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Covello: “Caro Saviano c’è un altro Sud”

Caro Roberto,
la tua riflessione su la Repubblica si articola su più livelli che meritano di essere affrontati. So bene, come te, che non c’è territorio più complesso di quello meridionale in cui il bene e il male si confondono. E che la legalità è il nostro primo valore. Su questo nessuno ha e può avere dubbi, e le inchieste facciano il loro corso senza guardare in faccia a nessuno. Non sono pochi nemmeno i casi in cui icone del bene si sono rivelate, purtroppo, di tutt’altra pasta con profondo sconcerto soprattutto tra chi sul territorio auspica cambiamenti e lotta perché si affermi la legalità. Il caso campano è solo l’ultimo, e davvero l’augurio è che si accerti presto la verità perché il «tutte le vacche al buio sono nere» è un refrain pericolosissimo nel tempo in cui sembra essere non scalfibile la diffidenza dei cittadini verso le istituzioni. Non si può e non si deve generalizzare, sparare nel mucchio perché se dici che tutti i politici sono uguali è evidente che poi i delinquenti e i criminali riescono a farla franca.

Non comprendo però il tuo giudizio tranchant e definitivo nella critica all’impostazione data dal Governo in questi due anni sulle politiche per il riscatto del Mezzogiorno. Il Sud, tu dici, sta morendo. Anzi, secondo te il Sud sarebbe già morto. No. Non è così. Non deve essere così. Il Sud è vivo e nell’agenda di questo governo è un tema centrale e non è stato affrontato, come tu scrivi, con promesse, annunci e proclami. Ma con atti di governo, impegni e risorse vere che finalmente trovano oggi anche la strada dei cantieri.

Io non sono nata a Chiasso, e so bene che la questione meridionale non è solo questione di risorse ma soprattutto di controlli seri e di qualità della spesa e della classe dirigente. Dopo anni di abbandono, di marginalità, di corruzione, di criminalità senza freni, di scarsissima efficienza in molte situazioni della pubblica amministrazione, dopo decenni in cui il Mezzogiorno è stato utilizzato da tanti governi per raccogliere consensi senza mai innescare investimenti per infrastrutture utili e coerenti, credo vada dato atto a questo governo di una svolta coerente nelle politiche per il Sud partita nell’agosto di un anno fa, quando il premier decise di riscrivere la parola sud nell’agenda politica nazionale. È evidente la consapevolezza che il sud è la chiave di volta per il rilancio del Paese, e nemmeno questo è uno slogan. E la complessità degli interventi non meritano le semplificazioni a cui purtroppo ci hai a volte abituato.

Il Sud è, ad esempio, anche il lavoro compiuto da Mimmo Lucano a Riace e da tantissimi amministratori pubblici e di strutture dello Stato e da associazioni di volontariato per l’integrazione dei rifugiati nella terra più di ogni altra in Europa accoglie i migranti. Non è tutta una resa alla criminalità, e da parte del Pd non c’è nessuna subalternità a nessuna anche se c’è sicuramente un problema di classe dirigente nei territori. E neppure si può ignorare un sistema elettorale che per le elezioni regionali, ad esempio, prima ancora che per il Parlamento, vede la presenza delle preferenze. Non esistono sistemi elettorali immuni, ma sappiamo bene che in alcune aree del nostro Paese ci sono sistemi che forse più di altri rischiano la permeabilità. Quando si rivendica il diritto di “poter scegliere” dobbiamo essere consapevoli che anche quella parte “cattiva” può esercitare questo diritto, e se contestiamo le liste bloccate dobbiamo sapere, noi politici per primi ma non solo, che l’alternativa richiede il vaccino contro la malattia della corruzione e delle infiltrazioni malavitose del voto di scambio che attacca tutti, nessuno escluso.

Quando Matteo Renzi si è impegnato per salvare i posti di lavoro in molte aziende in crisi, come nell’impianto Whirlpool di Carinola in provincia di Caserta, lo ha fatto perché il lavoro è il principale antidoto. Il lavoro vero, e non immaginifici redditi di cittadinanza o le illusioni spacciate in passato. I tanto criticati “patti per il sud” del tanto criticato Masterplan si muovono in questo solco, hanno l’ambizione di ricollegarsi allo storico “Schema Vanoni”. Ezio Vanoni era uomo del profondo nord eppure
ebbe la piena consapevolezza che l’Italia avrebbe avuto crescita e capacità di competere solo se fossero aumentate produzione e redditività nel Mezzogiorno. Oggi a distanza di anni possiamo criticare quella impostazione ma non possiamo non riconoscere che fu una grande intuizione e che generazioni di meridionali hanno trovato lavoro e possibilità di cambiare il proprio futuro grazie anche a quelle politiche di sviluppo.

Il senso del patto firmato in Campania, e dei prossimi che verranno siglati in Calabria, Sicilia e Basilicata,
sono tasselli di un lavoro faticoso che punta a far crescere tutto il nostro meridione. Sul sito di Palazzo Chigi trovi un lungo elenco di opere infrastrutturali già previste, dall’alta velocità sull’adriatico e sul tirreno (Napoli-Bari o Bari-Taranto) all’ammodernamento del sistema ferroviario in Sicilia, dal piano di rilancio della portualità a quello per gli aeroporti, dagli investimenti sulla banda larga alla cultura e al turismo, dall’agricoltura alle aree di industrializzazione e alla qualità delle infrastrutture fondamentali per mettere fine alla vergogna delle risorse mai spese e di situazioni che riguardano le condizioni della viabilità o come quelle di Messina dove ancora l’acqua pubblica non arriva per i mancati investimenti per l’ammodernamento della rete.

L’obiettivo dei patti per il Sud, uno per ciascuna delle 8 Regioni e per le 7 Città Metropolitane, mettono in cima non a caso una nuova governante tra Stato e regioni ma soprattutto la possibilità del controllo da parte dei cittadini sia sullo Stato centrale che sulle articolazioni territoriali. Non era mai accaduto. La cifra degli investimenti per il Sud è importante nel nuovo ciclo dei fondi europei e nazionali. Il senso dell’operazione è quello di produrre legalità, regole, capacità di spesa. La grande speranza sta proprio in quello che possiamo mobilitare in positivo per gestire e investire in piena trasparenza, sconfiggendo quella vera tragedia della corruzione. So bene che questo sforzo deve essere accompagnato da un contestuale impegno politico nel rinnovare la classe dirigente del Sud. Ma io le vedo le energie nuove che devono essere messe nelle condizioni di poter dimostrare il proprio valore e superare anche le patologie del “lamentismo” e della “rassegnazione” che non sono solo luoghi comuni utili surrettiziamente ai “gattopardi” ma, purtroppo, esistono e condizionano.

Noi, caro Roberto, non ci rassegniamo. Il nostro destino è quello di provare a cambiare un storia di inefficienze e malaffare. Il Pd è il partito che ha appena iniziato a lavorare, accompagna e supporta lo sforzo del Governo nel dare una chance al nostro Mezzogiorno perché siamo convinti che questa è la vera sfida che va giocata oggi per il presente e il futuro di questo Paese.

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