La ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli tiene d’occhio il cellulare e l’ultimo miglio della trattativa sul Milleproroghe, che riscrive le procedure in caso di revoca delle concessioni autostradali.
Cosa dice quella norma?
“C’è un intervento su due concessioni, la Ragusa-Catania e la Tirrenica. Passeranno ad Anas e saranno completate, come giusto in un Paese normale. Poi vengono modificate le modalità di indennizzo in caso di revoca per tutti i concessionari che non si trovano ancora in questa condizione. È una previsione di legge generale. Come si fa in uno stato liberale, parifichiamo le condizione di tutti i concessionari davanti alla legge».
Ma non è già così? Aspi sostiene di sì.
“Non mi pare. Ci sono tre o quattro concessioni con condizioni più vantaggiose. Tra queste anche Aspi».
Con le regole in vigore, ad Aspi spetterebbero 23,25 miliardi. Con quelle nuove?
«No, molto meno. Ma con la nuova regola ai concessionari eventualmente revocati spetterà la cifra iscritta a bilancio degli investimenti non ammortizzati, oltre a quanto previsto dal codice degli appalti. Per procedere alla revoca ci deve essere un inadempimento grave. Una cosa che va dimostrata e condivisa».
Ma il decreto è un passo verso la revoca ad Aspi, no?
“La revoca è una procedura separata, sulla quale stiamo ancora acquisendo dati. Una volta che avremo terminato l’analisi, tutto il governo approfondirà il se, il come e il quando».
Quando?
«A gennaio saremo in grado di prendere una decisione ma fino a quando non avremo esaminato tutti gli aspetti non mi sbilancio».
Aspi dice che il contratto è risolto e vuole l’indenizzo calcolato con le vecchie regole, 23,25 miliardi di curo.
“Questo è un modo per mettere in difficoltà il governo, per vedere se qualcuno in Parlamento vota contro. Non è una modalità di comportamento lineare. E dietro c’è un’idea sbagliata. Gli investimenti non ancora remunerati verranno riconosciuti, oltre come già detto quanto previsto dal codice degli appalti. La cosa grave della lettera è che il concessionario non riconosca il sacrosanto diritto di un governo alla luce di tutto quello che è accaduto di revisionare il modello concessorio ormai vecchio di oltre quindici anni. Credo che sia un diritto/dovere della politica aggiornare le norme e revisionare le concessioni per consentire più controlli, più trasparenza e più sicurezza sulle autostrade».
Dice che è un ricatto?
«Dico che parliamo di un bene, la rete autostradale, che è di tutti, costruito con i soldi di tutti. Quando il tuo mestiere è il gestore-concessionario, nessuno ti nega un guadagno ma si tratta di una medaglia con due facce: da una parte c’è il profitto, dall’altra la cura del bene stesso. E dopo aver letto il documento della Corte dei conti, possiamo fare finta di niente?»
Aspi dice anche che ci sono 7 mila posti da rischio.
«Se dovesse accadere non è che le autostrade verranno abbandonate. Il governo valuterà e affronterà anche questo aspetto senza mettere a rischio i posti di lavoro».
La società annuncia ricorsi miliardari. Per questo persino la commissione di esperti nominata Toninelli suggeriva la rinegoziazione.
«Nessuno vuole fare un salto nel buio. E intanto revisioniamo i contratti. Se mi sono presa il giusto tempo per fare gli approfondimenti è perché il mio compito è difendere l’interesse pubblico e intendo difenderlo anche da questi rischi. Il tema dell’eventuale revoca non ha solo l’aspetto giuridico, ha anche quello economico e quello politico. Andranno valutati tutti».