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Zingaretti: “L’Italia ce la farà”

Carissimi, carissime
sono giornate complesse, vive, difficili ed esaltanti.
Direi giornate turbolente. Ma siamo qui. Abbiamo cose da dire e da fare.
La frenesia della battaglia politica, le polemiche, gli scontri, non devono in alcun modo distrarci dal cuore dei problemi dal senso profondo del nostro ruolo e della nostra iniziativa. Costruire e ridare speranza a questo Paese.
In molti fuggono da questo naturale obiettivo della politica affinché essa abbia un senso.
Noi no. Guardiamo alle persone.
Non vogliamo fuggire e siamo qui nuovamente per essere leali a quell’articolo 3 della nostra Costituzione, “la Repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che si frappongono alla realizzazione dell’individuo”,
Cosa c’è di più bello per chi crede nella democrazia?
Invece la politica, quando è solo gestione del potere è popolata da pensieri e culture regressive, dall’egoismo e dal cinismo.
E allora emergono i picconatori e trasformisti seriali che si nutrono delle tensioni e delle paure altrui.

 

Le destre parlano di problemi esaltano le paure, giocano con la fragilità e l’insicurezza delle persone, indicano colpevoli e capri espiatori e si ergono a giustizieri.
Cascano sempre in piedi, si puliscono la giacca dalla polvere prodotta dai loro disastri e con disinvoltura si muovono lasciando le macerie agli altri, alle proprie spalle.
Lo abbiamo capito e visto. La destra non è la soluzione. Sono i più bravi a cavalcare paure e raccontare i problemi sono i peggiori a risolvere i problemi che raccontano.

Noi no. Siamo qui perché amiamo la nostra patria e ne vediamo le immense potenzialità anche in questo tornante così difficile della storia. Vediamo anche l’urgenza di cambiare se vogliamo costruire un futuro migliore.
Facciamo nostra quella bellissima esortazione di un grande Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, “L’Italia ce la farà” e chiamiamo le Italiane e gli Italiani a cimentarsi con questa bellissima sfida.

Chi fa impresa, chi lavora, chi commercia, chi fa l’artigiano, chi investe cosa vuole in fondo? Vuole farlo. Senza minacce della criminalità, senza incubi burocratici, con infrastrutture decenti.
Chi studia, chi insegna, chi crea, chi ricerca cosa vuole in fondo?
Vuole farlo. Senza vivere la precarietà della propria condizione, vedendo riconosciuta il proprio valore e, insieme, contribuendo allo sviluppo del sistema Paese.
Chi ha bisogno, chi nella vita vuole un’altra possibilità, chi si sente solo di fronte all’ immensità della vita cosa vuole in fondo? Una comunità di cui far parte per ricevere e per dare.
Chi crede in un Dio, ha un colore della pelle diverso da quello della maggioranza del suo quartiere, ha preso coscienza in piena libertà del proprio orientamento sessuale cosa vuole in fondo? Vivere, senza paure e senza nascondersi, poter essere libero di camminare con la Kippà in testa o mano nella mano anche di notte senza timore.
E fatemelo dire, dopo l’ennesimo terribile attentato xenofobo e razzista nel cuore dell’Europa: chi, come la senatrice Liliana Segre e come tanti altri testimoni della memoria, racconta le proprie ferite ai ragazzi per evitare che il virus dell’odio torni a colpire, deve essere ovviamente libero di farlo, senza ricevere minacce ed essere costretto a vivere sotto scorta.

 

Questa è l’Italia che vogliamo costruire.
Sapendo che tutto avverrà nel conflitto, tra ceti produttivi e rendite parassitarie. Tra lavoratori onesti e i soliti furbetti.
Un conflitto e uno scontro a volte durissimo perché questa è anche l’Italia dell’Illegalità e delle mafie, dei soldi facili e della sopraffazione.
Noi di questa battaglia non abbiamo paura perché nel nostro dna ci sono persone come Pio La Torre e Piersanti Mattarella.
Ecco perché il Pd: per unire, modernizzare l’Italia e cambiare l’Europa.
Un opera immensa che ha bisogno di soggetti forti e nuovi della politica.
Distruggere è semplice costruire è una missione: ma per unire l’Italia si deve unire la politica per questo è un errore drammatico, non per noi ma per la nostra patria sempre picconare, dividere, polemizzare sempre cercare avventure solitarie.
Ma l’Italia ce la farà? O questo è solo uno slogan?
Io sono convinto che ce la farà, se cambia e chiamiamo l’Italia a cambiare se stessa e la politica.

 

Il Governo con la manovra di dicembre ha salvato l’Italia. Ora occorre un salto in avanti. Io difendo e mi sento pienamente partecipe dell’azione che si è realizzata in questi mesi.
Lo sappiamo perfettamente che questo governo non corrisponde a tutte le nostre aspirazioni.
E’ partito da un atto di coraggio e da una scommessa alla quale sarebbe stato imperdonabile sottrarsi.
Tante volte le forze progressiste al governo hanno dovuto convivere con situazioni difficili, con alleati non meccanicamente in sintonia, con intese che ogni volta apparivano sul punto di spezzarsi.

Sì! ancora una volta e per ragioni di emergenza, per il bene della Repubblica, per ottenere risultati concreti seppur parziali, siamo costretti a valutare di volta in volta alle condizioni di una nostra responsabilità nella direzione della nazione.
Ma nel nostro caso cosa sarebbe successo se non avessimo accettato di costituire il Conte due?
l’Italia sarebbe andata fuori controllo, l’IVA aumentata, lo spread schizzato alle stelle, saremmo entrati rapidamente in una zona assai prossima a una bancarotta devastante con tutto ciò che ne derivava dal punto di vista economico sociale e politico.
Salvini avrebbe sicuramente tentato operazioni economiche e finanziarie che avrebbero fatto esplodere il debito che ci avrebbero rapidamente messo fuori dall’Europa.

Al contrario, certo con fatica, con noi si è realizzata una manovra di bilancio di grande serietà e con le prime nette discontinuità rispetto al passato siamo riusciti ad avviare una ripresa degli investimenti in settori strategici.

Il calo dello spread, dovuto all’affidabilità di una nuova classe dirigente rispetto a quella screditata del passato, ha permesso di risparmiare miliardi di euro che sarebbero andati un fumo per gli interessi sul debito. Ricordiamolo al paese, ogni volta che la destra perde gli italiani guadagnano miliardi di euro da utilizzare per la crescita e l’equità.
Dopo mesi di sbandamenti e amicizie pericolose della destra italiana coi sabotatori dell’unità europea abbiamo riallacciato un rapporto positivo con l’Europa nel campo dello sviluppo, della difesa, del rapporto con le istituzioni comunitarie e siamo di nuovo autorevolmente presenti anche grazie a nostre importanti personalità cui sono state affidate altissime responsabilità.
A David Sassoli come Presidente del Parlamento a Paolo Gentiloni come commissario dell’economia.

