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Marcucci: “Lega- M5S, da 50 giorni non fanno altro che litigarsi le poltrone”

Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato. L’intesa a tre centrodestra-M5S è naufragata in in malo modo. Le parole di Berlusconi, però, avvicinano Salvini a Di Maio?
«L’asse tra Lega e M5S è evidente sin dalla formazione degli uffici di presidenza del Parlamento ed è lo stesso che ha portato Casellati alla guida del Senato. Salvini e Di Maio hanno deciso tutti i nomi. C’era un problema che riguardava Berlusconi, ma l’intesa non è mai saltata. Ora la questione è chi può fare il premier tra i due, mentre la vicenda Forza Italia mi sembra abbastanza marginale».

Lei vede un governo giallo-verde senza sfumature azzurre?
«Sono i soli che hanno i numeri e devono dimostrare senso di responsabilità nei confronti del Paese. Non mi sembra pregiudicata l’ipotesi Lega-M5S. Forse, anzi, è stata rafforzata dall’atteggiamento di Berlusconi sul ruolo e sulle “prospettive di carriera” dei Cinquestelle. Spero solo che l’incredibile balletto tra lui, Di Maio e Salvini non vada ancora avanti ancora. A 50 giorni dalle elezioni già mostrano tutta la loro inconsistenza».

Gli scenari si evolvono rapidamente. Il Pd può ancora limitarsi a dire “tocca a loro” o deve assumere un’iniziativa?
«Siamo rispettosi del Quirinale. Se il presidente Mattarella ce lo chiede ci confronteremo con tutti, ma sulla base delle nostre idee e programmi che mi sembrano inconciliabili con quelli di Lega e M5S. Un accordo si fa tra forze contigue: “tocca a loro” è il semplice rispetto delle indicazioni degli elettori. Responsabilità non vuol dire fare un governo con chiunque, anche con chi fino a poco fa definiva disastrose le nostre riforme».

E se il prossimo esploratore magari Fico – vi proponesse un patto di coalizione basato su punti di programma condivisi?
«Lo scenario di un esecutivo Pd-M5S per noi è sempre stato molto lontano. A parte le battute superficiali di Toninelli e Di Maio sul contratto alla tedesca, non c’è stato nessun passo avanti sul programma, sui giudizi verso il nostro governo, su riforme come Jobs Act e P. A, su infrastrutture come Tap e Tav. Tutti provvedimenti che noi troviamo importanti per l’Italia e che loro hanno avversato. M5S è disponibile ad arrivare alla decima versione taroccata del programma di Casaleggio? Di Maio cambia idea sugli 80 euro? Bene, allora chiudiamo in poche ore».

Nemmeno l’evoluzione del reddito di cittadinanza nel “vostro” reddito di inclusione può essere una base di dialogo?
«Il contratto riguarda molti aspetti. Un governo di coalizione deve avere una base comune di orientamento politico ed è quello che oggi manca con il M5S. A partire dal concetto di democrazia anche interna: noi siamo democratici, loro non mi sembra».

A quali condizioni sareste disponibili invece a un “governo del presidente”?
«Lo ripeto, siamo il partito della responsabilità e non dell’avventura. Ma non si può tirare la giacca a Mattarella prefigurando soluzioni che per ora non esistono. Quando sarà richiesto un confronto serio, lo faremo senza pregiudizi».

Anche con Berlusconi?
«Idem. O c’è un ripensamento totale da parte di Fi su programma e critiche nei nostri confronti oppure non vedo possibili convergenze».

Insomma, se Lega-M5S non ce la fanno, si torna alle urne?
«Sarebbe l’apice del loro fallimento. I vincitori non possono esimersi dal dare un governo al Paese a causa di egoismi personali. È vergognoso che non si accordino sulla spartizione del potere. È inaccettabile che da 50 giorni non facciano altro che litigarsi i posti».

Del resto, lei un governo giallo-verde se lo è augurato…
«Ho usato un’espressione un po’ forte, ma il ragionamento era diverso. Eravamo nella fase di elezione di vicepresidenti e questori del Parlamento, dove non sono stati rispettati i diritti delle minoranze, e intendevo dire: vista la loro spartizione, tanto vale che si sbrighino a fare il governo».

Sulla posizione del no a intese con i grillini il partito è compatto?
«I numeri vengono prima delle valutazioni politiche. E i numeri di una maggioranza tra M5S e Pd sono davvero molto pochi. Il Pd si esprime con i suoi organi eletti democraticamente, e oggi il mandato è chiaro. Se ci fossero novità importanti faremo i passaggi necessari. Ma il partito mi appare compatto, anche in periferia».

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