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Orlando: “Io in Bielorussia, una dittatura da Sud America”

A Minsk c’è una repressione dai caratteri sudamericani, nel cuore dell’Europa. Siamo andati per dare un segnale concreto. E anche per sollecitare l’opinione pubblica. Come Pd seguiranno altre iniziative: la difesa dei diritti umani per noi è tema fondativo”.

 

È stato in Bielorussia da venerdì a lunedì scorso, il vice segretario del Pd, Andrea Orlando. Con lui c’era Barbara Pollastrini. Chi avete incontrato?

Abbiamo visto diversi esponenti dell’opposizione, di cui non posso fare i nomi. Tra loro ci sono professionisti, manager, persone che non avevano mai fatto politica. Anche qualcuno legato al Consiglio di coordinamento, l’organismo che guida il movimento. Abbiamo visto persone che hanno subito violenze nei giorni della repressione. Ci hanno raccontato di pestaggi, torture, stupri.

Com’è nato il movimento?

La maggior parte della gente all’inizio ha manifestato per rappresaglia dopo le violenze della polizia, unendosi a chi da subito era sceso in piazza per protestare contro l’esito truccato delle elezioni. Lukashenko nel corso degli anni era sempre riuscito a barcamenarsi tra una spinta russofila e una distanza da Putin. In queste settimane la repressione è diventata sempre più dura, il regime si è chiuso a riccio. E lui non risponde neanche alle telefonate dei leader europei.

Hanno cercato di contattarlo inutilmente Rama, Borrell, Macron. Malui si è sempre più appoggiato a Putin. Le opposizioni, anche quelle storiche, non si aspettavano una reazione così forte come quella emersa dopo il voto. Neanche Lukashenko era preparato. Prima c’è stato un momento di sbandamento, poi hanno cominciato a reprimere con caratteri sudamericani.

La fine del comunismo con la sua implosione è stata, ci hanno detto, molto meno violenta.

Che tipo di movimento è?

Mi è parsa una sorta di “rivoluzione” borghese alla quale hanno via via aderito settori popolari. Il movimento si è allargato progressivamente dopo la repressione. La società non si è mobilitata, finché la violenza era chirurgica. Lukashenko ha detto che non era successo niente, ha sostenuto che i dimostranti erano solo prostitute e drogati.

Ora ogni domenica scendono in piazza 200-250mila persone. Sono stato tra loro. Ci sono tantissimi giovani. Arrivano portando le bandiere sulle canne da pesca: non possono portare nulla, non ci sono striscioni. Piccoli gruppi convergono in un fiume più grande, cambiando sempre percorso perché arriva la polizia con gli idranti. La domenica, le autorità bloccano internet.

Cosa vi hanno chiesto?

Vogliono soprattutto che raccontiamo quello che sta succedendo lì: i giornalisti che ne parlavano sono stati licenziati e arrestati. Ora c’è una propaganda martellante tesa a screditare l’opposizione.

Che approccio hanno verso Russia e Europa?

Non hanno un tono anti-russo e neanche filo europeo: non c’era una bandiera della Ue. Il loro, sanno, è uno spazio tra Russia e Europa. È un movimento per la democrazia è più ancora per lo stato di diritto.

Sono sufficienti le sanzioni Ue, senza Lukashenko?

È una discussione complessa: l’Europa non può eccedere, caricando il sentimento anti-russo, altrimenti si rischia di provocare la reazione di Putin. Ma non può neanche abbassare i toni di fronte alla gravità della situazione. L’Italia è stata piuttosto defilata.

Il Pd vuole spingere il governo a iniziative più incisive?

L’Italia sta con l’Europa ed è giusto. Non ci permettiamo di dettare la linea, mal’attenzione di tutti, anche del nostro governo deve restare alta. Forse a questo punto l’Italia potrebbe esercitare un ruolo più forte. Merkel e Macron hanno fatto condanne dure. La cancelliera ha appena incontrato Svetlana Tikhanovskaja.

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