L’abbassamento dello spread sul nostro debito passato dai 240 punti di agosto agli attuali 130 punti base è un segnale inequivocabile di questa situazione.
Da settembre 2019 a oggi abbiamo emesso 157,5 miliardi di euro di titoli di Stato.
Su di essi risparmiamo, rispetto agli stessi titoli emessi con gli altri tassi precedente, 4,7 miliardi di euro. Un risparmio già sicuro e indipendente dagli scenari futuri.

Scendono, inoltre, i tassi sui nuovi mutui e le surroghe permettendo importanti risparmi alle famiglie.
È merito di questo governo aver rafforzato il Bonus asili nido garantendo 3mila euro l’anno alle famiglie per aiutarle a sostenere questa spesa onerosa. Perché non ci si può stupire ogni anno dei dati drammatici sulla denatalità, e poi non costruire mai condizioni migliori per rendere più facile la vita ai bambini e ai loro genitori.
È merito di questo governo aver abolito balzelli odiosi come il superticket sulla sanità, aver evitato l’aumento dell’iva che avrebbe causato una maggior spesa di 540 euro in media a famiglia. Aver abbassato le tasse sugli stipendi per aumentare il netto in busta paga fino a 100 euro al mese sugli stipendi medi e bassi.

Ma questo è solo l’inizio, come abbiamo detto, come hanno detto i nostri ministri, di una più ampia riforma fiscale che terrà conto del principio costituzionale della progressività delle imposte sbarrando la strada alla flat tax che stava arrivando.
Abbiamo lanciato il piano per il sud con miliardi di investimenti per rendere tutta l’Italia più forte e competitiva o il progetto di autonomia.
Ma dobbiamo andare più avanti il governo sia più unito, più ambizioso e più coraggioso.

Questo non lo considero un governo amico ma un governo nel quale il Pd è pienamente responsabilizzato. E che ha svolto finora un ruolo decisivo per la nazione pur tra mille difficoltà.
Ma ora, questo Governo ha il dovere di accelerare, superare incertezze dovute a ragioni politiche del tutto estranee al compito che esso si è dato di risollevare l’Italia.

 

Il PD non è disposto a subire temporeggiamenti strumentali o furbeschi o manovre per indebolire l’azione dell’esecutivo. Lo abbiamo sottolineato tante volte, non siamo al potere per il potere ma siamo al potere per servire il paese.
Ora siamo pronti. Non c’è tempo da perdere.
Siamo in una crisi di sistema, che sarà ulteriormente aggravata dagli effetti in economia che avrà il coronavirus. Dentro una recessione che mai si era verificata in queste dimensioni e per cosi lungo tempo.
La congiuntura economica è caratterizzata da un generale rallentamento che colpisce tutta l’Area Euro, le previsioni della BCE di crescita del PIL per il 2020 sono state abbassate all’1,1% dall’1,2% e si parla di “protratta debolezza delle dinamiche di crescita”.

E’ letteralmente impossibile nelle condizioni date offrire un futuro alle nuove generazioni. Se si continua così esse non avranno pensioni, una degna formazione, la sanità pubblica, una piena e buona occupazione.
Occorrono scelte nette e selettive. Sull’evasione fiscale, sulla progressività delle imposte, sulla lotta alle rendite, sui mille parassitismi nascosti e coltivati nelle amministrazioni dello stato, sulla paralisi burocratica che blocca il paese.
E occorre partire dalle persone in ogni scelta , in ogni legge che si promuove, in ogni valutazione economica. Il fine della politica deve tornare ad essere il miglioramento della condizione umana.

 

ORA RIACCENDIAMO L’ITALIA.

Il paese deve riaccendere la sua economia, riprendere forza e costruire un modello di sviluppo nuovo. Il confronto dovrà essere fatto nel merito e senza altri trucchi o pregiudizi politici solo così i problemi si affrontano e si risolvono.
Oggi viviamo un’epoca di profonde e veloci trasformazioni, “l’era delle accelerazioni”, della disintermediazione.
Un’epoca nella quale non è mai stato così facile viaggiare, connettersi, accedere a informazioni, condividerle e scambiarle.

Siamo nel cuore di una transizione. Incredibili opportunità, ma anche rischi. Se non governati questi processi causano una concentrazione come non mai della ricchezza e possono produrre effetti negativi per lo sviluppo complessivo della società, e colpiscono i capisaldi delle democrazie occidentali.
C’è un sentimento diffuso di solitudine in tutti i Paesi avanzati, legato alla disgregazione delle reti sociali e a un arretramento dei servizi di welfare, alla precarietà del lavoro. L’incertezza e la paura del futuro caratterizzano la vita di miliardi di persone.
Un fenomeno che non ha risparmiato l’Italia. Per questo ora serve la forza della politica e del riformismo.
L’Italia è un grande Paese con tanti punti di forza ed eccellenze.
Siamo il 23esimo Paese al mondo per popolazione, ma in termini di ricchezza e forza della nostra economia siamo molto più in alto.
Siamo ottavi al mondo per PIL, noni al mondo per export. Produciamo eccellenze che il mondo ci invidia.

 

Nel 2019 abbiamo esportato merci per 476 miliardi di euro, il saldo commerciale (export-import) ha raggiunto i 53 miliardi di euro record storico. Negli ultimi 5 anni le imprese italiane hanno esportato beni per 2mila 220 miliardi di euro, 230 miliardi di euro in più rispetto ai beni importati.
La nostra industria manifatturiera è tra le prime al mondo e seconda in Europa. L’Italia è uno dei cinque Paesi al mondo (insieme a Cina, Germania, Giappone, Corea del Sud) con un surplus manifatturiero sopra i 100 miliardi di dollari annui. (Fonte WTO). Siamo i primi in Europa per produzione farmaceutica e secondi al mondo nell’industria del Legno-Arredo per surplus commerciale. Nel turismo siamo il 5° Paese al mondo per arrivi turistici internazionali.
Grandi eccellenze e punti di forza, ma anche tante fragilità:
Dopo la Grecia, siamo il Paese che in questi anni ha avuto la più bassa crescita economica e quello che ha il più basso tasso di occupazione, circa 10 punti al di sotto della media UE.
L’occupazione femminile si attesta intorno al 50%, e anche se in crescita, rimane quasi 15 punti sotto la media UE. Permangono elevate disuguaglianze territoriali tra Nord e Mezzogiorno, Sono cresciute enormemente le disuguaglianze e la povertà, è tornata a crescere la dispersione scolastica, e continua la diminuzione della popolazione con il record negativo di nascite nel 2019.
Abbiamo tantissimi italiani che lasciano il Paese, soprattutto giovani. Ci sono rischi enormi per la tenuta sociale che vanno disinnescati.
Ecco perché il Pd è la forza responsabile che dice: basta polemiche riaccendiamo l’Italia!
E dice a tutti: basta tatticismi e battaglie di posizionamento politico velleitarie: sosteniamo, insieme lo sforzo difficile del governo per ridare una prospettiva al Paese.

