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Bartolo: “Ho visto l’orrore. Nessuno deve tornare nei lager della Libia”

Dice di aver appreso «con rabbia» dell’ultimo stop a una nave carica di disperati decretato da Salvini. Di avere avuto un sobbalzo, sulla sua nuova sedia da europarlamentare, nell’aver sentito il vicepremier augurarsi che la Alan Kurdi facesse nuovamente rotta su Tripoli. Così Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa che ha assistito 300 mila migranti, ha scritto d’impeto un post: «Quell’uomo che non voglio neppure nominare non ha idea di cosa parli». E in quest’intervista Bartolo apre l’archivio doloroso della sua memoria. Per mettere in guardia contro uno «sciagurato populismo che rende tutti bestie». Senza citare mai il titolare del Viminale. «Lui», lo chiama semplicemente così.

 

«Questi se ne fregano», ha detto Salvini criticando l’Ong tedesca che ha rifiutato il porto di Tripoli assegnato dalla Guardia costiera libica.

« , latrine dove si contrae la scabbia. Le immagini di questo strazio le ho fatto giungere sino in Vaticano, e sono sinceramente addolorato se ho traumatizzato qualcuno. L’ho fatto per scuotere le coscienze».

 

Il ministro dell’Interno assicura che sta lavorando con il governo libico per creare condizioni di sicurezza nel Paese nordafricano.

«In Libia non c’è un governo stabile, ci sono fazioni che si contendono il potere e tribù in lotta. C’è un conflitto terribile. Fare accordi significa favorire questo stato di cose, sovvenzionare quegli stessi lager e quei trafficanti che già lucrano ricattando i parenti dei reclusi. Significa solo spostare il muro, dall’Italia al confine libico. Un errore, sia chiaro, fatto anche dal ministro Minniti, ma almeno prima si poteva ancora distinguere fra migranti economici e migranti in fuga dalla guerra. Oggi questa linea di demarcazione, che a me peraltro non è mai piaciuta, non c’è più».

 

Il nostro governo rivendica il fatto che sono diminuiti gli sbarchi.

«Intanto oggi possiamo sapere solo quanti migranti partono dal Nord Africa, non quanti ne arrivano. Non possiamo sapere soprattutto quanti non completano il loro viaggio, perché non ci sono più le testimonianze delle Ong, visto che molte sono andate via. Lui ferma le poche che sono ancora operative, lasciando intendere che portano in Italia soggetti pericolosi ma ancora nessuno ha potuto appurare la presenza di terroristi a bordo. Lui sorvola su chi sbarca con le nostre motovedette o autonomamente a bordo di centinaia di barchini».

 

Però gli italiani sembrano dare ragione alla Lega, che cresce nei sondaggi.

«È facile parlare in tv o sui social, fare i fenomeni dissertando sui numeri e dimenticando che stiamo discutendo di esseri umani. Lui e i suoi compagni di viaggio cavalcano uno sciagurato populismo, usano l’emergenza immigrazione come arma di distrazione di massa. Hanno vinto e forse rivinceranno le elezioni. Ma coprono quello che è il vero problema del Paese: non l’immigrazione ma l’emigrazione, figlia della crisi economica e dell’incapacità di governo, una tragedia che spezza le famiglie italiane e svuota i paesi, che fra vent’anni trasformerà il Sud, e forse non solo il Sud, in un grande ospizio. La Storia presenterà il conto».

 

Per restare alla cronaca. La Alan Kurdi ha fatto rotta su Malta.

«Questo perché l’Europa finalmente sta rispondendo e apre i porti. Un evidente passo avanti. Malgrado lui, d’accordo con i suoi alleati sovranisti, abbia disertato più volte i consigli dei ministri europei che dovevano rivedere il regolamento di Dublino, dando il via al ricollocamento obbligatorio dei migranti in tutti i Paesi, e non più su base volontaria. Una riforma che dovrebbe vedere lui favorevole. Ma se passasse, non ci sarebbe più la tigre propagandistica dei clandestini da cavalcare. Il re, insomma, sarebbe nudo».

 

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