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Ocse – Economic Survey of Italy 2015

In Italia “è in corso un ambizioso programma di riforme di ampio respiro per stimolare la crescita”. Lo scrive l’Ocse nell’Economic survey sull’Italia, presentato a Roma, osservando che “in passato, molti progetti validi di riforma non sono stati pienamente attuati, impedendo all’economia di beneficiare interamente dei loro effetti”. Per il presidente Angel Gurrìa, invece, le riforme del governo Renzi “sono senza precedenti, ma serve coraggio” per portarle a termine. Grande enfasi è stata posta da Gurrìa sul Jobs Act, che con le altre riforme strutturali potrà dare all’Italia 340mila posti di lavoroin cinque anni. Parole che il ministro Pier Carlo Padoan incassa volentieri: “ça direzione è giusta e i risultati si vedranno e saranno positivi in termini di crescita, occupazione, stabilizzazione della finanza pubblica e abbattimento del debito”.

Ecco le principali raccomandazioni dell’Ocse al Belpaese: compiere le riforme; garantire una formulazione chiara della legislazione, supportata da una Pa più efficace, e ridurre il ricorso ai decreti legge; snellire il sistema giudiziario e incentivare la mediazione; valutare la creazione di una commissione per la produttività; ridurre la corruzione: “l’Anac ha bisogno di stabilità, continuità, nonchè di supporto a tutti i livelli politici”, si legge.

Tra le varie riforme, l’Ocse raccomanda di “dare la massima priorità alle riforme del mercato del lavoro per rafforzare la produttività e aumentare i posti”, attuando “pienamente il contratto unico a tutela crescente”, modificando la composizione della spesa nelle politiche attive, limitando i programmi di formazione a chi ne ha bisogno, assistendo chi cerca lavoro, incoraggiando la partecipazione delle donne con orari più flessibili e maggiori servizi a infanzia e anziani. Va attuato pienamente il sistema unico d’indennità di disoccupazione; incoraggiate le parti sociali a raggiungere accordi salariali a livello aziendale con i rappresentanti di una maggioranza dei loro dipendenti. Per l’Organizzazione parigina, il tasso di disoccupazione in Italia scenderà dal 12,3% quest’anno all’11,8% nel 2016 (12,4% nel 2014).

Quanto alle previsioni puramente economiche, l’Ocse prevede che l’indebitamento netto della Pa scenderà al 2,7% del Pil nel 2015 dal 3% dello scorso anno e poi, nel 2016, all’1,8%. Il saldo primario strutturale resterà inchiodato al 4,4% del pil quest’anno e salirà al 4,9% solo nel 2016 Il debito lordo seguirà questa dinamica ascendente: dal 130,6% del Pil del 2014 al 132,8%, al 133,5% (così come d’altro canto il debito netto dal 120,4% al 122,7% al 123,1%). Più cauta rispetto alla Ue la stima sulla crescita economica, vista allo 0,4% quest’anno e poi in rafforzamento all’1,3% il prossimo. Sul punto, il presidente Gurria ha però spiegato in conferenza stampa che il Pil può crescere dello 0,6% con le riforme e per questo il dato del rapporto, tenendo conto delle nuove circostanze, è da considerarsi subito superato.

I consumi privati sono attesi in aumento dello 0,7% quest’anno e dello 0,8% il prossimo, mentre quelli pubblici ancora in calo. Gli investimenti fissi lordi fermi quest’anno (+0,1%) e in ripresa del 2,2% nel 2016. L’inflazione – si legge nello studio economico dell’ocse sull’italia – è attesa allo 0,2% medio sia quest’anno che il prossimo.

Tra le sfide finanziarie, l’Ocse dice di “adottare con urgenza provvedimenti per ridurre il livello di crediti non esigibili nel settore bancario, anche migliorando il regime di insolvenza applicato ai debitori in sofferenza”. Questo insieme alla necessità di “promuovere un uso maggiore degli appalti centralizzati, dei sistemi di informazione sui costi e del benchmarking”. L’Italia deve “proseguire gli sforzi per ridurre l’evasione fiscale mediante un’applicazione più efficace della legge e rafforzare il rispetto degli obblighi fiscali mediante procedure di riscossione semplificate. Ampliare la base imponibile, in particolare riducendo il numero di agevolazioni fiscali, e semplificare il sistema fiscale”. In assenza di rapidi progressi sul fronte dei crediti deteriorati, “l’istituzione di una bad bank pubblica potrebbe essere presa in considerazione in Italia”.

Rapporto completo

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