 

Abbiamo presentato il “Piano per l’Italia” con molti temi e costruito su alcuni cardini chiari: meno tasse sul lavoro, aumento dell’obbligo scolastico, parità salariale uomo donna, rivoluzione digitale, infrastrutture, semplificazione.

Bisogna coinvolgere tutte le forze produttive, le eccellenze del sapere e della ricerca, le organizzazioni sindacali, l’associazionismo i Sindaci i Presidenti di Regione le intelligenze di cui disponiamo.

Al governo chiediamo di lanciare subito un patto per lo sviluppo e il lavoro, per aggredire i problemi annosi che frenano il nostro potenziale di sviluppo. Usiamo il patto come la sintesi, la cornice politico programmatica da costruire insieme e intorno alla quale basare il rilancio della nostra azione.

Questo vuol dire prima di tutto semplificare e far funzionare meglio la pubblica amministrazione e il suo rapporto con imprese e cittadini. I Sindaci gli amministratori ce lo ricordano ogni giorno.

Dobbiamo disboscare la selva normativa che stritola l’Italia, accelerare le procedure e garantire tempi certi nel rapporto con lo Stato per chi investe e chi fa impresa.
Sbloccare i cantieri per trasformarli in infrastrutture, ricavi per le imprese e in decine di migliaia di nuovi posti di lavoro.

 

Dotiamo il Paese di una nuova politica industriale degna di questo nome per affrontare da protagonisti gli anni Venti di questo secolo attraverso il potenziamento degli incentivi per investimenti in ricerca, digitalizzazione e crescita dimensionale delle piccole e medie imprese, formazione continua, trasferimento tecnologico e sostenibilità.

I fondi stanziati con la legge di bilancio e Il Green Deal Europeo rappresentano una grande occasione per l’Italia e in particolare per il Mezzogiorno per migliorare la sostenibilità del modello di sviluppo, favorire una più equa transizione produttiva sostenibile, far ripartire la crescita, creare lavoro e innovazione.

Molto bisogna fare sul tema della formazione e della scuola e tanto altro ancora.
Bisogna guarire le ferite lasciate da troppo tempo aperte: penso innanzitutto alla necessità di superare i decreti propaganda di Salvini.
Basta subalternità perché di sicurezza in quei decreti non c’è nulla.
Noi riproponiamo che sia il governo ad approvare al più presto nuovi decreti che io chiamerei della vivibilità e della sicurezza urbana e delle città. Cosi si svuotano i decreti propaganda e si rilanciano le nostre proposte e idee, a partire dalle scelte importanti nei confronti delle forze dell’ordine contenute nella legge di bilancio e dagli investimenti sulla cultura, la vivibilità e lo sport, concordati con gli amministratori locali.

 

Una nostra idea alternativa e più efficace di sicurezza.
Oppure a proposito di ferite da affrontare il grande tema dell’informazione Rai.
Una settimana fa l’Agcom, per la garanzia delle comunicazioni ha disposto una multa di 1 milione e mezzo di euro proprio alla Rai per mancato pluralismo nei suoi programmi informativi.
Una multa senza precedenti. Quindi la Rai non ha assicurato soprattutto durante il passaggio cruciale dell’ultima tornata elettorale un’informazione corretta.
E questo è un danno per i cittadini. Ma c’è anche la beffa: perché questa multa sarà pagata on i soldi del canone, quindi dai cittadini.
Non va bene: secondo me questa multa deve essere pagata direttamente dai responsabili, cioè da chi ha commesso la violazione e da chi non ha effettuato il giusto controllo e la giusta vigilanza.

Tra l’altro lancio l’allarme perché dai dati che stanno uscendo ora, continua ad esserci una vistosa sovraesposizione di un partito politico rispetto a tutti gli altri.
La Rai, la principale azienda culturale italiana, non può essere utilizzata alla stregua di un citofono.
Di idee e proposte dunque ne abbiamo.
Qualcuno ha ironizzato sull’esserci riuniti in un abbazia. Ma è stato utile per arrivare all’appuntamento programmatico preparati .
Ora non lasciamo il “Piano per l’Italia” nel cassetto. Sono idee, proposte, intuizioni per cambiare.
Usiamolo nell’iniziativa parlamentare ma anche nell’iniziativa politica esterna in tutto il Paese per promuovere le nostre idee e raccogliere idee nell’iniziativa dei circoli nelle strade e nelle piazze, incontrando associazioni e forze sociali.
Un piano ripeto, noi lo abbiamo. Il Governo batta un colpo e noi dedichiamoci a radicare nella società questo impegno.

 

ORA RAFFORZIAMO IL CAMPO.

Di fronte alla destra italiana è necessario costruire un campo largo di forze democratiche, che veda protagoniste forze politiche, forze civiche amministratori associazioni e sensibilità diverse.
Il sistema proporzionale verso il quale stiamo andando permette ad ogni partito di mantenere la propria autonomia.
Di elaborare le proprie convinzioni, proposte e punti di vista.
Ho già detto: noi vogliamo essere la forza politica più unitaria. Forti di idee e proposte vogliamo confrontarci con gli altri. Vanno eliminati steccati e pregiudizi.
La boria dell’isolamento ci ha fatto perdere.
La presunzione di dare lezioni agli altri ci ha fatto perdere.
La mancanza di misura ci ha fatto perdere.
La onnipotenza velleitaria che inevitabilmente si sgonfia a contatto con la realtà ci ha fatto perdere.

