giovane isolato dal gruppo
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“L’unico modo per “curare” la camorra e le mafie in generale è attraverso la genetica. Se i boss sono in galera e ci sono persone con gli stessi cognomi che continuano a fare cose da boss, significa che c’è un gene che si trasmette. Per intervenire in maniera decisa ed interrompere la catena che trasmette il gene delle mafie, va data una possibilità concreta a qualcuno che porti quel cognome, proporre una chance vera ad uno di quei giovani, un’alternativa da poter scegliere. Uno di quei ragazzi deve avere un esempio diverso». Lo sostiene il deputato del PD Paolo Siani, fratello di Giancarlo, il cronista del Mattino ucciso dalla camorra 35 anni fa dopo aver raccontato per anni Torre Annunziata.

 

Dopo l’ennesimo agguato contro un uomo di spicco del clan Gionta, Siani sottolinea a proposito di Torre Annunziata la bellissima notizia della nomina a procuratore di Nunzio Fragliasso “che prende il posto del mio amico Sandro Pennasilico. È una nomina importante e beneaugurante. Il resto, purtroppo, è qualcosa che non vorremmo mai più sentire: speriamo finisca questa inutile guerra”.

La cronaca riporta che dopo l’agguato c’è stato l’ennesimo assalto ad un ospedale dove ricorda Siani “si stanno facendo salti mortali per uscire al più presto dalla terribile pandemia. Inaccettabile”.

 

Sul recupero di Palazzo Fienga, il deputato dem ritiene che “potrebbe essere un segnale importante, ma il lavoro va fatto sui giovani, su quei giovani. Loro crescono con la convinzione che con quel cognome si possa fare solo una scelta. Pensano che i morti contino più dei Nobel e forse non sanno neanche cosa sia un premio. Solo dallo studio, dalle alternative, dal lavoro e dal recupero dei ragazzi si possono strappare nuove leve ai clan. Altrimenti, la camorra e le mafie in generale continua ad essere trasmesse geneticamente”.

 

“Così se il padre è un boss, lo diventa anche un figlio, una figlia e poi un nipote. Quasi come fosse una monarchia. Questa dinastia non finisce mai”.

Alla domanda di come si possa interrompere una dinastia mafiosa Siani sostiene che la sola repressione non serva “nonostante funzioni benissimo, visto che quasi tutti i boss sono in carcere. Questa catena di trasmissione va interrotta dando opportunità a questi giovani che, senza alternative, sono costretti a loro volta a fare solo scelte di morte. Bisogna dare una chance a coloro che portano quei cognomi”.

 

Facendo capire, sostiene Siani, “a uno di questi ragazzi che esiste una realtà diversa, che può studiare, può diventare un medico, trovare un lavoro normale. Qualcuno deve andare in quei quartieri, in quelle case, e proporre un’alternativa concreta portando l’esempio di ragazzi convertiti alla vita normale. Solo così si sottraggono nuove leve ai clan”.