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Martina: “L’unità è un valore vero. Il Pd rilanci la sua sfida riformista”

«Se le primarie sono state un successo di partecipazione è anche grazie a quello che abbiamo seminato in questi mesi». Maurizio Martina, lo sfidante di Nicola Zingaretti per la guida del Pd, arrivato secondo con un forte stacco, rivendica il lavoro fatto da segretario-traghettatore. Offre collaborazione al neo leader ma chiede al Pd di battere un colpo sulla Rai. E in caso di crisi dice che «il voto dei cittadini è l’unica via utile per il paese».

 

Martina, una settimana dopo le primarie, lei ha digerito la sua sconfitta?

 

«Io ho sempre pensato che la prima vittoria sarebbe stata la partecipazione. E proprio quel grande afflusso fa comprendere che non sono passati invano i mesi dopo la sconfitta del 4 marzo 2018. Non avremmo avuto questa mobilitazione mesi fa. Non ho mai condiviso le polemiche di chi diceva che il congresso era stato fissato tardi. Il Pd doveva superare la fase critica e prepararsi alla svolta. Un anno ci voleva. Anche per fare emergere le divisioni o i guasti di questo governo. Rivendico il nostro lavoro. I primi segnali ci sono stati alle elezioni regionali in Abruzzo e in Sardegna. Abbiamo tenuto in vita il Pd per un anno e lo abbiamo preparato alla nuova stagione. Oggi un segretario forte e riconosciuto è la migliore premessa per il lavoro e le scelte in vista delle elezioni amministrative, delle europee e delle possibili politiche».

 

È stato più che doppiato da Zingaretti: deluso?

 

«Certo la delusione c’è stata. Però la nostra è stata una campagna propositiva che rifarei. Abbiamo pensato più al giorno dopo le primarie che alla contesa».

 

Anche nel suo campo l’hanno criticata per avere evitato attacchi, per essere stato fin troppo unitario.

 

«Non sono mai stato convinto che per smarcarci dovessimo aggredire. Per me l’unità è un valore vero da coltivare sempre e non cambio certo idea adesso».

Ecco, della sua segreteria quali sono stati i momenti critici: quando Renzi le impose lo stop al dialogo con i 5Stelle?

 

«Il momento più difficile per me è stato il funerale delle vittime del Ponte Morandi, i fischi. Le emozioni più belle invece quella della manifestazione di Piazza del Popolo: una piazza stracolma quando sembrava impossibile che il Pd riuscisse ancora a mobilitare. Invece lì è cominciato uno spirito di unità, di apertura e di riscossa. Quello spirito non va dimenticato».

Quanto è stato ingombrante per lei Renzi, convitato di pietra nel congresso?

 

«Ma no, l’ingombro di Renzi non è un tema, serviamo tutti. Ora guardiamo avanti. Io ringrazio chi mi ha dato un mano a partire da tanti militanti».

 

Ma quali sono gli impegni che ora il neo segretario deve assolutamente mantenere?

 

«La scommessa è che il Pd rilanci la sua sfida riformista per l’Italia contro questa destra che l’ha presa in ostaggio e riparta dalla questione sociale e dal modello di sviluppo, dal lavoro, dai salari troppo bassi, dalla lotta alla precarietà di una intera generazione».

 

Quindi sì alla proposta di Di Maio per il salario minimo garantito?

 

«No. Vuol dire portare avanti la proposta che abbiamo presentato nel maggio scorso. Sia il Pd a lanciare subito un confronto con Cgil, Cisl e Uil, con Confindustria, commercianti e artigiani riprendendo anche il patto per la fabbrica firmato da sindacati e imprenditori. Il mio suggerimento è: convochiamoli e sigliamo noi una intesa per lo sviluppo del Paese. Partiamo dalla nostra agenda contro chi vuole aumentare Iva e accise».

 

Nella vostra agenda sembrate avere dimenticato la Rai e le forzature sovraniste di questi mesi.

 

«Occorre certo una reazione forte sia in Parlamento che fuori perché l’occupazione dei programmi da parte dei sovranisti non può passare. Il Partito Democratico deve assumersi un impegno più forte e reagire».

 

E alle europee i Dem devono correre con o senza il simbolo? Con una lista loro o con un listone?

 

«Possiamo lavorare a un progetto in cui Pd e “Siamo europei” di Carla Calenda si incrocino: il simbolo del Pd e la piena visibilità di “Siamo europei” per una proposta nuova per l’Italia e l’Europa».

A vittoria fresca, tutti voi Dem parlate di unità. Ma è più facile a dirsi che a farsi?

 

«Si può fare invece. Dobbiamo far vivere un Pd plurale nelle idee e unitario nell’azione».

 

Lei farà una sua corrente?

 

«La nostra area deve vivere perché ce lo chiedono tanti giovani che hanno partecipato all’avventura della mozione. Diventeremo una scuola di politica e faremo formazione. Una nostra area nel partito ci sarà, ma non per contarci e dividere».

 

Zingaretti nei posti-chiave sta mettendo tutti uomini della sua squadra. Le dispiace?

 

«Aspettiamo che il nuovo segretario faccia i primi passi nell’Assemblea nazionale del 17 marzo, domenica prossima. Intanto apprezzo la scelta di Luigi Zanda come tesoriere. E noi collaboreremo certamente, se possiamo».

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