Noi abbiamo tanto da dire. Ma lo vogliamo dire in mezzo agli altri. Attraverso un arricchimento reciproco. Così nasce il dialogo, la civiltà della politica, la crescita di ognuno e di tutti.
Non è subalternità è forza e autonomia e infatti il consenso cresce.
Anche nelle amministrative il pd più è unitario più raccoglie voti.
Non è una questione di stile. E’ il primo contenuto da affermare nell’Italia della “guerra” continua dei trofei da esporre, degli avversari da eliminare.
Proprio su questo Salvini ha dato i colpi più micidiali.
Ma allora se è così, il collante che tiene insieme i democratici nella loro unità e nella loro diversità è l’innata vocazione a ricostruire istituzioni forti, democratiche e liberali.

E tanto più saranno libere le persone tanto più ci sarà giustizia sociale.
C’è un disorientamento profondo sull’opinione pubblica. Il sovranismo e l’intolleranza hanno dilagato. Ma si intravede una stanchezza nei confronti di chi urla e chi distrugge. Cogliamola.
Facciamo di questo la premessa di tutto.
Cogliamola non solo per difenderci, ma per provare a ricostruire.
Cogliamola, perché essa può spostare in avanti i confini del campo che si oppone alla brutalità del nuovo autoritarismo che avanza.
Ci sono tante forze liberali, democratiche, repubblicane, cattoliche, moderate, che possono essere protagoniste di una riscossa politica, sociale e ideale.
Diamo loro una sponda. Rispettiamole e valorizziamole in tutti i territori anche in vista delle prossime regionali.

C’è un inedito bipolarismo; tra “civiltà” e barbarie”. Esercitiamolo fino in fondo.
Il Pd è tornato ad essere il pilastro del polo democratico e riformatore. Ci mettiamo al servizio per irrobustirlo e allargarlo.
Nella consapevolezza piena che la nostra stessa proposta economica e sociale e le nostre ambizioni ideali, sono tutt’uno con la salvezza della Repubblica. Per esercitare la vocazione “maggioritaria”, come sguardo che va oltre se stessi e parla all’insieme del popolo, abbiamo bisogno della Repubblica.
Abbiamo bisogno della Costituzione .
Abbiamo bisogno di una società umana.

 

L’Italia e il compito del governo, il campo da costruire dunque e poi noi.
Torniamo a vederci dopo la riunione di dicembre a Bologna dove, modificando lo statuto abbiamo dato avvio alla riforma del partito.
Dopo il voto del 4 marzo di strada ne abbiamo fatta molta insieme e ringrazio tutte e tutti.

In molti volevano un Pd morto e piegato.
Invece sono tantissime e tantissimi quelli che, in questi mesi hanno ripreso ad avere fiducia in noi.
Oggi senza iattanza ma con orgoglio possiamo dire che il Pd c’è, è tornato a crescere dove si vota e nei sondaggi pensa e combatte al servizio della nostra Patria, il Paese che amiamo.
Questa vitalità fa paura ai nostri avversari ed è da troppi disconosciuta.

Malgrado questo la verità è che si è aperto un processo politico complesso che dall’affermazione alle elezioni europee, alla vittoria di tanti sindaci, alla formazione del Governo, al primato in Calabria e alla bella vittoria in Emilia Romagna, nonostante alcune sconfitte ha rimesso al centro del sistema politico italiano il Partito Democratico.

Grazie innanzitutto. Grazie a chi ha combattuto in prima fila, direi in trincea per tutti noi.
Grazie per la straordinaria vittoria a Stefano Bonaccini che ha combattuto con intelligenza una battaglia difficilissima con un pd e una alleanza unita scommettendo su una sintesi giusta e felice, tra l’orgoglio per la propria storia riformista e l’innovazione di un progetto.
E grazie a Pippo Callipo, al partito calabrese che dopo un dibattito duro ora riparte come primo partito della Calabria.
Dicevano di noi: il Pd si scioglierà a causa delle polemiche, abbiamo sciolto le polemiche.

 

A qualcuno il fatto che il Pd cresca dà fastidio. Sento dire addirittura che stiamo diventando un partito populista. Fatemelo dire: questa è una sciocchezza enorme.

Noi siamo quelli che stanno sminando l’Italia dal rischio populista e sovranista.

Noi vogliamo lanciare un messaggio chiaro: è tempo di ricostruire.
Ora è possibile farlo.
Sul rafforzamento del profilo riformatore del Governo con l’individuazione di una agenda 2023 un programma di politiche condivise e sul quale le forze della maggioranza lavorino insieme in uno spirito leale e solidale ho già detto.
Occorre un impegno straordinario per sottrarre questa esperienza di Governo dalle scorribande politiche che lo allontanano dalla società.

IL PD E LA COSTITUENTE DELLE PERSONE.

Accanto al buon governo e alle alleanze occorre una rinnovamento radicale del Pd e del suo progetto politico che richiederà sforzo di apertura, creatività e radicalità nelle scelte, anche se dentro un calendario pieno e complesso di elezioni e iniziative parlamentari
E’ tornata nelle piazze e non solo una voglia di buona e bella politica alla quale abbiamo il dovere di dare risposte.
Abbiamo rimesso il Pd al centro del sistema politico.
La legge elettorale sulla quale stiamo lavorando riproporrà il tema di un grande partito a vocazione maggioritaria con una chiara identità ma plurale nella sua cultura.
Come ho detto a dicembre con le modifiche allo statuto abbiamo immaginato una forma partito molto più aperta.
Circoli ma non solo, punti Pd tematici in ogni luogo e altro ancora.
E’ vitale il ruolo degli amministratori dei Sindaci che stanno in trincea e devono contare di più.

Oggi far parte del Pd a volte invece è una fatica, bisogna mettersi in fila e poi quando arriva il proprio turno a parte molte lodevoli ed eroiche eccezioni il Pd non si trova, si trova il capocorrente.
Non demonizzo il pluralismo delle idee condanno la frenesia organizzativa che in assenza di idee blinda e chiude.
Utilizziamo dunque questi mesi che abbiamo, accanto all’impegno per il Governo al dialogo unitario con forze politiche civiche e sociali per aprire il cantiere e costruire un partito nuovo.
Che investa e trasformi i suoi luoghi intorno a campagne presenza nei territori nei quartieri.
Ma questo non basta.

Gli anni venti di questo secolo, lo abbiamo detto a Bologna, lo ripetiamo ogni volta, sono cruciali perché ci giochiamo il futuro dell’intero pianeta. Quello che saremo capaci di fare o di non fare oggi condizionerà non solo il nostro domani, ma soprattutto quello dei nostri figli e dei figli dei nostri figli. Per questo dobbiamo agire “Oggi per un domani”. Per questo abbiamo pensato così la tessera del nostro partito.

