chi crede alla pista palestinese, e il Paese continua a essere diviso”, su questo stesso palco, Merola rilancia, “da Bologna voglio dire che noi chiediamo con caparbietà la liberazione di Patrick Zaky e la piena verità su Regeni. Perché quello che ci hanno insegnato questi 40 anni è essere caparbi, è esserci”, con la capacità di reagire che questa comunità ha dimostrato e continua a dimostrare, “in un Paese in cui ancora ci sono dei concittadini che pensano che a metter la bomba a Bologna siano stati solo dei pazzi, che Mussolini ha fatto anche cose buone, che bisogna aver prima i modenesi e prima i bolognesi e poi pazienza per chi viene da fuori. È una battaglia, quindi ricordando il 2 agosto ricordiamo una capacità di combattimento che mantiene aperta la strada e la prospettiva”.

 

C’è bisogno della solidarietà di tutti i cittadini: il nuovo processo non sarà una passeggiata

 

Paolo Bolognesi racconta la nascita dell’associazione parenti delle vittime della strage di Bologna, e di come da subito abbia cercato di allargare l’orizzonte, oltre le carte processuali, coinvolgendo il mondo della cultura, gli artisti, gli educatori, affinché non si ripetesse la sorte degli altri procedimenti per gli episodi stragistici, perché non ci si fermasse all’ambito giudiziario ma ci fosse una comunità che mantenesse viva l’attenzione su questo tragico avvenimento.
Il lavoro sulle carte, poi, è stato svolto incrociando altri procedimenti, che potessero far luce su un quadro molto più complesso, in grado di produrre una ricostruzione che toccasse diversi episodi, dall’omicidio Mattarella ad altri delitti “minori” riconducibili a un’unica strategia. Ci sono voluti due anni perché questa indagine fosse avocata dalla Procura che ha avviato finalmente un’indagine giudiziaria. Ed è solo l’inizio di un lunghissimo racconto, di un instancabile lavoro.

“Noi abbiamo bisogno della solidarietà di tutti i cittadini, il nuovo processo sarà difficilissimo. Se vogliamo diventare uno Stato moderno, noi dobbiamo fare i conti col passato. Queso processo non sarà una passeggiata”, conclude Bolognesi.

 

Una verità completa, incontrovertibile: quella cui abbiamo diritto

 

Una testimonianza e un lavoro di cruciale importanza e di straordinaria accuratezza, che sottolinea, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto centrale sia stato, e sia ancora oggi, il ruolo dell’associazione in questa lunga vicenda giudiziaria, e nella ricerca della verità. Quella verità che aspettiamo tutti, completa, incontrovertibile, senza finalmente più nessuna ombra. È davvero non più dilazionabile.

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