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Lotti: “Lo sport è cultura, non sempre valutata a dovere”

Ho sperato e tentato di strappare a Luca Lotti un’intervista non da ministro per lo Sport ma da sportivo tout court, dicesi modesto quanto appassionato giocatore di pallone nel Certaldo, in Eccellenza toscana, prima di darsi alla politica con ben altro successo.
Ci ho provato, riuscita parziale: non perché l’intervistato fosse reticente, anzi, al contrario travolgente, con una alternanza di entusiasmi giovanili misti a procedimenti istituzionali. Il tutto con passione. Com’era giusto – gli ho detto – per uno nato il 20 giugno del 1982, il giorno di Germania-Cile 4-1, anticamera della finalissima madrilena che vide l’Italia trionfare sui tedeschi.
L’Ottantadue di Cassano, ad esempio. Faccio per provocare ma non abbocca. Insisto: data fatidica, la forza del destino.

«Ho già dato, mi dicono tutti ‘ah, lei è nato nell’anno del Mondiale’ col tono di chi fa un complimento, ma che c’entro io con i gol di Pablito, l’urlo di Tardelli, la partita a carte di Pettini con Bearzot, Zoff e Causio? Il mio mondiale è il 2006… è come se mi dicessero che quando sono nato c’erano che so? – Fanfani e Andreotti cui ispirarmi da politico. Che c’entra?».

C’è arrivato lui, il politico Lotti Luca, a farsi dire che il governo del tempo era presieduto da Spadolini, i presidenti di Senato e Camera Fanfani e la Ioni, Andreotti no, non c’era… Volevo fargli pesare le differenze ma a ben vedere la squadra governativa – cercatela su Google – non era granché, meglio l’Italia di Bearzot. Silenzio assenso. Tento un po’ di cazzeggio e vado a sbattere sulla Var che ho appena definito “la moviola di Fantozzi” e lui, Lotti, invece, è entusiasta. Della Var: «Per me è validissima, un aiuto straordinario dato agli arbitri per correggere gli errori. E non si devono sentire sminuiti ma continuare a lavorare come hanno sempre fatto…».

 

Basta non togliergli la discrezionalità nei falli da rigore. Eppoi, la Var è tuttavia manovrata da uomini…

«Ma a me piace…».

 

E costa due milioni e mezzo all’anno, se non molto di più, spesi mentre Tavecchio va all’Antimares a piangere perché mancano i soldi per realizzare gli impianti sportivi, per gli strumenti di lavoro…

«Non vedo collegamenti. Preferisco pensare che quello è un aiuto al calcio, noi altra cosa, altro investimento, noi pensiamo alle infrastrutture, ai primi strumenti per combattere una crisi che ha toccato anche lo sport. Ci vorrebbero tanti soldi ma lo Stato ha bisogno di fare tante altre cose, prima dello sport, che tuttavia raccomando come strumento educativo straordinario».

 

E allora parliamo di Donnarumma e, al netto delle sue scelte professionali, di un esame di maturità non sostenuto.

«Il governo, le istituzioni devono preoccuparsi per i tanti ragazzi che non possono darlo questo importante esame perché impediti da problemi esistenziali o di altra natura. Io sono un uomo di governo e ho il dovere di occuparmi di quelle persone che non ce la fanno. Altro discorso è verificare come realmente si è comportata la commissione. Ma su questo saranno gli organi competenti a far luce».

 

Ma lo è già l’esempio di un calcio folle che dilapida milioni (ex miliardi) o distribuisce valori impossibili, propone quotazioni assurde.

«E allora parliamo seriamente: le ho scritto, giorni fa, per rammentarle tre punti importanti del mio programma e tieni conto che io sono qui da quasi 200 giorni: I) progetto per le infrastrutture; 2) definire la guida della Lega; 3) realizzare la giusta ripartizione dei diritti fra le società di calcio e aggiungo, 4) affidare i giovani calciatori a allenatori di qualità. Ci sono interrogativi che turberebbero chiunque: perché l’impresa calcio che produce un miliardo e trecento milioni di euro è in cattive acque? Perché un campionato come quello italiano, appassionante e tecnicamente valido, viene svenduto alle tivù del mondo a 150 milioni l’anno (media fatta dal 2015 al 2018)? Perché non esistono regole o non vengono osservate, mi dici, e allora io ci metto mano. Perché la Lega non si dà un capo e invece presto dovrà avere un presidente, un amministratore delegato e tre consiglieri; io sono pronto a provvedere. Cosa abbiamo noi meno di Inghilterra e Germania?».

