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Orfini: “Niente coalizioni, si tratterà sulla base dei risultati”

Le Regionali in Sicilia sono una cosa, le Politiche un’altra. E dunque, secondo Matteo Orfini, 43 anni, presidente del Partito democratico, la «coalizione più larga possibile che stiamo provando a costruire nell’isola attorno alla figura di Fabrizio Micari», quella che va da Angelino Alfano a Giuliano Pisapia, «non potrà essere riproposta a livello nazionale».
 
Perché?
 
«Perché la legge elettorale per le Politiche non prevede le coalizioni».
 
Potreste sempre provare a cambiarla.
 
«Ci proveremo, certo, ma le possibilità di riuscirci mi sembrano quasi nulle. Non vedo nelle altre forze la volontà di cercare un accordo. D’altra parte, come si fa, a pochi mesi dal voto, a fare una riforma contro qualcuno? Per cambiare la legge elettorale dovremmo avere un accordo che tenga insieme noi, Forza Italia, la Lega e i 5 Stelle. Mi sembra molto complicato. E finora le nostre proposte hanno ricevuto sempre dei no».
 
Quindi alle Politiche ognuno per sé?
 
«Ciascuno si misurerà con le proprie forze e poi le alleanze si costruiranno il giorno dopo, in base ai risultati. E se un elettore di centrosinistra vuole avere garanzie che non ci sia il rischio di larghe intese o di maggioranze spurie ha un solo modo: votare il Pd e aiutarlo a raggiungere il premio di maggioranza».
 
Puntate da soli al 40%?
 
«Quello è il bacino potenziale che il Pd ha dimostrato di poter raccogliere quando sa essere aperto e inclusivo. In questi mesi dobbiamo costruire le condizioni per avvicinarci a quel risultato».
 
Altrimenti?
 
«Altrimenti proveremo a costruire una maggioranza con forze omogenee».
 
Non è detto che basti: sicuro che poi non si arrivi a un governissimo?
 
«Trovo assurdo parlarne ora. Questo è un pezzo del nostro dibattito interno ma adesso dobbiamo provare a vincere le elezioni da soli. Se non ci riusciremo affronteremo insieme questa discussione. Ma io non rinuncio all’obiettivo».
 
E in Sicilia, invece?
 
«Anche in Sicilia vogliamo vincere. Per questo stiamo cercando di costruire la coalizione più larga possibile».
 
Attorno a Fabrizio Micari? II rettore si aspetta un esplicito appoggio di Matteo Renzi.
 
«Siamo tutti impegnati a sostenerlo. Attorno a Micari abbiamo il dovere di presentare una coalizione larga, su uno schema che le forze di sinistra ci avevano chiesto dopo la vittoria di Leoluca Orlando a Palermo».
 
Ma Mdp non vuole Alfano e con Sinistra italiana andrà su Claudio Fava.
 
«Segnalo che nella coalizione a sostegno di Orlando, Mdp stava con Alfano. Questa vicenda mi sembra surreale. Mi pare che l’unico obiettivo di Mdp e delle forze di sinistra sia fare di tutto per far perdere il Pd».
 
Le primarie in Sicilia possono essere uno strumento per arrivare all’unità del centrosinistra? Le chiede anche il governatore uscente Crocetta.
 
«È importante che Crocetta faccia parte di questa coalizione: il suo profilo è indispensabile per poter competere adeguatamente. Le primarie, invece, non mi sembrano all’ordine del giorno. Le elezioni sono vicine, è ora di partire con la campagna elettorale».
 
I sondaggi, però, vi vedono molto indietro rispetto a centrodestra e M5S.
 
«I sondaggi dicono che se c’è la coalizione siamo in partita».
 
Una sconfitta in Sicilia può mettere in discussione la linea di Renzi?
 
«Renzi ha vinto le primarie. Si va avanti con questo assetto».
 
Passando al governo, dopo l’approvazione della manovra la legislatura si considererà conclusa o c’è spazio per fare anche altro? Lo ius soli?
 
«Lo ius soli va fatto. Ci siamo assunti un impegno, dovevamo farlo prima dell’estate. Gentiloni ha chiesto di aspettare l’autunno. Ora l’autunno è quasi arrivato e dobbiamo trovare il modo per approvarlo. Poi, dopo la manovra bisognerà provare con la legge elettorale. Ma se non ci fossero le condizioni per modificarla non so quanto senso avrebbe andare avanti».
 
Il ministro Minniti ha temuto per la tenuta democratica del Paese sulla questione migranti. È d’accordo?
 
«Minniti voleva dire una cosa ovvia, e cioè che il governo dei flussi migratori fa parte del futuro dell’Occidente, produce tensioni e difficoltà di gestione. Non vedo, però, un rischio per il Paese. Il governo su questo fronte sta agendo bene ma dobbiamo aggiungere due elementi alla nostra azione: è bene gioire perché gli arrivi si sono ridotti. Ma se i migranti non arrivano perché muoiono nel deserto anziché in mare o vengono rinchiusi nei campi di concentramento in Libia c’è davvero poco da esser contenti. Se investiamo nel rapporto con la Libia dobbiamo esigere il rispetto dei diritti umani. E poi c’è una battaglia culturale da fare contro il razzismo montante. È il dovere di una grande forza di centrosinistra».

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