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Calenda: “Lavorerò con il Pd ma bisogna rafforzare il centro moderato”

Malgrado abbia fatto il pieno di preferenze nel Nord Est, Carlo Calenda non canta vittoria per il buon risultato suo e della lista unitaria del Pd, «perché la cosa deludente è la conferma che un pezzo di paese vada dietro ad uno che ha una manifesta inadeguatezza al lavoro: è come fosse un attore, fa tutto tranne che lavorare, ma è stato premiato lo stesso».
 

E perché secondo lei?

«Perché troppi cittadini si cullano nell’illusione che possiamo spendere ciò che vogliamo e applicano un criterio dell’etica pubblica che non è quello dell’etica privata: affidandosi a un signore che non lavora e porta l’Italia verso il baratro, nella vana speranza che questo non succederà. Invece sarà un amaro risveglio, ma il nostro sforzo sarà convincere i cittadini che saranno loro a farsi male per primi».
 

Insomma è andata meglio di quanto speravate o no?

«Per l’Italia nel complesso è andata male, sarà isolata in Europa, in una situazione di fragilità finanziaria ed economica e lo vedremo immediatamente nei prossimi mesi quando il governo sarà portato al crollo. Perché è evidente che questo governo sia finito. È una buona notizia il crollo di Di Maio e dei M5S. Ma se vanno avanti così rischiano di prosciugarsi. In un partito normale Di Maio si sarebbe presentato dimissionario. Ma quello è un partito gestito da una S.r.l. e dipende da cosa decide Casaleggio. Un partito in implosione: se lo lasciano nelle mani di Di Maio, lui resterà incollato al governo fino alla fine dei suoi giorni. Ma per loro sarebbe un suicidio restare lì e quindi il governo cadrà».
 

Con i M5S potreste aprire una qualche interlocuzione se dovessero ravvedersi dall’alleanza con Salvini?

«Non avranno ravvedimenti perché nascono come operazione antidemocratica. Sono dei casinari e non gestiscono nulla, hanno una classe dirigente impresentabile e un dna antidemocratico, quindi sono molto più vicini alla Lega. Senza fare pastrocchi, va costruita una grande coalizione con popolari, liberaldemocratici e socialdemocratici, che si riprenda il paese. Con facce nuove, persone di qualità, giovani preparati. E con un programma sulle tre priorità indicate anche dal Pd, salari, impresa sostenibile e scuola».
 

E invece cosa farà ora Zingaretti a suo parere? Come dovrebbe spendere questo risultato positivo?

«Beh, con questo risultato abbiamo ricordato di essere vivi, ma abbiamo anche perso 100 mila voti rispetto alle politiche e sono contento che il Nord Est sia la sola circoscrizione in cui il Pd guadagni voti. Avremmopotuto fare molto meglio però se ‘+Europa‘ non avesse avuto un’incomprensibile propensione al suicidio, buttando via un buon 3% di consensi. Lo ha fatto magari in vista di un domani per trattare meglio alle politiche, ma così escono devastati, difficile che possano bastare come braccio liberal democratico del Pd. Noi abbiamo bisogno di rafforzare il centro e di costruire un’alleanza ampia che metta insieme un centro liberale e democratico forte. Insieme a dei Verdi, che non siano “gruppettari” ma solidi come lo sono in molti paesi d’Europa. Un lavoro da fare subito».
 

Lei come userà il suo boom di preferenze? Sarà una spinta a fare una lista nazionale più orientata verso il centro da far alleare al momento buono con il Pd?

«C’è uno spazio al centro da coprire ma io lavoro col Pd nell’ottica di ‘Siamo Europei‘, sperando che un pezzo di +Europa e dei Verdi possano uscire dal loro limbo».
 

Chi sceglierebbe come candidato premier per reggere il frontale contro Salvini?

«Ho sempre avuto in mente Gentiloni che ha quella forza tranquilla che al paese serve. E lui sarebbe un ottimo candidato premier per un ampio fronte liberai democratico e socialdemocratico».
 

Che conseguenze avrà per l’Europa l’exploit dei sovranisti in Italia e Francia?

«Ma io invece penso che inizi un’onda di riflusso: la Le Pen ha superato Macron, ma sempre là rimane. L’Europa si è divisa tra paesi europeisti e paesi sovranisti, ma l’unica grande nazione tra queste è l’Italia che scivola dalla seria A alla serie C con Ungheria e Polonia. Noi siamo finiti alla periferia d’Europa e di questo pagheremo il conto. A livello europeo c’è il rischio della paralisi».

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