 

Vedo, sul volto di Lotti, un originale sorriso furioso. È capitato in un mondo di chiacchiere. Gli resta poco tempo per fare ma vuole fare. E non solo nel calcio, fronte popolare, ma in tutti gli sport. Sport vari? Sport minori ? Altri sport? Gli racconto che dopo i Giochi di Atene, ricchissimi di medaglie per noi, il presidente del Coni Petrucci ci convocò – giornalisti e guru come Costanzo e De Masi – per chiederci di trovare un nome ‘speciale’ per gli sport “non calcio” e l’iniziativa finì nel nulla..

«Io rispetto le idee di Petrucci. Personalmente non faccio concorsi. Tratto ogni sport secondo le relative necessità e intervengo là dove posso. C’è bisogno di aiutare la Federazione della pesca sportiva? Si fa. C’è bisogno di un palaghiaccio nel Centro Italia? Si fa. Lo sport in Italia ha un ruolo speciale, può essere avvicinato alla finanza, alla cultura, vive e cresce grazie alla passione degli italiani, delle federazioni, degli sportivi che lo inseriscono anche nella giornata lavorativa. Un mondo speciale che merita attenzione aldilà della politica che in realtà lo tratta come l’ultima ruota del carro perché non porta consenso. Il Coni dell’ultimo decennio ha sostituito il ministero dello sport ed è intervenuto con investimenti a macchia di leopardo, mirando alla realizzazione di impianti sportivi; io sono arrivato il 12 dicembre del 2016, avevo solo il restante tempo della legislatura per fare qualcosa, e l’ho fatta perché fosse restituito allo sport il ruolo che gli compete sulla scia dell’economia, della cultura. Lo sport è cultura non sempre valutata a dovere. Fra gli interventi mi piace ricordare la riorganizzazione delle Federazioni, in particolare il decreto legge che limita a tre i mandati presidenziali per il quale mi son beccato una contestazione da Valente dei Cinquestelle il quale voleva salvaguardare le antiche cattive abitudini che a loro piace poi contestare. Comunque, prima non c’era un limite ai mandati, ora invece c’è. E ancora ricordo l’investimento di 100 milioni per l’attività della periferia, le pressioni costanti per il rilancio importante e definitivo del calcio femminile. Tutto questo è sport sociale».

 

Dice: il tempo della legislatura. E se poi non torna? Ha messo per caso qualche fermo perché i progetti vadano avanti ma soprattutto non tornino indietro?

«Io sto impostando un lavoro che spero il mio partito prenderà in considerazione se per caso non dovessi tornare. E in ogni caso, concedimelo, esiste già una legge che non m’interessa chiamare Legge Lotti come usava con la 91, disputata da Evangelisti e D’Arezzo fino a quando poi nessuno voleva attribuirsela. C’è poco tempo, dicevamo, ma l’amministratore delegato della Lega dev’essere fatto. E anche qualcosa di più: inserire un ‘pacchetto per lo sport’ nella Finanziaria. Non è mai successo nella storia. Lo farò».

 

Tale è l’entusiasmo che vorrei suggerirgli di far finalmente entrare la parola sport nella Costituzione. Ma temo non sia stagione. Ricordo, invece, un’altra promessa che il calcio non ha mantenuto. Usciti malamente dal mondiale sudafricano, i federali annunciarono l’avvento di Prandelli al posto di Lippi ma anche un progetto ambizioso: seguire le tracce della Germania che s’è potenziata aprendo i vivai ai ragazzi d’origine straniero nati in Germania. Loro hanno ottenuto risultati importanti, noi abbiamo faticato a fare italiano Balotelli. Visto che si sta parlando di ius soli…

«Scusi ma non credo che la Germania abbia fatto certe scelte per rinforzare la nazionale. Per quel che penso, io vorrei che il compagno di scuola di mio figlio ch’è nato in Italia fosse anche lui italiano, ne ha il diritto. Nello sport, poi, questa scelta vale sette volte di più, perché battersi insieme vuol dire solidarietà, passione comune, e anche una comune patria».

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