 

La prossima settimana partirà la campagna di tesseramento. Non sarà semplicemente un momento di militanza o di richiesta di adesione. Vogliamo farne una campagna di partecipazione, di battaglia politica su un’idea di società condivisa, di posizionamento del PD su valori per noi non negoziabili e che in questo clima di intolleranza, sono fondamentali.

 

Perché nel mondo e anche a casa nostra c’è chi pensa di risolvere i problemi alzando muri laddove c’è bisogno di vedere orizzonti carichi di speranza, perché dobbiamo sostituire all’indifferenza che distrugge, la cura che fa crescere e sbocciare, perché siamo quelli che sanno che con l’uomo solo al comando non si salva nessuno e insieme siamo più forti, perché siamo stanchi di chi urla parole vuote senza soluzioni ma vogliamo proporre e costruire una società più libera e giusta.

 

Insomma in questo momento di grande confusione e di grandi paure, di forti bisogni e di necessari forti impegni lanceremo una campagna di tesseramento per rimarcare da che parte stiamo e chiedere a quell’Italia scesa nelle piazze di farlo insieme a noi.

Per dire che no, non esiste un solo modo di essere forte, che la comunità è la nostra forza, che saremo tutte e tutti pancia a terra ad allargare i diritti, non a sottrarne, a raccontare che contro l’odio c’è una sola arma giusta, l’amore.

Chiediamo dunque di tesserarsi non semplicemente ad un partito, ma a un movimento di popolo che che sa da che parte stare: quella democratica, antifascista, umana.

Io vi propongo insieme al rilancio e rinnovamento del partito di aprire una fase costituente diversa, aperta, che vada oltre noi, oltre a quelli che si sentono già del Pd.
Iniziamo a ricostruire un tessuto civile e democratico oggi troppo debole.
Il PD deve avere un’ambizione maggioritaria nel senso che deve saper parlare a tutto il paese con una proposta di cambiamento in nome del futuro di ognuno.
Ma questa ambizione non deve sfociare in alcun modo in una tendenza onnivora di cannibalizzazione degli altri, di presunzione di inglobare tutto, associazioni gruppi movimenti per poi spegnere la loro alterità nelle nostre dinamiche interne mortificando cosi le loro potenzialità.

Ecco perché il partito va rinnovato ma non basta.
L’apertura si deve realizzare oltre che nel nostro rinnovamento anche attraverso forme nuove di democrazia nel territorio nella società. Per arrivare a tutte le persone, che avvertono l’esigenza di un impegno, di incontrarsi, discutere, decidere, esercitando la propria responsabilità personale.
Le abbiamo chiamate nella nostra storia in tanti modi: comitati, gruppi, Agorà, Piazza Grande un altro modo.
Non dobbiamo avere paura di un processo politico straordinario, lo abbiamo reso possibile nello Statuto. Non è una fuga dall’agenda quotidiana. Ma è un atto di autonomia politica e culturale per essere più forti nell’agenda quotidiana.
Vi propongo un processo non sui nomi ma di coinvolgimento, di dialogo e di apertura su idee e proposte che permetta di unire una parte d’Italia in una visione condivisa di futuro.

Un appuntamento che abbia la capacità (lanciamolo e facciamolo noi), di chiamare L’Italia intera In questo frangente dei tre anni che abbiamo davanti prima della fine della legislatura.
Ma non abbiamo visto l’esperienza delle sardine? Quanta disponibilità c’è a partecipare a percorsi di buona politica. Noi penso dobbiamo entrare in sintonia con questa disponibilità. Per anni, fatemelo dire così, abbiamo chiamato le persone ai gazebo a votare sulla scelta del leader deciso da noi. Va bene, è servito.
Penso che in maniera originale noi dovremmo ora inventare un percorso che questa volta chiami le persone non solo a votare ma a discutere a parlare a confrontarsi e a decidere su un progetto di idee e sulle scelte da mettere in campo. A costruire luoghi nuovi e liberi. Non targati da nessuno, ma avvertiti propri da tutti.

Questa è la nostra funzione: offrire cioè proprio in un momento nel quale siamo impegnati nel governo, un’occasione di confronto, elaborazione collettiva alla base della società, anche di iniziativa nelle strade, nei quartieri nei paesi.
Penso a campagne o iniziative da promuovere su 3/ 4 proposte semplici contro la burocrazia che soffoca persone o imprese. O grandi appuntamenti per preparare un equity act sul quale raccogliere migliaia di firme.
Costruire con gli altri reti che ancora non ci sono, per far partecipare le persone, renderle protagoniste di un riformismo anche dal basso. Ricostruire comunità.
Unire e mobilitare le coscienze. Combattere la solitudine e il degrado non solo a parole o la presenza a volte goffa in campagna elettorale, ma con la presenza e l’impegno quotidiano per combattere il degrado la regressione civile e morale.
Eccola la funzione del PD.

Si voterà, forse a metà maggio, in importanti regioni.
Avviare nell’incertezza politica di queste ore un processo di tipo congressuale anche solo politico è rischioso ma non fermiamoci intanto avviamo comunque una vera e propria costituente delle persone e delle idee.
Un percorso di iniziativa esterna che se saremo d’accordo partirà con un regolamento un manifesto e che poi si sviluppa in tutta Italia con un grande dibattito.

Certo nei circoli, con i nostri iscritti che discuteranno, presenteranno delle mozioni e degli ordini del giorno, parleranno di politica e non di posti, di nomi o di liste ma di quello che vogliono costruire per il futuro dell’Italia.
Ma vi propongo anche in 10.000 assemblee in un incontro esterno e mobilitazione esterna almeno uno in ogni comune per organizzare questi incontri direi ognuno potrà promuoverlo, aderire, persone associazioni comitati gruppi segnalandolo appuntamento in una piattaforma digitale.
Tutto questo potrebbe partire da un grande appuntamento di piazza a Firenze al quale invitiamo donne, uomini, intellettuali, imprenditori lavoratori.
Questo nuovo spazio democratico non deve essere una sede del pd aperta agli altri. Deve essere una sede neutra, libera, promossa in tutto il territorio nazionale dalle forze più diverse. Rigorosamente aperta tutti.

