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“Si riprenda la riforma del sistema penitenziario che è rimasta appesa nel passaggio fra le due legislature nel 2018″. Questa l’esortazione del vicesegretario dem ed ex guardasigilli Andrea Orlando, in un’intervista pubblicata da Left, per contrastare l’annoso problema, reso ancora più urgente dall’emergenza Covid, del sovraffollamento carcerario.  “In quella riforma c’erano tutti gli strumenti per intervenire sul sovraffollamento senza provvedimenti di carattere eccezionale, ovvero senza “lotterie” che beneficiano alcuni in specifiche condizioni oggettive e magari penalizzano altri che in quel momento non hanno quei presupposti. Al contrario la riforma era basata su un’idea di valutazione del percorso trattamentale e della possibilità di utilizzare pene alternative; il che coniuga la flessibilità e la congruità del trattamento alla certezza della pena. La pena non viene cancellata viene trasformata in un’ottica di finalità rieducativa come indica la Costituzione“.

 

I tassi di recidiva, è dimostrato, si abbassano molto quando la pena non viene scontata “a marcire in cella”.

“Tutti i passi che abbiamo fatto nella direzione di una più forte flessibilità dell’esecuzione della pena hanno dato frutti positivi a partire dalla messa alla prova, così come la possibilità di usufruire delle pene alternative“, ricorda Orlando, che continua: “c’è un effetto emulazione, dentro il carcere, e delle gerarchie criminali che dentro il carcere si esplicitano e si concretizzano che portano a una regressione, non a una educazione del detenuto”.

 

Il punto è evitare il “contagio criminale” nelle carceri, e dunque, seppure figure autorevoli hanno ipotizzato l’abolizione del carcere, per Orlando il tema non è la loro abolizione, che reputa impossibile, ma che venga “utilizzato in modo intelligente. Perché un utilizzo indiscriminato del carcere come strumento di pena porta a una crescita della recidiva e quindi inevitabilmente una maggiore insicurezza per i cittadini”.

 

Sulla larga percentuale, si parla del 43,7% per cento, di italiani favorevoli alla pena di morte, Orlando ricorda come questo sia  “il retaggio di una cultura populista xenofoba e razzista che nel corso degli ultimi anni ha trovato una sua egemonia”, e il tema quindi è “come far tornare egemone una cultura democratica nel rispetto dei diritti fondamentali“. E se è vero, come è vero, che “ci sono milioni di persone che guarderebbero anche nel nostro paese a ipotesi di assetto statuale in linea con la Polonia o con l’Ungheria. La nostra democrazia rischia di perdere la base sociale su cui si reggeva”.

 

“Il punto – secondo il vicesgretario PD-  non è tanto esecrare queste posizioni, cosa che va comunque fatta, ma interrogarsi su come si riconquista un fondamento su cui si regga una cultura democratica. Che non è stata conquistata una volta per tutte, è diventata maggioritaria con molta fatica, il nostro è un paese che ha avuto sotto il pelo dell’acqua una cultura fascista che sé sopravvissuta alla fine del fascismo, c’è stato il grande passaggio degli anni 60 e70, che poi è sembrata una acquisizione definitiva per tutti. Questi sondaggi devono preoccupare ma anche muovere a una autocritica, la sinistra deve superare la sua sufficienza rispetto ad alcune acquisizioni che vanno mantenute e gli va costruito un consenso intorno. O c’è una militanza politica che le sostiene o dubito che con gli editoriali si faccia egemonia”.

 

L’intervista integrale su Left