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La lezione di Iacopo

Iacopo Melio è un ragazzo non comune: pesa 25 chili (esatto: 25, etto più, etto meno), non sa esattamente quanto è alto («forse un metro e 6o, completamente disteso»), è in sedia a rotelle da quando è al mondo e ha appena sbancato il collegio di Firenze 1, vincendo per il Pd con 11 mila 233 voti la gara delle preferenze. E senza mai fare un comizio dal vivo.

Nelle sue condizioni di salute, lo spettro del Covid lo ha costretto in casa dal febbraio scorso. È uscito soltanto due volte: per una gita con la famiglia sulle colline pistoiesi e la domenica del voto. La campagna elettorale l’ha fatta via computer, forte di una comunità intorno alle 70o mila persone che già lo seguiva. E dalla sua abitazione di Cerreto Guidi, un borgo su una collinetta tra vigne e ulivi, non evaderà neanche adesso, quale che diventi il suo futuro da neo politico: consigliere regionale, presidente di Commissione, assessore, chissà. Non può permetterselo, per precauzione, finché non arriverà un vaccino.

La malattia genetica con cui è nato, sindrome di Escobar, è così rara che non esistono ricerche specifiche per classificarla né per curarla. Unica fortuna, se si può chiamarla così: non è degenerativa. In compenso, comporta rigidità delle articolazioni, scoliosi, difficoltà respiratorie e altri numerosi impedimenti che non hanno impedito all’infaticabile Iacopo di fondare una onlus #Vorreiprendereiltreno per finanziare progetti contro le barriere architettoniche, di sperimentare il giornalismo su Fanpage, di scrivere tre libri, uno di poesie d’amore, il secondo sulla sua non facile esperienza umana (titolo: Faccio salti altissimi), il terzo, Buonisti, contro i molti «ismi» cattivi di questo tempo crudele, dal razzismo al fascismo all’egoismo. Il tutto a 28 anni compiuti il 28 aprile.

Un disabile abilissimo. Anche se disabile non è parola che ama. «Non mi hanno chiamato dal Pd per questo, non ho preso voti per la mia carrozzina. Siamo persone, non cartelle cliniche».

Il piccolo trionfo di Iacopo Melo è un segno neanche così piccolo per la politica in generale, per la sinistra anche di più. Tipo Elly Schlein, voce critica sempre più ascoltata di un partito, quello Democratico, da tempo alla ricerca di un’identità rinnovabile, come le energie, che sia guidata più da nuove passioni che da vecchi tatticismi o recenti prudenze, figlie della paura di favorire, con scelte coerenti alla propria identità, il sovranismo che avanza o avanzava. Iacopo con la «I» invece che con la «J» («non so perché, scelta dei miei») di energie ne ha una scorta, come di passione. Una fresca laurea in Scienze politiche (103 su 11o), attivista per tutti i diritti umani che si possano immaginare, figlio di un operaio e di un’insegnante, non è mai stato iscritto al Pd finché Nicola Zingaretti non gli ha chiesto di fare il capolista nella piazza più importante della Regione Toscana dove, tra l’altro, si giocava segreteria e futuro.

Scommessa vinta. E adesso?

«Il messaggio più bello l’ho ricevuto da uno studente di 18 anni. Sei il mio primo voto, ha scritto, sono sicuro che non mi deluderai. Ecco, farò del mio meglio».

È il minimo che si può garantire a un elettore.

«Il mio slogan è stato: un salto avanti. Detto da me può sembrare un paradosso. Ma penso che serva davvero un salto in avanti sulla strada dei diritti civili. Ecco, vorrei che la Toscana, come già l’Emilia, diventi ancora di più un laboratorio progressista di questi diritti».

Quali, per esempio?

«Quelli banalmente umani. Vale per la parità tra donne e uomini, per la comunità Lgbt, per la cannabis a scopo terapeutico, che è prevista ma non in dosi adeguate a lenire dolori insopportabili. Per chi non ha voce, come gli invisibili, che siano migranti o lavoratori sfruttati nel silenzio complice della società. Ancora, ci sono in Italia 4 milioni e mezzo di disabili, ma il numero non è ufficiale perché mancano statistiche, come mancano insegnanti di sostegno. Prevale invece una cultura che è un misto di indifferenza, di ipocrisia sul diversamente abile, sui poveretti o le poverette costrette in carrozzina.
Per fortuna ci sono presenze come quelle di Paola Severini, che si è inventata su RaiDue il programma O anche no, dove il tema viene trattato senza pietismo o compassione. Ci sono ostacoli che rendono ancora più dura l’esistenza di chi già soffre per problemi seri? Lavoriamo per eliminarli, per permettere a loro la vita normale che come tutti meritano».

Il governo attuale ha ormai 384 giorni sulle spalle. Il partito che l’ha fatta eleggere, Il Pd, aveva promesso, 384 giorni fa, entrando nel Conte bis, che sarebbero stati aboliti i Decreti sicurezza firmati da Salvini, che si sarebbe introdotto lo ius culturae, che si sarebbe spinto per lo ius soli. Una parte d’Italia sta ancora aspettando.

«Credo che adesso ci siano le basi per cancellare ogni strascico lasciato in eredità dalla destra».

E che cosa glielo fa credere?

«Il partito mi ha candidato per le mie idee. Sono valori che condividiamo in tanti. Ne saremo il megafono, collaboreremo con forza perché le cose si facciano. Io sono ottimista».

Sulla situazione politica?

«In generale».

Mi spiega come si fa, pesando 25 chili a 28 anni?

«Guardando la parte piena del bicchiere. Le cose che ti piacciono. Viaggiare, innamorarsi. Innamorarsi viaggiando su un mezzo di trasporto pubblico. Sì, ho avuto relazioni amorose, anche recenti, poi la quarantena, che nel mio caso si sta facendo molto più lunga, ha un po’ complicato i rapporti. Comprensibile».

E una lezione di vita, la sua.

«Semmai di sopravvivenza. Se non apprezzi quello che c’è nel famoso bicchiere, l’unica alternativa che hai è buttarlo. Ma io non sono uno che butta il bicchiere».

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