 

Costituiremo un comitato nazionale anche a figure esterne che ho chiesto a Dario Nardella Sindaco di Firenze di coordinarlo.
Sarebbe meraviglioso se si potesse unire la nostra discussione interna, che faremo nei circoli con la creazione di questa rete nuova di democrazia civile.
Sarebbe un elemento di rigenerazione della nostra democrazia.
Sarebbe finalmente la sede nella quale questo campo progressista, storicamente conflittuale e diviso, potrebbe incontrarsi in un interscambio senza pregiudizi facendo crescere una sensibilità comune, e una pratica di decisioni che di volta in volta si uniscono o dividono persone o non partiti organizzazioni predefinite.
Quello che verrà fuori della discussione delle cento mille diecimila piazze da costruire sarà determinante e sapete perché sarà determinante?
Perché costruirà quella rete civile che un tempo forse garantivano i grandi partiti di massa e che oggi non garantisce più nessuno ; e cosi la destra troverà nelle coscienze e nella società anticorpi e resistenze ai sui slogan eversivi.

 

Per avviare questo percorso costituente occorre partire subito- Io la vedo cosi: costruire insieme un idea dell’Italia e reti civili che la sostengano.
E’ difficile da immaginare? Si ma sarà bellissimo da fare e sarà utile anche per vivere le elezioni amministrative immersi nell’iniziativa tra le persone
Voteranno sette regioni per oltre 21 milioni di abitanti, tre collegi e oltre 1000 comuni.
Il 29 sul referendum: lo dico con franchezza questo referendum è un errore e un inutile perdita di denaro.
Rispetto ma non condivido chi anche del Pd lo ha sottoscritto. Abbiamo votato e voteremo si perché in quel si c’è il rispetto di un accordo di Governo e l’apertura di un processo di riforma e di garanzie di cui tutti si devono fare carico. Francamente poi nell’era dei populismi non ho capito che bisogno c’era di chiamare gli Italiani a pronunciarsi con un si o con un no su quello che rischia di diventare un referendum sul parlamentarismo.

Vedremo con le date come poter conciliare tutto.
Sulle Regionali si sta decidendo garantendo lo sviluppo di percorsi autonomi.
La costituente delle persone ci serve proprio ora.
Non vediamola come una chiusura in noi stessi ma come uno sforzo per unire in pogetti comuni tutto e tutti. E lavoriamo per unire in progetti comuni e programmi chiari.
Ma questo processo di apertura ci serve proprio ora per svolgere campagne elettorali la cui sostanza non siano solo le preferenze.
Ci serve definire un manifesto dei valori, dell’identità, del profilo della nostra comunità. Ci serve una visione del mondo che da troppo tempo ci manca.

 

E’ ARRIVATO IL TEMPO.

Un manifesto per dire che è arrivato il tempo del coraggio collettivo, della passione comune, di una nuova speranza che attraversi l’Italia da nord a sud.
E’ arrivato il tempo della sfida più grande: diventare il partito di cui l’Italia ha bisogno, quello che cambierà davvero il nostro Paese.
Anche nei momenti più complessi e durante le salite più impervie, non ci siamo mai arresi e abbiamo continuato a lottare. Sarebbe ingeneroso non riconoscercelo.
Ora, però, è arrivato il tempo di ripensare le nostre parole, superare i nostri limiti, rompere i confini che in questi anni si sono costruiti intorno a noi.
E’ arrivato il tempo di cambiare, perché abbiamo il dovere di essere all’altezza di queste sfide. Perché le persone hanno diritto a un futuro migliore .
E’ il tempo come abbiamo sempre detto di un Partito Democratico che non esaurisca la propria funzione al Governo delle Istituzioni perché la sfida alle destre a ai sovranisti si gioca nella società, territorio per territorio, Comune per Comune.
Dobbiamo organizzarci per portare la speranza e la solidarietà, dove oggi imperano l’odio e la rabbia.

E’ arrivato il tempo di smentire i luoghi comuni e le vulgate ideologiche che per molti anni sembrava ci avessero imprigionati.
Per decenni ci hanno raccontato che non c’erano alternative e che vivevamo nell’unico mondo possibile.
A volte ci è anche capitato di crederci; per questo abbiamo inseguito gli schemi e le idee dei nostri avversari. Ci hanno raccontato che le nostre parole e i nostri valori erano diventati “vecchi” e “superati”.
Per anni ci siamo trovati ad amministrare un mondo costruito da altri. E proprio in quegli anni la crescita è diminuita, le diseguaglianze sociali sono aumentate e i diritti sono diventati più fragili. Il destino delle persone è tornato prepotentemente a essere determinato dalle condizioni economiche e sociali dei genitori.

E’ la destra a uccidere le speranze, noi siamo chiamati a ricostruirle.
E’ tornato il tempo di non avere paura di ciò in cui crediamo. La nostra missione è realizzare un Paese più competitivo, più verde, più giusto, più unito e più forte.
Con sempre più orgoglio e sempre meno timidezza dobbiamo rappresentare l’Italia che ogni giorno combatte per produrre, contro le diseguaglianze, contro l’esclusione sociale e l’imbarbarimento, per i diritti e la solidarietà.
E’ arrivato il tempo di osservare il mondo con le lenti dell’ambiente. L’ambientalismo non sarà per noi un punto del programma elettorale o l’argomento di una conferenza stampa: sarà il paradigma dell’unico modello di sviluppo possibile in questo secolo per orientare tutte le politiche pubbliche dei prossimi decenni.

E’ tempo di investire sulla conoscenza.
Un grande piano di investimenti per un grande progetto formativo che coinvolga tutta l’Italia. Perché la cultura, la conoscenza e la formazione sono l’unico architrave possibile per un ciclo lungo di crescita ed equità, per sconfiggere con la cultura l’odio sociale alimentato dalla crescita delle disuguaglianze e cavalcato dalla destra populista e sovranista.

La conoscenza è la chiave per rimettere in moto la mobilità sociale. L’investimento pubblico deve intervenire per allargare e garantire l’accesso alla conoscenza a tutte e tutti, per esempio con la gratuità completa dell’istruzione per le famiglie con redditi Isee fino a 25 mila euro. Una società ingiusta è una società che discrimina le capacità e le competenze e le energie di tutte e tutti coloro che non hanno la fortuna di nascere in un contesto sociale capace di valorizzarle.
E’ tempo di riconoscere il ruolo della ricerca. In quante occasioni siamo stati orgogliosi dei ricercatori e delle ricercatrici italiani? Quante volte abbiamo però riconosciuto che le loro condizioni di lavoro sono troppo più basse rispetto a tanti altri Paesi del Mondo. E’ una discriminazione nazionale che non possiamo sostenere.

E’ tempo di scuole più belle più sicure e più aperte. Luoghi pubblici che possono rafforzare la funzione di presidio sociale del territorio, rendendoli i luoghi del confronto tra generazioni diverse.
L’investimento sulla formazione significa anche riconoscere l’importanza dell’autorevolezza delle insegnanti e degli insegnanti di ogni ordine e grado. Per farlo non è più rinviabile la decisione di aumentare gli stipendi agli insegnanti italiani, allineando la loro retribuzione alla media europea.

