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Latorre: «Non chiuderemo i porti ma con l’Ue non molliamo»

Nicola Latorre, presidente della Commissione “Difesa” del Senato: la sua missione al Cairo e quella di Minniti in Libia, al di là degli attestati di stima ci sono passi in avanti per una maggiore collaborazione nei confronti dell’Italia?

 

«Le dichiarazioni del presidente Al Sisi e di Al Sarraj circa il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo sono molto importanti. In particolare con l’Egitto possono aprire una nuova stagione di dialogo anche per ristabilire la verità sul caso Regeni. E con la Libia per tentare di sconfiggere i trafficanti di esseri umani e alleggerire la pressione sulle coste italiane. Vedremo nelle prossime settimane se alle loro dichiarazioni seguirà un atteggiamento preciso e collaborativo.

 

Nell’Unione il governo fa sentire la sua voce. Ma Macron chiude, la Merkel non va oltre attestati di stima. Renzi propone di tagliare i fondi ai paesi europei che non accolgono i migranti. Cosa si può fare?
«Il governo sta svolgendo un importante lavoro in Europa affinché l’Italia faccia sentire la sua voce sul tema dei migranti. Non è possibile che il nostro Paese sia l’unico a caricarsi di una responsabilità così grossa, arrivando ad accogliere in un weekend quasi 15mila persone.Tra l’altro con questi numeri diventaanche difficile garantire quei minimi requisiti di civiltà per tutelare i diritti umani di chi sbarca da noi. È chiaro che se nei prossimigiorni non avremo riscontri positivi dall’Europa, assumeremo iniziative drastiche a tutela del nostro Paese».

 

Decine di navi in arrivo. Che ne è stata della proposta di chiudere i porti, che pure sembra avere il consenso della gente?
«L’Italia non ha mai chiesto di chiudere i porti ma di redistribuire il carico di arrivi. Ha portato questa proposta in Europa, da ultimo nella sede di Frontex, e su questonon molleremo. Non si tratta di inseguire la destra come molti hanno scioccamente detto ma di tenere conto di un’emergenza che non è più in alcun modo sostenibile. Siamo diventati il primo Paese di approdoanche per quelle imbarcazioni che vengono da molto lontano e che magari sulla propria rotta incontrano altri porti. Siamo la frontiera dell’Europa e l’Italia stafacendo tanto, soprattutto ha già salvato milioni di vite umane».

 

La sinistra rischia di perdere la partita politica su questo tema?
«Penso esattamente il contrario e cioè che il centrosinistra abbia una grande sfida davanti a sé. La sicurezza è un tema della sinistra, guai lasciarlo alla destra. Naturalmente con riferimento specifico ai flussi migratori solo uno stretto rapporto tra integrazione e accoglienza può garantire sicurezza. Anche per questo è indispensabile che i flussi migratori non superino la soglia di gestibilità. Un grande Paese come il nostro non può non accorgersi che questo è un tema importantissimo su cui si gioca il nostro futuro».

 

Aiutiamoli a casa loro, dice Renzi. A sinistra si parla di deriva e snaturamento identitario. Come replica?
«È stato un errore decontestualizzare quella frase. Se inserita in un ragionamento più ampio sul tema dell’immigrazione, della sicurezza, della politica estera, della democrazia e della lotta al terrorismo, è una frase che non si dovrebbe prestare a strumentalizzazioni».

 

Renzi è sotto assedio. Interno ed esterno. Il Pd si sente accerchiato?
«Per me il Pd non è sotto assedio. Il dibattito quotidiano sui retroscena presunti o veritieri in merito al Pd, al patto del Nazareno, al rapporto tra Renzi e Letta e tutto il resto che leggiamo quotidianamente, di certo non aiutano il clima all’interno del partito. Le sfide che abbiamo di fronte richiedono ben altre questioni al centro del dibattito e dello scontro politico. Ed è su queste che si giocherà anche la conquista del consenso degli italiani».

 

Pisapia, Bersani, D’Alema: li tiene uniti solo l’antirenzismo?
«Sicuramente li tiene uniti una idea nostalgica di una sinistra che non esiste più perché il contesto è profondamente mutato. Non ci rendiamo conto che è cambiato il mondo e con esso le parole d’ordine che avevamo conosciuto nel passato. Non so quello che vorranno fare Pisapia, Bersani e D’Alema, so però quello che dovrebbe fare il Partito Democratico. Ovvero discutere approfonditamente su quale proposta politica offrire agli elettori nelle prossime elezioni e investire tutte le nostre forze per rianimare il partito nei territori. Senza un vero radicamento sui territori non esiste alcun soggetto politico con l’ambizione di guidare il Paese e di cambiarlo».

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