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Fassino: per una coalizione serve un lavoro di squadra

Fassino, un compito improbo il suo. Da uno a dieci, quante chances si dà? Come finirà?
 
«Non lo so, di nessuna partita si sa l’esito quando comincia. Io non metto confini alla divina provvidenza, lavorerò con totale disponibilità all’ascolto di tutte le proposte».
 
Ha già preso contatti con Bersani e D’Alema?
 
«No, ancora devo organizzare il lavoro, Renzi mi ha comunicato che voleva assegnarmi questo incarico un’ora prima della Direzione. Ora prenderò contatti con i diversi esponenti nel campo del centrosinistra e avvierò un giro di colloqui. Concordando e condividendo ogni passaggio con gli altri dirigenti del Pd, tutti. Sia con Renzi e la Segreteria, sia con le minoranze interne, è necessario un lavoro squadra».
 
Possibile un confronto in streaming tra Renzi, i dirigenti Pd e gli ex compagni di partito?
 

La Direzione Pd ha dato la più ampia disponibilità a un confronto vero


 
«Vedo che ormai lo streaming è caduto in disuso. Battute a parte, non ci sono preclusioni a incontrarci e confrontarci con spirito aperto, nelle forme che anche i nostri interlocutori decideranno».
 
Certo si comincia in salita. Bersani dice che le chiacchiere stanno a zero, ora vuole i fatti. Cosa potete offrire a Mdp?
 
«Intanto credo sia importante incontrarsi, perché da mesi ci parliamo tramite interviste. La Direzione Pd ha dato la più ampia disponibilità a un confronto vero e solo facendolo potremo verificare se e come possano esserci punti di possibile intesa».
 
Ma una base di partenza quale può essere? Cambiare il jobs act come chiede Bersani?
 
«Io credo che il Jobs Act abbia prodotto dei risultati, creando posti lavoro. Da lì si può partire per altre misure per il lavoro, ad esempio per stabilizzare a tempo indeterminato i contratti oggi a tempo determinato.
 
Così come insieme possiamo identificare provvedimenti di welfare con cui rimarginare le ferite sociali che la crisi ci ha consegnato e, oltre al reddito di inclusione, misure per favorire protezione ai settori fragili della società.
 
Poi c’è il grande tema dei giovani: mettiamo in campo un grande piano di investimenti su scuola, università, formazione, lavoro. Tutti temi su cui arrivare a delle proposte comuni».
 
Nel suo bouquet ci saranno le primarie di coalizione?
 
«Non siamo preclusi a nessuna proposta. Si tratta di discutere sia i punti programmatici, sia di assetto di un’eventuale coalizione».
 
Pensa vi sia qualcuno malato di sconfittismo? Che pur di far perdere Renzi sia disposto a far vincere destra o grillini?
 
«Mi auguro non ci sia questa pulsione: continuo a pensare che chiunque si collochi nel campo di centrosinistra abbia ben presente che davanti all’Italia ci sono due rischi: che torni un centrodestra, per di più prigioniero dell’estremismo di Salvini; e che arrivi il Movimento 5Stelle, che su nessun tema strategico ha proposte che accreditino una reale capacità di guidare il Paese.
 
Solo il centrosinistra può dare prospettive di stabilità e di crescita all’Italia. Spero che nessuno lavori alla sconfitta».
 
Quelli di Mdp dicono che alleandosi col Pd perderebbero molto del loro elettorato…
 
«Dipende dai contenuti con cui ci presentiamo. E in ogni caso l’obiettivo comune deve essere conquistare voti, non perderne».
 
La mano tesa del Pd dà anche l’impressione di una mossa obbligata per non offrire alcun alibi a chi vi accuserà un domani di esser andati divisi. O no?
 
«Noi siamo sinceri: il voto siciliano rende evidente che andare divisi significa essere meno credibili e siamo mossi da una sincera volontà di dar vita a un centrosinistra largo e inclusivo che ha più possibilità di vincere».
 
Orlando chiede di dare subito segnali concreti, a partire dalla legge di bilancio. Concorda?
 

Importante approvare lo Ius soli e la legge sul fine vita: un bel segnale alla società italiana


 
«Sì già nella legge di bilancio possiamo dare segnali e raccogliere sollecitazioni per misure sul lavoro e di protezione sociale. Così come credo sarebbe un fatto importante approvare lo Ius soli e la legge sul fine vita: sarebbe un bel segnale alla società italiana, oltre che di unità del centrosinistra».
 
Lei ha detto in Direzione che bisogna rivendicare le cose buone fatte dal governo: le pare il modo migliore per agganciare la sinistra?
 
«Io ho detto che è difficile andare a chiedere un voto per governare altri cinque anni dicendo che abbiamo sbagliato tutto. Dobbiamo rivendicare le cose buone e al tempo stesso, senza imbarazzi, riconoscere quelle che non hanno funzionato, facendo un bilancio obiettivo.
 
L’economia torna a crescere e qualche merito sarà pure di chi ha governato o no? Possiamo rivendicare leggi come le unioni civili, il “dopo di noi”, la lotta al caporalato e altre ancora. E allo stesso tempo riconoscere le insufficienze, inserendo politiche nuove nel nuovo programma».
 
Quanti collegi perderete correndo con il nemico a sinistra? Le simulazioni dicono 40 e passa…
 
«Le simulazioni non tengono conto dei candidati, che contano, specie nei collegi. Ma è chiaro che se vai diviso hai meno possibilità».
 
Nel 2008 lei provò a fare l’accordo con Rifondazione, ma Bertinotti disse no e Veltroni perse, giusto? Non le fa impressione dover trattare con D’Alema oggi?
 
«Ma con lui ho condiviso tanti anni di comune impegno politico: le diversità politiche non fanno venir meno un rapporto personale che consente di parlarci senza reticenze.
 
E comunque io sono pronto a ragionare senza pregiudizi e con sincera disponibilità all’ascolto e alla ricerca di ciò che ci può unire. Che poi è quel che il popolo del centrosinistra chiede a tutti noi».

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