E’ arrivato il tempo di cambiare l’Europa e di una battaglia globale contro i vecchi e nuovi nazionalismi. Nel Mondo e in tutta Europa spira forte il vento del nazionalismo peggiore. Un vento che ci vuole riportare nel passato, in una stagione che speravamo fosse definitivamente archiviata.

Invece, favoriti dagli effetti devastanti della crisi economica e cullati dall’emergere dell’odio e del rancore, stanno riaffiorando con sempre più tenacia vecchi e nuovi nazionalismi: si fanno chiamare “sovranisti”, ma muovono dagli stessi presupposti di sempre. E’ lo stesso linguaggio di allora, è lo stesso pericolo di un secolo fa. Noi non possiamo tollerare di riavvolgere le lancette della storia a una stagione di odi e rivalità nazionali.
Anche per questo ci definiamo orgogliosamente europeisti.
L’Europa è il destino che abbiamo scelto e la strada che senza dubbio vogliamo continuare a percorrere. Proprio la Brexit e il risultato delle ultime elezioni in Gran Bretagna ci devono spingere a lottare ogni giorno per una nuova Europa.
E’ la nostra speranza per un futuro di pace, prosperità e sviluppo sostenibile. A chi dice che negli anni 20 del duemila ci si possa salvare da soli, alzando confini e barriere dobbiamo rispondere con nettezza: “siete il passato. Siete pericolosi perché ci volete portare indietro a un tempo in cui l’Europa era terreno di conflitti nazionali”.

Invece, noi progressisti, democratici, sinistra di tutta Europa dobbiamo lottare insieme, senza timidezza: abbiamo bisogno di politiche comuni per affrontare le grandi sfide del tempo presente.
Per questo è il tempo di costruire un’altra Europa: l’Europa delle persone e dei cittadini europei.

 

E’ il tempo di nuove politiche industriali e una nuova responsabilità sociale dell’impresa, che rimettano al centro la funzione strategica dello Stato come promotore di sviluppo, innovazione e sostenibilità. Promotore di comunità e l’impresa è comunità fondamentale per la democrazia.
Uno Stato innovatore che in una fase di radicale cambiamento aiuti la transizione verso il nuovo con investimenti mirati, favorendo il trasferimento tecnologico, istituendo un organo collegiale per la definizione di indirizzi alle imprese a partecipazione pubblica, sostenendo l’innovazione nei settori del futuro: dal digitale, alla scienza medica.

E’ tempo che lo Stato capisca che deve aiutare chi produce a farlo e non con la sua burocrazia a bloccarlo. E’ tempo che lo stato valorizzi in questo il ruolo degli amministratori dei Sindaci che sono una risorsa immensa e non un costo da controllare.
E’ il tempo di dire parole che conservino la memoria, che aiutino le prossime generazioni ad avere alcuni appigli solidi, perché i drammi accaduti nel ‘900 si debbano mai più ripetere.

Le parole, tra le altre, di Liliana Segre, di cui tutti noi siamo un’orgogliosa scorta.
Diciamolo senza nessuna timidezza: in Italia non c’è spazio per l’odio. L’odio genera esclusione, razzismo, omofobia, machismo. L’odio produce la guerra dei penultimi contro gli ultimi. L’odio avvelena il bisogno comunità. L’odio conduce la storia sui binari sbagliati.
Quella contro l’odio è una battaglia che ci deve unire tutte e tutti, perché oggi il mondo non si divide tra credenti e non credenti o tra fedeli di diverse religioni, ma tra chi mette al centro l’umanità e chi alimenta l’odio, l’egoismo e l’esclusione.
E’ giunto il tempo di un nuovo e radicale umanesimo ispirato alle grandi tradizioni del riformismo democratico e popolare.
Per questo da oggi chiamiamo l’Italia a una grande rivolta culturale, etica e civile on una campagna per dire “non c’è spazio per l’odio”.

E’ arrivato il tempo di aprirci senza esitazione al pensiero delle donne e di comprendere il valore del loro contributo. E’ il tempo di dire per sempre addio al patriarcato. Perché l’Italia non cambierà mai davvero fino a che ci sarà vera e assoluta parità di genere e fino a che le differenze di genere non saranno percepite come una straordinaria ricchezza per il cambiamento.
Perché le libertà delle donne di poter decidere per la loro vita è per noi un assunto imprescindibile. Perché il modello il modello di potere patriarcale fondato su “maschi alfa” soli al comando sta conducendo il mondo in un vicolo cieco.
Perché i tetti di cristallo è tempo che siano abbattuti, tutti.
Perché la parità di salario tra uomo e donna è per noi una battaglia campale. Perché non è più tollerabile vivere in un paese in cui una donna si deve sentire costretta a scegliere se essere madre o fare carriera.
Noi siamo quelli che difenderanno sempre, con tutte le loro forze, le battaglie, i diritti e i luoghi delle donne. Che sono sotto attacco. Perché, vedete, li abbiamo visti a Verona. Li abbiamo sentiti in Parlamento: usano le donne e i loro diritti ai fini un disegno politico reazionario e retrogrado.

 

Noi gli sbarreremo la strada. Noi non permettiamo che un ex ministro vada in giro a dire che le straniere “incivili” intasano i pronto soccorso per abortire.

Noi piuttosto pensiamo, oggi, come è stato in tanti altri momenti cruciali della storia, nel protagonismo delle donne ci sia un punto essenziale di ricollocazione strategica dell’economia e della società italiana.

E’ arrivato il tempo di un nuovo protagonismo generazionale. I giovani di oggi sono una generazione nativa digitale, cresciuta ai tempi della crisi economica e ambientale, diventata grande all’ombra della precarietà. Abbiamo bisogno delle loro competenze, della loro energia, del loro punto di vista. Non possiamo mai più dire a un ragazzo o una ragazza di aver pazienza, non possiamo mai più dire loro di aspettare il loro turno.

