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Orlando: “Sulle riforme non possiamo fermarci. Ora il premier prenda un’iniziativa”

Inevitabile chiedere a Conte una iniziativa perché noi abbiamo sostenuto tutte le indicazioni contenute nei 27 punti del programma e siamo stati leali. Adesso chiediamo la stessa lealtà agli altri, anche nei confronti di quegli italiani che con i tagli dei parlamentari e senza legge elettorale non saranno rappresentati”. Lo dice in una intervista al Corriere della Sera Andrea Orlando, vicesegretario del Partito democratico.”Devo dire che il tavolo al quale partecipo io, quello sul programma, sta dando dei risultati al momento accettabili – afferma – ci sono dei nodi non banali da sciogliere, ma comunque sono stati fatti dei passi avanti. Quello delle riforme invece è fermo e quindi è inevitabile chiedere a Conte un’iniziativa”.

 

“Abbiamo ottenuto il fatto che questo Governo ha conquistato a livello europeo le risorse necessarie ad affrontare la più grave crisi economica nella storia del Paese – ha affermato in merito a quello che sta ottenendo il Pd – Abbiamo ottenuto delle risposte sui decreti sicurezza e molti temi politico-programmatici nostri sono alla base dell’idea della ripartenza. Dopodiché non ci nascondiamo che su molte cose si stenta. Noi siamo soprattutto preoccupati del fatto che ai dossier che si sono accumulati si possano aggiungere anche quelli che saranno prodotti dal processo di gestione del Next generation. Questo diventerebbe non tanto uno smacco per il Pd ma un problema per il Paese”.

 

“Penso che sia stato un errore sovrapporre i temi. Nel senso che noi abbiamo sempre detto prima si valutano le cose da fare poi si discute su chi le deve fare e se chi le sta facendo è adeguato. Aver alterato questa sequenza secondo me ha inquinato le acque. Ha rischiato di rendere meno credibile il percorso del confronto politico-programmatico. Non solo, ha fatto sì che sugli assetti siano circolate una quantità industriale di stupidaggini”. Così Andrea Orlando, in merito ad un eventuale rimpasto di governo. “Prima si valutano le cose da fare e poi chi le deve fare e se chi le sta facendo è adeguato – afferma -. Quanto a me, io ho detto da tempo che voglio lavorare sul partito”.

“Sulla qualità di queste indiscrezioni – sottolinea in merito alle voci che lo vedrebbero entrare nell’esecutivo – lascio giudicare ai lettori poiché nell’arco di due giorni sono stato ministro dello Sviluppo economico, dell’Ambiente, dell’Interno e titolare di un fantomatico ministero al Recovery. Dopodiché io ho detto tempo fa che voglio lavorare sul partito e a questo ho dedicato il mio impegno in questi mesi“.

 

In merito al Mes e a una possibile archiviazione, Orlando spiega che “sia comprensibile, sino ad un certo punto, che in un momento come questo si glissi sulle questioni più divisive”.”Ed è anche ragionevole che si tolga al Mes ogni carica ideologica. Però mi pare che siamo tutti d’accordo che sulla sanità ci voglia un significativo investimento e se il Recovery dovesse tardare, a meno che i nostri partner di governo non abbiano particolari strumenti persuasivi nei confronti di Orbán, il tema di avere un flusso finanziario diventa fondamentale. Insomma, può essere sbagliato, in presenza di alternative, dire ‘O Mes o morte’, ma può essere suicida dire ‘Mai il Mes'”.

 

Chi ha criticato la struttura del Mes, pensata dal Governo, per Orlando, conosce “bene la condizione della pubblica amministrazione e dei ministeri e sanno bene che è praticamente impossibile garantire una spesa rapida sulla base di una riorganizzazione da fare nell’arco di qualche settimana”.”Ma noi nell’arco di qualche settimana dobbiamo garantire l’utilizzo di quei fondi quindi la soluzione esterna, che in tempi ordinari sarebbe discutibile, in una situazione straordinaria mi sembra una via obbligata. Certo, dovremo capire come questa struttura si raccorderà al lavoro dei ministeri, evitando duplicazioni, e come si eviteranno forme di accentramento – conclude -. L’accentramento, comunque, non ha nulla a che vedere con la struttura esterna, si può avere anche senza e va evitato in tutti casi, non perché c’è diffidenza nei confronti di Conte ma perché se tutto arriva su un solo tavolo le risposte rischiano di giungere troppo tardi”.

 

Fonte: Corriere della Sera

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