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Rosato sulle elezioni: «Costruiremo una coalizione alternativa alla destra e ai populisti»

Ettore Rosato, capogruppo Pd alla Camera, renziano di ferro, autore dell’ultima proposta di legge elettorale che porta il suo nome. E che, al termine della direzione Dem di ieri pomeriggio, si prepara ad affrontare l’aula del Parlamento con il vietino di un via libera unanime del partito.

Com’era il clima in direzione?
«Positivo. C’è in tutti la consapevolezza di essere in partenza per un momento decisivo per il partito quanto per il Paese. Ormai è questione di settimane prima di arrivare alle elezioni politiche. C’è stato un voto unanime sulla relazione del segretario Matteo Renzi che non riguardava soltanto la legge elettorale ma anche un forte richiamo all’unità. Quest’ultimo è un dato significativo».

Significa, intanto, che il Rosatellum avrà i voti per passare a Montecitorio. Al Senato però le cose non saranno più complicate?
«Credo che ci siano le condizioni perché il testo passi anche al Senato. C’è la compattezza di tutti i gruppi che la sostengono (oltre al Pd, Forza Italia, Lega, Area Popolare di Alfano, Centro Democratico, Scelta Civica, Svp, Ala, più atomi centristi, ndr). Poi è chiaro che esiste il rischio dei franchi tiratori, ed è un rischio impossibile da calcolare. Il fatto anomalo, a mio avviso, è che siano possibili i voti a scrutinio segreto sulla legge elettorale».

L’ipotesi di chiedere il voto di fiducia sul Rosatellum è sul tavolo?
«E’ un argomento che non abbiamo nemmeno affrontato. Il partito non è il governo. Siamo intenzionati ad andare in aula per confrontarci e vogliamo lavorare per il consenso esplicito di tutte le forze».

La legge elettorale in discussione prevede le coalizioni. Renzi ha detto che «il nostro avversario non è chi se ne è andato» auspicando un’alleanza ampia a sinistra. Il dialogo con Giuliano Pisapia è nelle cose, avviato da tempo. Ma è credibile l’ipotesi di una coalizione con Mdp?
«Noi siamo molto fiduciosi di costruire una coalizione ampia di centrosinistra con le forze politiche alternative al centrodestra e ai populismi».

Compresi Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema? E’ fattibile, secondo lei, dopo l’aspra contrapposizione sul referendum e l’uscita dalla maggioranza per dissenso sul Def?
«Confido che chi vuole combattere la destra e i populismi non intenda far perdere il centrosinistra».

Sarebbero loro i Tafazzi a cui si riferisce Renzi?
«Questo deve chiederlo a lui».

Ha fatto discutere un emendamento che consente alle liste coalizzate che superano il 3% solo in alcune regioni di approdare al Senato. La cosiddetta norma “salva cespugli” ci sarà o no?
«No. Quella norma non c’è mai stata. Il testo che andrà in aula a Montecitorio la settimana prossima è quello approvato dalla commissione Affari Costituzionali che prevede l’obbligo di superare la soglia di sbarramento del 3% su base nazionale».

Renzi ha fatto capire che con l’approvazione del Def, in sostanza, la legislatura è finita. Difficile, allora, che ci sia tempo per approvare lo ius soli su cui il ministro Delrio fa lo sciopero della fame e che annovera sostenitori come Romano Prodi. C’è divergenza di opinioni sul punto tra governo e partito?
«Nessuna. E il discorso dello ius soli non è chiuso, nonostante i tempi siano oggettivamente stretti. Noi siamo per definizione ottimisti e soprattutto lavoriamo per risolvere i problemi».

Aldilà delle dichiarazioni, se il Pd perde in Sicilia non teme un attacco alla leadership di Renzi?
«Il centrodestra in Sicilia ha sempre vinto se si è presentato compatto, come fa adesso. Il rettore Fabrizio Micari, il nostro candidato, sta tentando di fare un miracolo e ha tutte le qualità politiche per provarci. Ripeto che noi, anche su questo, siamo ottimisti. In ogni caso il voto siciliano resta un fatto regionale che non riguarda gli assetti nazionali».

Insomma, se il Pd vincerà le prossime elezioni politiche il premier sarà Renzi?
«Renzi è il leader del Pd e lo hanno deciso due milioni di votanti alle scorse primarie. Poi, per fortuna, abbiamo una squadra oltre al leader».

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