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Ceccanti: «La Costituzione lo consente. Tutti dobbiamo poter partecipare»

«Non esiste alcun impedimento costituzionale per il voto a distanza. La parola “presenti” riportata nell’articolo 64 della nostra Carta può essere tranquillamente intesa come partecipante anche tramite supporti tecnologici. Il problema, quindi, è solamente politico. Sono i gruppi di opposizione a porre una pregiudiziale pensando di poter sfruttare le assenze dei nostri causate dal Covid».

Stefano Ceccanti, deputato del Pd, lo ripete da giorni, da quando aumenta il numero dei parlamentari contagiati.

Fa riferimento al fatto che due settimane fa, con 41 dei vostri assenti, la minoranza ha potuto far mancare il numero legale alla Camera?

«Sì. E potrebbero continuare a fare questo gioco scorretto, a meno che non cediamo su qualche loro richiesta. Magari dicendo: non riuscite a votare da soli lo scostamento di bilancio a maggioranza? Allora dateci in cambio qualche cosa sulla legge di Bilancio. Oppure: se volete il numero legale, togliete dal calendario una legge che non ci piace…».

Questa non è normale dialettica parlamentare? Sono strumenti usati da sempre. Così come il dibattito, la presentazione di emendamenti…

«Ma siamo in un momento particolare e, se non si consente a tutti di svol- gere il proprio ruolo di eletti, rischiamo di far affondare il Parlamento. Che cosa accadrebbe se ci fossero molti più malati della maggioranza rispetto all’opposizione? Dovrebbe cadere il governo? E che fine farebbero le possibili riforme costituzionali?».

La necessità di numero legale dovrebbe comunque essere mantenuta?

«Sì. Ma l’importante è che tutti devono poter partecipare».

Il voto da remoto dovrebbe essere consentito per qualunque malattia?

«Siamo di fronte a una situazione straordinaria, con parlamentari contagiati ai quali viene giustamente vietato l’accesso alle Camere. Ma non possiamo alterare il rapporto tra maggioranza e opposizione, oppure rischiare l’esclusione di intere aree territoriali che venissero dichiarate zona rossa».

Propone una norma a tempo?

«Innanzi tutto bisogna decidere che si fa, e poi si vede come».

E, a suo avviso, quale potrebbe essere un buon modo?

«La norma potrebbe riguardare soltanto alcune situazioni rilevanti, magari comprendendo anche i primi mesi post parto; oppure dare modo di valutare caso per caso. O, in una prima fase, potrebbe valere soltanto per contagi e quarantene da coronavirus e limitatamente allo stato di emergenza, che adesso è previsto fino al 31 gennaio prossimo».

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