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Orlando: “Il voto? Non aprirà la crisi”

“Io penso che, quale che sia l’esito delle elezioni, un appuntamento di chiarimento sull’identità sia in tutti i casi necessario”. In un’intervista al “Corriere della Sera” il vicesegretario del Pd Andrea Orlando affronta il nodo di un eventuale insuccesso elettorale dei dem il prossimo 20 e 21 settembre.

E dice anche: “Io non escludo che ci sia un riflesso politico dal voto regionale, ma concentrare l’attenzione su questo ci distoglie da un tema che è invece cruciale. Il voto infatti determinerà esiti molto importanti”, a cominciare da cosa “si deciderà, dopo l’emergenza Covid”.

 

Ovvero, “se si va verso una sanità più pubblica o più privata nel caso di affermazione della destra” mentre il secondo punto, per il vice di Zingaretti, “riguarda il fatto di mettere o meno le Regioni nelle condizioni di spendere i soldi del Recovery, perché, e la dico brutalmente, non credo che la destra abbia gli strumenti giusti per spendere quei soldi”. “L’Europa – chiosa Orlando – non lancerà che “i soldi dall’elicottero, ce li darà per l’innovazione tecnologica, la lotta alle diseguaglianze sociali, la transizione ecologica”.

 

Orlando tuttavia non si nega che l’esito del voto costringa i dem “a un appuntamento di chiarimento sull’identità” anche “per accelerare un cambiamento della forma del partito che in questo anno, come ha riconosciuto Zingaretti, non c’è stato. Anche a causa del lockdown abbiamo ecceduto in cautela nel promuovere un radicale ripensamento della forma partito”.

Zingaretti dovrà dimettersi se le elezioni dovessero andare male?, chiede il quotidiano di via Solferino. All’interrogativo, Orlando risponde: “Ma che vuol dire andare male alle elezioni? Noi con i voti 2018 non avremmo preso neanche una regione, si scriveva di un bipolarismo tra due populismi, adesso si sta costruendo un centrosinistra che se la gioca in tutte le regioni. E questo è conseguenza delle scelte politiche che ci hanno portato fino a qui, volute da Zingaretti. La più grande sconfitta della sinistra italiana, quella del 2018, che è conseguenza di un processo di logoramento ultradecennale, non si può cancellare in 20 mesi, ci vogliono molto tempo e molta fatica, ma la strada intrapresa è quella giusta”.

 

Riflessi sul governo per il voto? “Certo che un risultato negativo – risponde Orlando – indebolisce il governo, ma non cancellerebbe la sua missione e non significa che l’esecutivo possa abdicare a un compito che è essenziale. Aprire una crisi nel momento in cui si definiscono i progetti per gli stanziamenti europei significherebbe far fare un harakiri al Paese, non al centrosinistra o ai 5 Stelle”. Ma a quest’ultimi va tuttavia imputata “una scelta sbagliata” sui termini dell’alleanza, “evidenziata dal fatto che a un certo punto si sono posti il problema senza riuscire a risolverlo”. E allora, si augura Orlando, “spero che gli elettori incoraggino un processo unitario e ci aiutino a battere la destra, che non è maggioranza in quasi nessuna regione”.

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