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Calenda: “Il passo indietro di Lotti è un atto doveroso ma ora riformiamo il Csm”

«Il giustizialismo non c’entra nulla. Se ci sono comportamenti politicamente inappropriati, si ha il dovere di tenerne conto». Carlo Calenda, eurodeputato pd, pensa che Luca Lotti abbia fatto bene ad autosospendersi dal partito. «Adesso però quello che serve è una profonda riforma del Consiglio superiore della magistratura».
 

Ha detto che Luca Lotti ha fatto la cosa giusta. Perché?

 
«Non perché abbia commesso un reato, cosa a cui non credo, ma perché ha tenuto un comportamento eticamente sbagliato. Non si organizzano incontri per influenzare le nomine delle procure dalle quali si è indagati. È una cosa che, semplicemente, non si fa. Credo però che sia il dato meno importante di questa vicenda».
 

Qual è il più grave?

 
«Che nel Consiglio superiore della magistratura ci sia una situazione mefitica, che qualcuno dovrà mettere a posto. Poi l’uso continuo di stralci di intercettazioni. Inaccettabile».
 

Nel Csm bisognerebbe decidere per sorteggio?

 
«Lo lascio decidere a chi è più esperto di me, ma è evidente la necessità di una riforma radicale. Sono successe cose che si vedono raramente anche in politica».
 

Chi difende la diffusione delle intercettazioni lo fa nel nome degli atteggiamenti inappropriati di cui parlava. Senza la diffusione degli audio, non si potrebbero fermare. Non è così?

 
«Non è una ragione sufficiente. Non possiamo essere certi di come vengono selezionati i vari stralci. C’è il rischio di un uso pilotato, chissà con quali obiettivi».
 

Eppure ha chiesto il passo indietro di Lotti.

 
«Sì perché quando emerge un comportamento improprio, comunque emerga non si può ignorare. Io Lotti l’ho difeso sul caso Consip. Non ho chiesto le dimissioni neanche del presidente della Puglia Michele Emiliano, che pure considero il peggio della politica italiana, per la stessa ragione. Queste cose non si possono categorizzare. Vanno valutate politicamente caso per caso».
 

In base a cosa deve decidere un partito, secondo lei?

 
«In base all’evidenza di un comportamento o meno. Io, insieme a tutto il Pd, ho chiesto le dimissioni da ministro di Luigi Di Maio perché ha mentito, e ora abbiamo prove inoppugnabili, agli operai della Whirlpool nascondendo loro la crisi fino alle elezioni europee. Non è un reato, ma è politicamente gravissimo».
 

Lotti ha fatto un passo indietro, ma ha attaccato il senatore Luigi Zanda, definendolo coinvolto «in pagine buie della nostra storia». Teme si apra una nuova faida nel Pd? Uno scontro tra chi fa capo a Zingaretti e i renziani in Parlamento?

 
«Il Pd è sempre percorso da lotte a bassa o ad alta intensità, a seconda dei momenti. Credo e spero non si aprano guerre. Resta il problema politico di avere un partito con rancori stratificati che risalgono alla notte dei tempi».
 

Zingaretti è stato troppo cauto?

 
«Ha una missione quasi impossibile. come ho spiegato prima. Anche sulla governatrice dell’Umbria Catiuscia Marini c’era l’evidenza di un comportamento inappropriato ed è stato chiesto da tutti un passo indietro».
 

Non è legittimo sospettare che Lotti discutesse le nomine delle procure non a titolo personale, ma nome del Pd, o di un pezzo di Pd?

 
«Questo io non posso saperlo. Quello che so è che si è sempre occupato di nomine, di qualsiasi genere. Un ruolo secondo me sbagliato, Non deve funzionare così. Servono procedure trasparenti. Non devono costituirsi centri di potere unici nella gestione di atti così delicati, fanno male al Paese».
 

Oltre alla sostanza dalla intercettazioni emerge anche un linguaggio per niente adatto a un’istituzione come la magistratura L’ha colpita?

 
«No, perché questa è proprio la malattia delle intercettazioni. Cambiare il senso e il tono di una conversazione trascrivendone pezzi nero su bianco. La ministra Federica Guidi, per fare un esempio del passato, è stata distrutta su una cosa del tutto inesistente».

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