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Calenda: “Non vado alla Leopolda. Pronto a candidarmi con il Fronte”

Siamo arrivati alla Leopolda numero nove. Ci andrà? «No», assicura Carlo Calenda, rapido e secco. E il perché è presto detto. «L’unica cosa a cui sono interessati nel Pd è capire come si svolgerà un congresso che non è ancora convocato – spiega l’ex ministro dello Sviluppo Economico -, così ogni lettura di quanto avviene dentro e fuori il Paese è vincolata al posizionamento in vista dell’incontro».
 
Ne consegue «l’assenza della costruzione di una proposta e della gestione strutturata dell’opposizione». Col risultato che il Pd è diviso fra «chi aspetta il terzo avvento di Renzi e chi la crisi di governo per fare una alleanza con M5S». Due cose che, a questo punto è scontato, gli paiono «strategie perdenti».
 
L’idea di Calenda è differente. E ben nota. Vuole «creare con liberali, liberaldemocratici, socialdemocratici e cattolici popolari, un grande fronte che non sia solo “contro”, ma che abbia il preciso scopo rifondativo della democrazia liberale, secondo principi di maggioreequità che riportino anche la forza dello Stato nella sua dimensione nazionale e internazionale».
 
Nel libro «Orizzonti Selvaggi» (Feltrinelli) che ieri ha presentato a Torino, lo chiama «Fronte Repubblicano», ma già immagina che il nome sarà diverso. Invece non ha dubbi sul fatto che si farà.
 

Quante chance si dà?

«Il 99,9% cento. Nelle conversazioni private non si trova un singolo dirigente del Pd che non riconosca come l’unica possibilità che abbiamo sia quella di presentare alle europee una lista che non si chiami Pd e che raccolga le forze di cui parlavo poco fa. Non ce n’è uno che non sappia che si finisce lì. Il resto è chiacchiera da congresso. L’avvicinarsi del voto europeo cambierà le cose e porterà a una lista unica su un fronte più largo».
 

Mettiamo che succeda. Renzi cosa farà?

«Il senatore».
 

Lei pensa di candidarsi?

«Se ci sarà questo nuovo fronte, sarò in prima linea. Anche perché sono convinto che anticiperebbe l’evoluzione europea attesa, con il dialogo che va da Macron a Tsipras. E’esattamente quello che vedo accadere».
 

Cosa l’ha convinta?

«La malattia dell`Italia è la malattia dell’occidente. Tutti i Paesi hanno la febbre, noi il febbrone, perché il Paese non è stato gestito. La prospettiva è il crollo della classe dirigente liberaldemocratica. La mia proposta, non solo italiana, è la costruzione di una democrazia progressista, fondata sul ritorno a uno Stato forte nella gestione delle transizioni, uno che non nazionalizza ma lancia un “New Deal” sull’educazione e sulle competenze».
 

Veniamo alla manovra gialloverde. Come le pare?

«È una finanziaria truffa perché i numeri sono falsi e perché espone l’Italia a un rischio mortale. Non c`è nulla di sviluppo, dunque è assistenziale»
 

Quale rischio mortale?

«Il problema è che quando scrivi dei numeri falsi, le persone che ti devono dare dei soldi per investire, o per finanziarie il tuo debito, non si fidano e hanno paura. Gli unici che hanno fatto qualcosa di simile sono i greci».
 

Per il governo lo sforzo d’investimento è ampio e mirato.

«La risposta più onesta è che non lo sappiamo. Sono numeri a cui devono seguire dei provvedimenti. Nelle ultime due manovre, di Renzi e Gentiloni, abbiamo investito 30 miliardi in due anni. Questo è il riferimento».
 

Sono certi che la crescita all’1,5% ci salverà.

«È un numero inventato. Non c e nessuna ragione per aspettarsi un salto del 50% oltre le previsioni di tutti. Come il deficit al 2,4 per cento. Vedrete che andremo al 3».
 

La tesi è che il reddito di cittadinanza stimolerà la domanda.

«È una presa in giro. Per come lo stanno disegnando, scommetto che non partirà prima di metà anno, non senza difficoltà visto che la gestione è complicata. E poi non hanno idea di come funziona l’economia. Anche se metti 10 miliardi per le spese dei “poveri”, dai consumi che generi devi detrarre i beni importati, che presumibilmente saranno maggioritari. Detto questo, trovo mortificante e vagamente immorale l’obbligo a spendere tutto».
 

Intanto il consenso cresce.

«Non sulla manovra. Una larga parte degli italiani ha capito che è una fregatura e che il maggior deficit è pericoloso.Il consenso nasce dalla reazione a 30 anni di impoverimento della classe media, anni senza progresso di competenze e istruzione. In tutto il mondo la gente ha detto basta. Vota chi dice che tutto fa schifo perché e vero. Vota chi crede capisca le sue paure. Eper questo che dobbiamo cambiare passo. E dare rappresentanza all’Italia, e all’Europa, che ha paura».

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