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Migliore: un patto su pochi punti, basta rancori

«Basta integralismi, si trovi un compromesso per difendere il governo del centrosinistra». È lo sforzo di maturità richiesto alla sinistra da Gennaro Migliore, ex Sel, deputato del Pd dal 2014 e dal 2016 sottosegretario alla Giustizia.
 
Migliore, il suo partito riuscirà a trovare un punto di incontro coni bersaniani?
 
«Penso che si debba innanzitutto parlare di un metodo, cioè della possibilità di individuare punti di convergenza sul futuro senza farsi dominare dai sentimenti di divisione che riguardano una vicenda, tragica come la scissione, ma che ormai appartiene al passato. Bisogna prendere atto che di fronte a noi c’è uno scenario pericoloso per la sinistra, come ha dimostrato anche il voto siciliano».
 
È la paura di perdere le elezioni la molla che spinge il Pd a cercare un accordo?
 
«L’idea che ci possa essere una trattativa significa che c’è una predisposizione a voler cogliere un senso comune di affermazione del centrosinistra. E penso che tutte le figure che hanno lamentato la divisione, a partire da Romano Prodi, possano ritrovarsi in questa nostra disponibilità».
 
Che cosa chiedete a Giuliano Pisapia e Mdp?
 
«Di sedersi a un tavolo con noi, partendo dal presupposto che i risultati raggiunti con le riforme fatte sono storici e mai ottenuti finora da nessun governo di centrosinistra».
 
Peccato però che questa non sia una base condivisa da cui partire.
 
«Faccio un esempio che mi riguarda personalmente. Nel 2013, quando ero in Sel e scrissi assieme ad Alfredo D’Attorre il programma della coalizione di Pier Luigi Bersani “Italia Bene Comune”, io e il mio partito non eravamo d’accordo sull’appoggio dato dal Pd al governo Monti o alla riforma Fornero. Eppure trovammo la ragione di unirci perché avemmo la forza e la maturità di guardare avanti. E siamo rocambolescamente riusciti a portare la sinistra al governo, pur non vincendo le elezioni. Non vedo adesso la differenza, dall’altro lato ci deve essere la disponibilità concreta a parlare di futuro. Oltretutto penso che le riforme di Renzi siano molto più di sinistra di quelle di Monti».
 
Anche quelle sul lavoro?
 
«In questo campo abbiamo fatto cose molto avanzate. Ma c’è tanto ancora da fare e su questo si può trovare una base comune come avviene nei Paesi seri, dove i programmi si scrivono e si rispettano».
 
Siamo all’ultima chiamata per tentare di ricostruire l’unità del centrosinistra?
 
«No, c’è ancora la legge di bilancio da votare e alcune battaglie civili da portare a casa, come lo ius soli, che farà giustizia di tante polemiche, e il testamento biologico».
 
Bersani ha smentito l’ipotesi di accordi nei collegi.
 
«Credo anche io che parlare di accordo tecnico sia cosa troppo povera e poco attraente e probabilmente Bersani si riferiva nella sua smentita proprio a questo aspetto. Quello di cui dobbiamo discutere è un accordo politico. Non dobbiamo dire di essere lo stesso partito o che abbiamo le stesse visioni sul mondo, ma si può lavorare uniti a un progetto di governo fatto di concretezze».

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