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Franceschini: sì al confronto ma tenendo unito il partito

Non si può rispondere con un semplice “no” quando il Pd incontrerà l'”esploratore” Fico: “Mi ha sconcertato leggere una raffica di dichiarazioni di totale chiusura di esponenti del mio partito mezz’ora dopo il conferimento dell’incarico”. “Abbiamo invece l’obbligo” di verificare nei contenuti la possibilità di un’intesa. E bisogna farlo tenendo il partito “unito”, a cominciare dal suo leader “più influente”, Matteo Renzi.

Dario Franceschini la sua porta l’ha già aperta. E’ convinto che da ieri si sia chiuse una fase di questa lunga crisi e se ne sia aperta un’altra che impone ai dem di confrontarsi “senza pregiudiziali”.

 

Il presidente della Camera Fico può riuscire dove ha fallito la Casellati?

“Questo mandato segna effettivamente la chiusura della prima fase di consultazioni. Quella in cui la Direzione del Pd ha correttamente sfidato Lega e M5S. Loro si sono dichiarati i vincitori, ma la realtà è che in Parlamento ci sono tre minoranze. Se fossero riusciti a fare un governo, sarebbe stato giusto stare all’opposizione”.

 

Perché dichiara chiusa quella fase?

“Perché il centrodestra e i grillini per fortuna non hanno dato vita a un esecutivo”.

 

Per fortuna”? Eppure dopo il 4 marzo nel suo partito è prevalso il motto “tocca a loro”.

“Il Paese si è salvato da un governo populista e sovranista. Avrebbe allontanato l’Italia dall’asse con Francia e Germania per spostarci verso quello con l’Ungheria di Orban. L’incarico a Fico, allora, pone una domanda nuova al Partito Democratico”.

 

Quale?

“L’obiettivo di questo incarico è quello di esplorare le possibilità di un’intesa tra noi e il Movimento 5 Stelle. In questo mi richiamo proprio al documento approvato all’ultima direzione che ci collocava all’opposizione di un esecutivo Centrodestra-M5S. Ma nello stesso tempo garantiva leggo testualmente “al Presidente della Repubblica il proprio apporto nell’interesse generale”. È allora possibile nel Pd discutere di una prospettiva politica senza veleni, senza sospetti, senza accuse di coltivare ambizioni personali?».

 

Con chi ce l’ha?

«La discussione in questi giorni è stata caratterizzata da accuse e sospetti reciproci».

 

Va bene. Lei si riferisce ai sospetti dei renziani?

«Quando mi sono espresso a favore di una prospettiva di dialogo, sono stato additato come quello che cercava un ruolo. Penso che questa logica debba essere abbandonata».

 

Crede insomma che si debba aprire un confronto con il partito di Di Maio.

«Sì. Io dico che bisogna tentare questa strada senza pregiudiziali. Mettiamo in campo le proposte del Pd come ha iniziato a fare Martina. Vediamo se c’è uno spazio di confronto basato sui programmi. Certo, se ci rivolgiamo solo alle spalle, è chiaro che la collaborazione è impensabile. Ma dobbiamo guardare avanti».

 

Ma come fa il Pd a collaborare con chi in passato si è schierato contro l’Ue e contro la Nato?

«E infatti il confronto deve cominciare proprio dalle politiche internazionali».

 

Cioè i grillini devono offrire garanzie su europeismo e Patto Atlantico?

«Certo, poi si può passare agli altri contenuti. Ad esempio: tra il nostro reddito di inclusione e il loro reddito di cittadinanza, c’è uno spazio di mediazione? In un sistema politico tripolare, con tre minoranze e una legge proporzionale, anche in futuro difficilmente uno dei tre poli avrà la maggioranza per governare da solo. E noi dobbiamo farci carico anche della tenuta del sistema politico nel suo complesso.

 

A meno che non cambi la legge elettorale.

«In quel caso il discorso cambierebbe. Ma un governo serve comunque. E io credo che non ci sia e non ci sarà mai spazio per una alleanza con la Lega e noi dentro. Allora si devono andare a vedere le carte con il Movimento 5 Stelle».

 

Ma il suo partito come può stringere un patto con chi non distingue tra voi e Salvini? E accettare la logica dei due forni?

«Intanto Di Maio proprio oggi sembra aver chiuso il forno leghista. Ma proprio la debolezza di quelle dichiarazioni di indifferenza tra noi e la Lega dimostra che uno spazio per lavorare su una evoluzione dei 5 Stelle esiste. Noi non possiamo non occuparci anche dello sviluppo del sistema politico. Dobbiamo essere interessati al fatto che una forza politica che rappresenta un terzo degli elettori non si faccia trascinare dal fronte populista ma sia attratto da quello riformista».

 

Secondo lei il M55 è una forza riformista? Il loro statuto non sembra fornire assicurazioni da quel punto di vista.

«È uno dei tanti limiti che abbiamo più volte denunciato in questi anni. ripeto: lavorare insieme può aiutare una evoluzione».

 

Il punto, però, rimane lo stesso: lei ritiene che tutto il Pd possa accettare questo invito?

«Siamo chiamati ad una prova di responsabilità. E’ una possibilità da esplorare anche se non convenisse elettoralmente. Quando ci si trova a dover scegliere tra interesse del Paese e interesse del partito, bisogna dirigersi senza esitazione verso il Paese. Ci si deve provare, con il Pd tutto unito».

 

Tutto dipende da Renzi.

«Matteo è il leader più influente. Può imboccare questa strada da protagonista».

 

Sarebbe possibile farlo senza di lui?

«Certo che no. A tutti però io dico: fermiamoci e parliamo. Ci si ascolti reciprocamente. Il bivio non è più teorico, ora è urgente e pratico. Verifichiamo dove svoltare sui contenuti e senza pregiudiziali».

 

Sarebbe anche accettabile Di Maio premier?

«Andiamo per gradi. Vediamo i programmi e anche come si può realizzare un’intesa. Esistono i governi politici, l’appoggio esterno, varie formule. Certo se esisterà un interesse a formare un governo, allora più sarà stabile e meglio sarà».

 

E se Renzi dicesse no?

«Sarò rispettoso delle decisioni della maggioranza. Ma serve un confronto aperto e civile. Se ne discuta in direzione e nei gruppi parlamentari».

 

Ci sarebbe un’altra chance se fallisse il dialogo con i pentastellati? O si dovrebbe tornare al voto?

«Non mi sembra che il clima dei rapporti tra le forze politiche consenta di far nascere un governo di tutti. E fatico a vedere una maggioranza in cui stanno insieme noi, Di Maio, Salvini e Berlusconi. Questa è l’ultima speranza che c’è». 44 Abbiamo l’obbligo di verificare nei contenuti la possibilità di un’intesa senza pregiudiziali ma tenendo unito il partito Di Maio premier? Andiamo per gradi Vediamo i programmi Renzi può gestire questa fase da protagonista

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