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Zanda: “Sui migranti gestione disumana e illegale”

«Credo che bisogna saper distinguere tra la gestione, complessa e misurata, messa in campo nel 2017 dal ministro Minniti e i muri propagandati da Salvini sul modello Trump…». Così si esprime il senatore Luigi Zanda, attuale tesoriere del Nazareno, nelle ore in cui il tema immigrazione si intreccia con una resa dei conti interna al Pd alimentata in particolare dai renziani e il cui obiettivo privilegiato è l’ex premier dem Paolo Gentiloni e, appunto, il suo ministro dell’Interno Marco Minniti.
 

Con quali aggettivi definirebbe l’azione politica sull’immigrazione del ministro dell’Interno Matteo Salvini?

 
«Disumana e illegale. Disumana perché non si possono tenere donne e bambini, per così tanti giorni, in mezzo al mare con 40 gradi. Illegale perché non si possono chiudere i porti infischiandosene dei trattati internazionali. E poi c’è da dire che il ministro Salvini propone nuovi decreti per un suo interesse personale e politico del momento: è andata così con il primo decreto Sicurezza e con quello bis. Siamo in attesa del terzo provvedimento».
 

M5S e Lega esprimono sensibilità diverse sull’immigrazione ma alla fine prevale la linea del Viminale.

 
«Ci sono due partiti al governo: quello che ha il doppio dei parlamentari esegue gli ordini di quello che ne ha la metà».
 

A sinistra, e non solo, si discute molto sulle iniziative delle Ong in mare che finirebbero per alimentare la propaganda di Salvini.

 
«I migranti spesso scappano dalla guerra e dalla schiavitù e c’è un dovere di salvarli ad ogni costo quando sono in mare. Poi, una volta sbarcati, deve entrare in campo lo Stato per l’identificazione e per evitare strumentalizzazioni».
 

Il Pd ha governato dal 2013 al 2018 senza fare errori sul tema dell’immigrazione?

 
«Abbiamo sempre considerato le dimensioni epocali del fenomeno e non abbiamo mai soffiato sul fuoco con la politica dei muri e dei porti chiusi. Il governo di Enrico Letta ha offerto, con l’operazione Mare nostrum, un esempio di grande generosità intestato al popolo italiano. Il governo guidato da Paolo Gentiloni ha, con l’azione del ministro Minniti, ridotto dell’80% gli arrivi sulle nostre coste che, con l’esecutivo precedente, sfioravano quota 180 mila in un anno…»
 

Prima di Gentiloni c’era Renzi a Palazzo Chigi…

 
«Il ministro Minniti è riuscito a contenere gli sbarchi con una complessa e misurata azione: più controlli alle frontiere, accordi e iniziative diplomatiche non solo in Nord Africa, varo di un codice di autoregolamentazione per le Ong, riapertura dei corridoi umanitari. E tutto questo avveniva mentre 1’Europa era colpita dalla violenza dell’Isis che, grazie anche alla prevenzione messa in campo da Minniti, fortunatamente non ha causato danni in Italia».
 

Il segretario Nicola Zingaretti liquida, non senza ironia, come «autocritica» l’attacco di Matteo Renzi alla linea Gentiloni-Minniti contenuto in una lettera inviata alla «Repubblica».

 
«Credo che Renzi non conosca la parola autocritica».
 

Sullo ius soli, il Pd ha mancato di coraggio? Lei era capogruppo quando la legge era vicina al traguardo.

 
«Sullo ius soli bisognerebbe avere la lucidità di mettere in fila i fatti: a ottobre del 2015, la legge arriva dalla Camera al Senato in un momento in cui Renzi, premier e segretario, era l’arbitro che poteva imporre un voto di fiducia che poi lui non ha mai sollecitato. Ricordo bene l’ultima riunione al partito nel dicembre del 2017: al Senato avevamo solo due voti di vantaggio e lo ius soli non aveva il via libera di Alfano e degli altoatesini. Renzi conosceva benissimo i numeri al Senato e non mi sembra che in quei giorni lo ius soli fosse in cima ai suoi pensieri».

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