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Minniti: “A Bruxelles un fallimento. L’Italia è in scacco e il Mediterraneo senza soccorsi”

L’Italia in scacco, il Mediterraneo senza un dispositivo di soccorso adeguato, l’Europa che ha rischiato di implodere. Visto dall’osservatorio dell’ex ministro dell’Interno, Marco Minniti, l’accordo di Bruxelles e le nuove morti in mare sono la tragica cont roprova di un fallimento.
 

Onorevole Minniti, come valuta l’accordo di Bruxelles?

 
«L’Europa ha rischiato di implodere su una questione, l’immigrazione, che non costituisce affatto un’emergenza. Si è fatto un lavoro che riporta l’orologio indietro di un anno. A giugno scorso, in 36 ore arrivarono 26 imbarcazioni e collocarle nei nostri porti fu un problema gigantesco. Allora una discussione che investisse l’Europa avrebbe avuto un fondamento ma ora non c’era alcun motivo, se non quello dell’estremizzazione politica, di avviare una discussione così aspra e ultimativa nella quale l’Italia ha rischiato di rompersi l’osso del collo».
 

Peraltro nelle stesse ore in cui nel Mediterraneo si registrano nuovi morti. Lei che ha aperto la strada alta stretta sull’operato delle Ong ritiene che, con le navi umanitarie fuori gioco, il dispositivo dei soccorsi in mare affidato ai libici sia adeguato?

 
«Chiariamo subito: io non ho mai voluto mettere fuori gioco le Ong. lo ho sempre creduto che il sistema di soccorso in mare dovesse avere tre riferimenti: la guardia costiera italiana, quella libica e le Ong. Ho chiesto alle organizzazioni umanitarie un’assunzione comune responsabilità. Non ho fatto un atto unilaterale. Abbiamo avuto un drastico ridimensionamento degli arrivi con un dispositivo che dava la massima garanzia in mare, non era un modello di accoglienza a tutti i costi e soprattutto metteva sempre la vita umana al primo posto. Non si può certo dire che quest’altro nuovo modello abbia reso il mare più sicuro».
 

Torniamo al vertice. Chi ha vinto e chi ha perso?

 
«L’Italia era andata per suonare il piffero ed è tornata suonata. Se si è trovato un accordo minimale e fragilissimo Io si deve all’opposto delle alleanze in campo, per iniziativa degli odiatissimi francesi mentre l’amatissimo gruppo di Visegrad ha messo all’angolo il nostro Paese. E d’altronde non poteva essere diversamente. Se la tua impostazione è nazional-populista ti scontri con gli interessi di altri Paesi, inconciliabili tra loro, confini contro confini. L’Italia era andata per chiedere maggiore condivisione ed è tornata abdicando totalmente a questa richiesta, scambiando l’obbligatorietà con la volontarietà».
 

Proviamo a spiegare medio. Che cosa cambia adesso?

 
«In un momento di particolare difficoltà avevamo chiesto come solidarietà ai Paesi di primo approdo, Italia e Grecia, il ricollocamento obbligatorio di quote di persone negli altri stati membri e ci sono stati Paesi che si sono sistematicamente sottratti. Oggi, con il passaggio dall’obbligatorietà alla volontarietà, questi stessi Paesi gioiscono. E poi, se l’Europa affronta un tema cruciale come questo con una coalizione di `volenterosi’ c’è qualcosa che non funziona. Non è un aspetto marginale, è l’aspetto fondamentale. Il punto cruciale è il tema del rapporto con l’Africa peri prossimi 20 anni, i destini di questi due continenti si incrociano. Oggi si è abdicato ad una visione di carattere strategico. Si è ceduto su una questione di principio mentre rimangono obbligatorie le procedure di respingimento per i cosiddetti movimenti secondari che tanto stanno a cuore alla Germania, all’Austria, al gruppo di Visegrad».
 

E la riforma del regolamento di Dublino sembra molto lontana

 
«Direi che è su un binario morto. L’orizzonte è non cambiarlo ed è una questione che mette l’Italia in scacco. Abbiamo accettato condizioni molto pesanti per il nostro Paese. Avremmo dovuto portare avanti il progetto di riforma approvato dal Parlamento europeo a larga maggioranza che metteva in discussione il punto fondamentale del porto di primo approdo. Perché non si è fatto? Perché in quella votazione la Lega si è astenuta e il M5S ha votato contro».
 

C’è anche la questione degli hotspot. Solo nei Paesi di primo approdo a quanto sembra.

 
«Se i volontari cominciano subito a sfilarsi e l’Italia accetta sarebbe un suicidio politico. Mi auguro che l’interpretazione sia fallace».

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