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Delrio: la vera vocazione del Pd è occuparsi degli italiani in difficoltà

Basta litigare su assetti organizzativi, coalizioni e larghe intese. Basta porre veti su Renzi. Il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, chiede ai dirigenti del Pd e del centrosinistra una «moratoria sulle formule», per concentrarsi sui problemi degli italiani.

Qualcosa si è rotto tra il Pd di Renzi e il Paese, come ha detto Franceschini?

«Penso di no, anche se certamente occorre riflettere sul risultato di queste Amministrative. Non voglio sfuggire, non abbiamo vinto. Il Pd ha avuto una battuta di arresto, soprattutto in alcuni capoluoghi di provincia speravamo in risultati migliori».

Perché Renzi non ammette la sconfitta?

«Non credo che Renzi neghi il risultato o sottovaluti il voto. Nessuno vuole evitare l’analisi, tanto che è stata convocata la direzione. Ma non riaccendiamo fuochi, non approfittiamo di un esito che non ci soddisfa per aprire una fase congressuale nuova».

La vostra gente vi ha votato contro. Come lo spiega?

«Preoccupa il calo dell’affluenza, ma Padova e Parma dimostrano che è stato un voto a macchia di leopardo. Dobbiamo chiederci se ci sia stata sufficiente passione e chiarezza nel nostro progetto».

I fondatori attaccano Renzi, il leader rischia?

«Renzi è stato scelto con le primarie, nessuno lo sottovaluti. Dovremmo fare una moratoria sulle formule, perché parte dell’astensionismo dipende dal fatto che non siamo riusciti a imporre l’agenda. Ragioniamo sulle cose da fare, perché una parte dei cittadini è ancora in difficoltà. Chiediamoci se un partito riformista moderno abbia fatto bene ad approvare il Jobs Act, se basta aver dato le quattordicesime ai pensionati, o come tagliare ancora la tassazione alle imprese. Grazie alle politiche che abbiamo messo in campo dal 2013 a oggi la disoccupazione giovanile è calata del 10%, ma quando uno ha un figlio senza lavoro è di quello che vuole sentir parlare, non di organizzazione».

Avanti con la vocazione all’autosufficienza?

«La vera vocazione del Pd è occuparsi dei tanti italiani che hanno ancora bisogno».

Perché Renzi ha respinto il tentativo di Prodi di fare da «colla» tra lui e Pisapia?

«Renzi sa che Prodi è un elemento fondante del Pd e può aiutarlo a crescere. Non c’è nessun invito ad andare via, faremo di tutto perché il professore e Veltroni continuino a sentirsi a casa. Se dovremo riflettere ancora lo faremo, ma l’astensionismo ci dice che più parliamo di formule e più siamo lontani dalla gente, anche dallo spirito dei fondatori».

Franceschini mira a indebolire Renzi?

«La sua richiesta di ragionare anche su “con chi fare” è legittima. Ma ci sarà tempo per questo. Ora la ricetta giusta è ragionare del merito delle cose. Con Orlando, Emiliano e Franceschini abbiamo fatto un bel congresso, ora ripartiamo dai contenuti con un atteggiamento di servizio, punto e a capo. Non riusciremo a recuperare elettori discutendo di quante sigle aggreghiamo».

E puntando alle larghe intese con Berlusconi?

«Berlusconi non guarda a noi, noi non guardiamo a Berlusconi. Figuriamoci se strizziamo l’occhio al centrodestra, dove lui continua a essere il capo indiscusso. A me interessa capire se io dal 2013 sono stato in un governo che ha distolto lo sguardo dalla povertà e penso di no, se abbiamo fatto bene a dare gli 80 euro e l’Istat dice di sì. L’aumento delle pensioni, il Dopo di noi, la non autosufficienza… Io voglio un confronto sui risultati che abbiamo raggiunto per i porti, le infrastrutture, l’edilizia scolastica, non sulle formule».

Domani tanti dem andranno ad ascoltare Pisapia, non teme che nasca un centrosinistra alternativo al Pd?

«A chi pretende di costruire un centrosinistra senza il Pd dico che non è possibile. Perderemmo davvero l’eredità dell’Ulivo e del Lingotto se discutessimo di equilibri e non di quel che serve agli italiani. Quando sarà il momento, tra noi parleremo anche di coalizione. Pisapia ha fatto bene il sindaco, è una persona che stimiamo, ma cosa vuole lui riguardo a JobsAct, povertà e strategie industriali? Mdp pensa che il governo Renzi abbia lasciato una eredità disastrosa o che abbia migliorato le cose in Italia?».

Di certo pensano che Renzi non possa essere il leader.

«Sono allibito, in quale Paese normale può succedere che si ponga un veto su un segretario appena eletto?».

Staccherete la spina a Gentiloni?

«Questa ipotesi di complottare contro il governo non esiste, certo non sarà il Pd a togliere la fiducia a un esecutivo che è in continuità piena con quello di Renzi».

Chiuderete i porti?

«Nessun porto chiuso, lo dico da responsabile della Guardia costiera e delle operazioni di soccorso ai migranti. Non stiamo rinunciando a quei princìpi di umanità che l’Italia ha messo in campo con Renzi e Gentiloni».

Perché allora l’ultimatum all’Europa?

«La nostra fermezza e la protesta di queste ore è per chiedere che l’Inno alla gioia si suoni anche quando sbarcano le navi dei migranti e non solo per celebrare il sogno europeo. Vogliamo risposte. Perché gli sbarchi sono aumentati del 14% e per le condizioni terribili di povertà e instabilità dei Paesi di provenienza, come Siria e Libia».

Cosa deve fare l’Europa?

«Lavorare al grande piano Marshall per l’Africa suggerito dalla cancelliera Merkel».

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