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Serracchiani: “Abbiamo il dovere di accettare la discussione, ma senza diktat o contratti”

Debora Serracchiani, il primo risultato della giornata di ieri è che possiamo dichiarare chiuso il forno Cinquestelle-Centrodestra.
«Non lo darei così per scontato».

Di Maio è stato netto: con Salvini è tutto finito.
«Diciamo che era il minimo che poteva fare, ma una certa intesa di fondo con la Lega resta. Basta ricordarsi come si sono spartiti le cariche istituzionali».

Ora comunque tornate in ballo voi. Ballerete?
«Abbiamo espresso al presidente Fico la posizione del Pd, che vaglieremo anche in direzione».

Ma il Pd ha una posizione? Paiono come minimo essercene due o tre: Martina, Renzi, gli altri.
«Credo che il Pd debba aprire una discussione al proprio interno, una discussione approfondita e franca, che tenga conto di questa nuova fase che si è aperta dopo il fallimento dell’ipotesi di intesa Centrodesta-Cinquestelle».

Lei che ne pensa? Ha ragione Martina a voler vedere le carte o Renzi a rifiutare?
«Credo che abbiamo il dovere di accettare una discussione che parta dal nostro programma, anche se certo non siamo obbligati a sottostare a diktat o a firmare contratti. Ricordiamoci che il nostro programma è alternativo a quello dei Cinquestelle».

Che cosa dovrebbe chiedere il Pd a Di Maio?
«Vorrei che anche chi ha vinto le elezioni mostrasse la stessa disponibilità ad assumersi le proprie responsabilità che abbiamo avuto noi in questi anni di governo, e di guardare all’interesse del Paese, senza personalismi».

Tradotto dal politichese vuol dire che in ogni caso Di Maio non può insistere nella pretesa di fare il premier?
«Quando si fa una trattativa, la premiership è uno di quei punti oggetto di compromesso. Se ti siedi a un tavolo devi essere pronto a fare delle rinunce, altrimenti è meglio se non ti siedi neppure».

Lui ha battuto molto sul contratto…
«Si, anche questa è una cosa su cui discutere. Non è che noi andiamo lì e tutto si risolve con le firma di un contratto che loro hanno predisposto».

Di Maio dice che se fallisce il tentativo Fico si torna al voto.
«Di Maio mi pare troppo autoreferenziale. Aveva in tasca la possibilità di un governo con il centrodestra e ha fallito, adesso ci riprova con noi e poi dice che se non va bene si va a votare…».

Anche stavolta sembra che il Pd non sfugga alla tentazione di fare il proprio congresso di partito nelle aule delle istituzioni.
«Noi se dobbiamo modificare il nostro programma ne discutiamo, i Cinquestelle lo cambiano senza dire niente a nessuno».

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