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Pandolfo “Ora il Pd è sinonimo di potere per liberarlo serve ascoltare la strada”

I fischi ai funerali in Fiera? Fanno male, dice Alberto Pandolfo, ingegnere, segretario del Pd genovese. Fanno male e stonano perché quello era un luogo di preghiera e di raccoglimento, non uno stadio. Ma se vengono indirizzati soltanto ai rappresentanti del Pd allora non sorprendono più di tanto, spiega amaramente questo trentenne a cui il partito si è affidato per ripartire dal suo punto più basso, sconfitto in tutte le città e in Regione.
 
«Perché erano già arrivati prima, il 4 marzo» racconta Pandolfo in una pausa del suo camminare per le strade di Genova, nei quartieri colpiti più direttamente dalla tragedia del ponte crollato. «Se vogliano ritrovare la fiducia della gente dobbiamo ripartire da una cosa sola, l’ascolto – spiega -. Abbiamo dato di noi un’impressione sbagliata, di contiguità al potere, di conservazione. Non era vera, abbiamo fatto tante cose importanti, ma alla fine non sono passate».
 

E quindi ecco i fischi ai funerali delle vittime del ponte…

 
«Che tristezza, anzi che pratica barbara, in un luogo in cui ci si doveva solo unire per piangere vittime innocenti. Ma anche se non li avevamo sentiti, erano già arrivati dalle urne, il 4 marzo. E allora dobbiamo riflettere, fare tesoro di ogni cosa e ripartire».
 

Da dove?

 
«Dal basso, dai bisogni elementari da soddisfare, semplici in apparenza ma enormi di fronte a una tragedia come quella che ha colpito Genova».
 

Ad esempio?

 
«Da un frigorifero».
 

Scusi?

 
«Sì, un frigorifero. Quando decidi di andare in strada, di parlare con la gente, di ascoltare i loro bisogni, allora scopri che puoi essere utile alla comunità se ti impegni per recuperare un frigorifero dentro cui mettere le bottigliette dell’acqua. Sono giorni torridi, a Genova. L’acqua alle famiglie che ne hanno bisogno, sfollati, quartieri periferici, arriva ma dopo un po’ è già bollente. E allora far arrivare un frigorifero è un esempio di bella politica, perché vuol dire rispondere alle esigenze delle persone».  

E invece la gente vi contesta di essere diventata forza conservatrice, contigua al potere…

 
«Potrei rispondere elencando quanto abbiamo fatto in questi anni al governo, ma non servirebbe. Meglio l’autocritica. L’abbiamo fatta, la stiamo facendo. Dove abbiamo sbagliato? Perché ci vedono in questo modo? Se si accetta di aver fatto errori, allora ripartire è più semplice. Chi governa ha buon gioco a dire che prima di loro era tutto sbagliato e adesso sarà tutto migliore. E stare all’opposizione da questo punto di vista ci farà bene, ci aiuterà a rimarcare la nostra differenza».
 

In che senso?

 
«Torno con grandissimo dolore ai funerali per le vittime del ponte. Ecco, mi creda: c’è anche un mondo che non si fai selfie ai funerali, che non applaude o fischia. Noi vogliamo e dobbiamo parlare di nuovo a quel mondo e dopo aver parlato provare a tradurre il tutto in fatti concreti».
 

Non crede che, come ha spiegato qualcuno, le contestazioni possano anche essere una protesta contro Renzi?

 
«Fischi per Renzi? Lo troverei riduttivo, sbagliato. Renzi non è più il segretario del Pd, così si banalizza tutto. Direi invece che c’è una sommatoria di elementi che sfocia nella contestazione».
 

E quali fattori indicherebbe in questa sommatoria?

 
«Certi comportamenti che la gente non ha apprezzato, una
proposta politica che non ha convinto, e forse anche il nome del contenitore, quel Pd che per alcuni potrebbe anche cambiare».

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