E’ il tempo che i giovani diventino protagonisti del tempo presente anche nel campo democratico e progressista.
Potrei continuare e continueremo.
Il tempo di cambiare la politica.
Questo è il senso. E’ arrivato il tempo di un nuovo modo di fare politica. Che sia determinato ma più gentile, umano, accogliente. A misura di tutti, uomini e donne.
E’ il tempo di una politica che si prenda cura della vita delle persone e che non dimentichi il bisogno di sentirsi parte di una comunità. Che sappia bilanciare la concretezza dell’agire con i nostri orizzonti ideali più alti.
E’ arrivato il tempo di una politica che non rinunci mai più a sognare un mondo diverso: perché è nella dimensione delle utopie possibili che noi sapremo nuovamente aggregare le speranze migliori di questo Paese.
E’ arrivato il tempo della politica al servizio della persona, non viceversa. Non possiamo essere ostaggio di una diatriba mediatica tra politica e antipolitica, perché per noi c’è una sola via possibile: la buona politica, quella con la P maiuscola.

E’ arrivato il tempo di un nuovo Partito Democratico. Più democratico, più aperto, più trasparente, più chiaro nelle parole e nel linguaggio. Più unito e più forte.
Unito certo negli accordi tra gruppi dirigenti perché questo aiuta ma non a cristallizzare ma a contaminarsi e ad unire il suo corpo più esteso.
L’Italia ha bisogno di un partito che sappia stare insieme con umanità e solidarietà. L’Italia non ha bisogno di un Partito Democratico concentrato sui suoi litigi.
E’ arrivato il tempo di un PD costruito sul noi, non sull’io. A tutti i livelli, su tutti i territori. Costruire un partito sul “Noi” non può orientare solamente le modalità del gruppo dirigente nazionale, ma significa che anche nelle strutture locali si perda il vizio del personalismo o di immaginare il partito come proprietà di qualcuno.

Il PD è una grande forza collettiva, che appartiene a tutti coloro che vogliono impegnarsi per un’altra Italia.
Il nostro imperativo deve essere “costruire comunità aperta”: nei rapporti reciproci di solidarietà interna, ma anche e soprattutto nella relazione con i territori del nostro Paese. Radicarsi territorialmente e costruire comunità sono due aspetti della stessa missione. I nostri circoli, i nostri spazi devono diventare luoghi aperti al territorio, ai suoi bisogni, alle sue risorse, alle sue energie.
Nessuno aspetti l’indicazione , Apriamo spazi democratici per dare un contributo concreto allo sviluppo di progetti ed alleanze territoriali per sostenere innovazioni di welfare comunitario.
Viviamo un’epoca dove le solitudini delle persone pesano come macigni. Milioni di persone che si sentono sole a combattere le sfide quotidiane, abbandonate dalle Istituzioni e dalla politica.

 

In quei luoghi deve tornare il PD, aprendo (anche fisicamente) le proprie porte, organizzando alleanze con il terzo settore e le associazioni per tornare a dare punti di riferimento alle persone. Valorizzare i nostri amministratori locali, rafforzare il rapporto con le realtà civiche nei piccoli comuni: sono il riferimento di frontiera dei democratici e delle democratiche.
E’ tornato il tempo di un partito che si impegni quotidianamente, ogni giorno, perché nessuno si senta mai più solo.
E fatemi dire in conclusione: è arrivato il tempo dell’orgoglio per il nostro riformismo . Un riformismo che cambia le condizioni di vita del popolo, che accorcia le distanze sociali, che spinge le forze produttive che creano ricchezza, che riporta nella politica l’etica pubblica, la sobrietà e l’esempio, che pone al centro l’esistenza degli esseri umani. O il riformismo è questo, o è partecipato e sentito dai cittadini come utile e concreto, o ha questa tensione morale e civile, o è questa disposizione al dialogo e al confronto o altrimenti non è. E diventa un susseguirsi di ricette astratte, di intenzioni velleitarie, di comportamenti elitari e autoreferenziali. Diventa il gergo di elite che si sentono tanto innovative quanto sono in realtà subalterne ed impotenti.

Il vero riformismo è sempre un pensiero umanistico. Ecco perché parlo di un nostro legittimo orgoglio. Perchè noi uniamo la radice umanistiche delle correnti di pensiero e delle storie che sono confluite nel momento della nostra nascita. L’umanesimo socialista, quello cattolico e cristiano, quello laico, repubblicano e liberale. La sintesi di queste visioni umanistiche non è davvero un contributo che paghiamo al passato. Ci permette, al contrario, di vedere con occhio limpido e forte le contraddizioni del mondo di oggi. Non è proprio oggi in discussione l’integrità non solo economica e sociale ma anche esistenziale e spirituale delle persone? Non è proprio dal Pontefice che vengono la parole più aspre contro gli eccessi , la smisurata voracità, le conseguenze disastrosa per la nostra stessa specie dell’attuale capitalismo senza regole e senza politica? Usciamo dalla risacca di certe nostre schermaglie quotidiane. È un nucleo profondo che ci unisce. Attingiamo da esso per ritrovare il pensiero che ci serve.

 

Ci vedremo insieme presto in un’altra assemblea nazionale. Ma se faremo almeno in parte quanto stiamo discutendo, ci ritroveremo in un italia migliore

E’ tornato il tempo di un partito che si impegni quotidianamente, ogni giorno, perché nessuno si debba mai più sentire solo.
Ci vedremo insieme presto in un’altra assemblea nazionale. Ma se faremo almeno in parte quanto stiamo discutendo, un azione riformista più forte, un rinnovamento del pd, l’avvio della costituente delle persone per di una rete civile di spazi democratici, vincere le elezioni, ci ritroveremo in un italia migliore. E questo dipenderà in gran parte da noi, ma questo da di nuovo un senso repubblicano alla nostra esistenza.

 

 

CORONAVIRUS

“Il nostro pensiero va a tutte quelle persone, quei volontari, amministratori, infiermieri, medici, e cittadini impegnati a fronteggiare il Coronavirus. In alcune Regioni ha iniziato a farsi sentire in maniera drammatica”. Per il segretario “ora è il tempo della scienza, della buona sanità, della buona collaborazione, del non sottovalutare nulla e dell’organizzarci. E lo dico anche alla luce di stupide polemiche che leggo. E’ il tempo dell’unita’ del Paese per fronteggiare questa emergenza e della collaborazione massima, cosa che da parte nostra ci sarà”.

 

“Non lo faccio mai, ma oggi devo rispondere a Salvini che si è permesso di commentare questi nostri lavori ironizzando che, mentre l’Italia è preoccupata dal Coronavirus, noi parleremmo dei suoi decreti propaganda. Io vorrei dire che chi, di fronte a tema così enorme come quello del dovere etico e morale di rassicurare i cittadini, si preoccupa in maniera furbesca a meschina di fare polemica politica conferma solo una cosa: stiamo parlando di un leader non adeguato a prendere in mano le redini di un grande Paese. Si vergogni”.

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