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Martina: ripartire dal Mediterraneo per costruire una nuova sinistra europea

«Dobbiamo rilanciare la sinistra europea. Partendo dalla frontiera più avanzata, quella del Mediterraneo. Per dare una risposta ai nazionalisti, ai Salvini, gli Orban e ai sovranisti dell’Est Europa».

Il segretario del Pd Maurizio Martina è appena atterrato in Italia, reduce dalla missione a Madrid. È stato ricevuto dal premier socialista Pedro Sànchez. Hanno discusso dell’unità dei socialisti europei, che il leader dem immagina come un’internazionale antisovranista.

«In vista delle Europee del 2019 abbiamo deciso di iniziare un percorso che coinvolga i socialisti spagnoli, l’esperienza greca di Tsipras, il Pd, il premier Costa in Portogallo. E ancora, i socialdemocratici svedesi e tedeschi. E poi, se non prima delle elezioni, certamente dopo i riformisti ed europeisti francesi. Per essere avanguardia di un cambiamento che parta dal Mediterraneo».

 

Il Mediterraneo, teatro della battaglia più feroce dei sovranisti sulla pelle dei migranti. E voi sembrate afoni, incapaci di organizzare una risposta, non è così?

«Oggi questo mare è la frontiera europea. Frontiera di valori su migranti, cittadinanza, sicurezza, sovranità, politiche economiche. È qui che si gioca la sfida a Salvini e ai suoi amici».

 

Il problema è che la destra colpisce nel segno con slogan come “porti chiusi”. Qual è lo slogan della sinistra europea?

«La sfida è complicata, però necessaria. Dobbiamo guardare in faccia la destra nazionalista e dire: più umanità, più Europa. Immaginare una cittadinanza europea. Una politica seria per l’Africa. Lanciare un’agenda sociale Ue per la lotta alle diseguaglianze. Quando gli operai che incontro mi dicono che non hanno paura dei migranti che fuggono dalle guerre, ma delle imprese che chiudono per la delocalizzazione, ci indicano un nodo cruciale. Nessuno deve rimanere solo, troviamo insieme in Europa le risposte. E poi ha visto cosa è accaduto alla nave di Pozzallo?».

 

Cosa intende?

«Sono stati i governi progressisti ed europeisti a trovare una soluzione, non quelli di destra che piacciono a Salvini. Ecco, rendiamo evidente tutto questo. La sinistra non deve essere timida verso i nazionalismi».

 

La sinistra, dice lei. E pensa al Pse. Quindi niente patto con Macron, come vuole Renzi?

«Tutti i partiti socialisti sono consapevoli che servirà un rapporto permanente nel prossimo Europarlamento anche con le altre forze riformiste. Come costruirlo è il lavoro che abbiamo davanti, ma non si può prescindere dal Pse».

 

Per essere ancora più chiari: immagina un patto solo dopo le Europee con Macron? O è possibile anche prima?

«Non sono in grado di dire oggi se ci sono le condizioni per un patto pre-elettorale, ma credo sia necessario dialogare prima e lavorare insieme dopo il voto. Non c’è volontà di autosufficienza».

 

Ma così il Pse non rischia di arrivare quarto e certificare la sua crisi irreversibile?

«L’esperienza di Sànchez o Costa non mi sembra portino alla certificazione di questa crisi. Ma comunque penso sia giusto aprire il confronto con le altre forze riformiste. Ci saranno altri appuntamenti. Vedremo come si concretizzerà, ma europeisti e socialisti devono comunque marciare insieme se non prima, certamente dopo le Europee».

 

E intanto c’è il congresso Pd. Slitta a dopo le Europee?

«Ma no, siamo chiamati a rispettare le decisioni assembleari, non c’è nessuna novità. Ora lavoriamo per mettere il partito nelle condizioni di rafforzarsi sul fronte delle idee, poi ci occuperemo delle persone. Ci saranno primarie per il nuovo segretario, prima delle Europee».

 

Si sente delegittimato dalle critiche di parte della sinistra dem, dei renziani, di Calenda che parla di harakiri?

«Leggo le critiche. Troppe arrivano da chi parla stando fuori. Mi concentro sul lavoro per rilanciare il Pd. Riuniremo la segreteria a Tor Bella Monaca. Lavoreremo assieme, tutti. Con meno discussioni, che ci distanziano dai cittadini».

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