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Veltroni: “Momento drammatico, italiani ingannati dai populisti. Gentiloni ricostruisca il Pd”

la politica è stata ridotta a un gioco spregiudicato

Ho incontrato molte volte Walter Veltroni. Siamo amici da quando lui aveva 18 anni e io ne avevo una cinquantina. Lui era uno studente e, come studiava allora, lo ha splendidamente raccontato in vari libri che costituiscono il meglio della letteratura italiana di quel genere: i bambini, i fratelli, i genitori (lui perse il padre quando aveva un anno), gli amici e i maestri. La vita, come si svolgeva nel corso del tempo, come viveva il presente appoggiandosi sul passato e progettando un futuro, senza instabilità.
 
Questo è il percorso normale che però cambia da persona a persona: ciascuno di noi è un attore che rappresenta se stesso, a volte bene a volte male. Veltroni pensa di aver interpretato se stesso nel modo migliore, o almeno io la vedo così, e perciò di tanto in tanto gli chiedo la sua opinione su quanto accade nella politica che stiamo attualmente attraversando e dove ci porterà. O meglio: dove dovrebbe portarci. E lui mi risponde e io rispondo a lui: due vecchi amici, la cui età somiglia a quella di un padre che interroga il figlio, e questo significa che la pensano variamente ma in perfetta sintonia.
 
«È un momento dice Veltroni davvero drammatico, c’è sconcerto nell’opinione pubblica, la politica è stata ridotta a un gioco spregiudicato, deprivato di regole e etica. Guarda le forze populiste come hanno ingannato il popolo: hanno chiesto il voto dicendo che mai si sarebbero alleate tra loro e poi lo hanno fatto. Hanno chiesto al mattino l’impeachment del presidente della Repubblica, cosa enorme tanto più se riferita a un galantuomo come Mattarella, e al pomeriggio si sono dette disponibili a collaborare con lo stesso capo dello Stato che accusavano di alto tradimento della Costituzione».
 
«Gli uni, la Lega, hanno accettato il veto sul loro principale alleato del centrodestra e gli altri, il M5S, hanno riportato in vita la vecchia teoria andreottiana dei forni. Il tutto in un delirio di colpi di scena che hanno indebolito l’Italia, la democrazia e le tasche dei cittadini. Lo dico da italiano e non da uomo di parte: fermatevi. Sai perché il populismo si diffonde in Italia? Per due ragioni. Abbiamo vissuto la più lunga crisi economica dal Novecento e, nel frattempo, l’innovazione tecnologica ha sostituito o cancellato milioni di posti di lavoro. Il segno dell’esistenza dei nostri contemporanei è la precarietà. E la precarietà porta insicurezza, emotività, bisogno di protezione. Stiamo attenti».
 
«La democrazia è stata un’eccezione nella storia dell’uomo. Non è detto che questa organizzazione sociale, finanziaria, comunicativa non richieda forme di originale e inedita semplificazione, quella “democrazia autoritaria” che rischia di non essere un ossimoro. E la seconda ragione è l’incompiutezza della transizione istituzionale della nostra Repubblica».
 

Stai parlando del referendum proposto da Renzi?

 
«Sì, se fosse stato approvato quel testo di riforma istituzionale seppur confuso, l’Italia oggi non si troverebbe nel caos, con la più lunga crisi della sua storia e la minaccia di vedere abortire una legislatura. Eugenio, la Seconda Repubblica non è mai esistita. Così è stata chiamata perché sono spariti i partiti del Novecento e perché è stata cambiata la legge elettorale, diciotto volte. Ma la democrazia ha bisogno di regole, di un disegno coerente, di bilanciamenti, di poteri e di controlli. Invece aver perso quel referendum, per il dissenso dei conservatori e per una impostazione politica sbagliata della campagna, ha fatto precipitare il Paese nel suo peggior difetto, l’instabilità come condizione naturale».
 
«Io sono sempre stato e rimango per la democrazia dell’alternanza, per i governi decisi dal popolo, che durino per una legislatura, perché l’esecutivo abbia potere per attuare il programma e il parlamento poteri cogenti per controllare l’esecutivo. Con il conservatorismo istituzionale e una legge elettorale fatta con l’idea, sbagliata, di un accordo Pd-Forza Italia, il Paese è precitato nello scenario per il quale potrebbe valere il titolo del meraviglioso romanzo di Osvaldo Soriano: “Triste, solitario y final”».
 

ll Partito democratico, quando tra pochi mesi si voterà, può riprendere almeno una parte dei voti perduti?

 
«Il destino è nelle mani di noi stessi. Io temo che, se nascerà un governo di centrodestra, non ci sarà nulla da festeggiare, per la sinistra. Importanti conquiste civili e sociali saranno messe in discussione e il mix di spirito antieuropeo e di incompetenza, di cui abbiamo avuto prova in questi giorni, potranno precipitare il Paese in una crisi grave. E comunque questo è oggi il clima che avvelena il Paese. Ma la sinistra non può stare ferma. Non può coltivare il tanto peggio tanto meglio. Sembra dissolta, immobile come una statua di sale. La nostra gente vive lo stato d’animo descritto da Michele Serra e da Concita De Gregorio su queste pagine. Ma io penso che invece ci siano grandi spazi per una sinistra nuova, aperta, che ritrovi il gusto e l’umiltà del lavoro tra la gente. L’Italia ha bisogno di una sinistra democratica. Quella che ha radici nel solidarismo cattolico e nella originalità del Pci di Gramsci e Berlinguer, quella del socialismo liberale, del femminismo, dell’ambientalismo e della cultura della quale tu sei espressione, quella azionista, liberale, radicale. Il Pd nasce per fondere queste culture, un tempo divise dal muro, in una sintesi attuale, per fa nascere la sinistra del Duemila, non un indistinto».
 

E lo slogan che dica tutto?

 
«Tu lo conosci benissimo: giustizia e libertà».
 

Ma ora gli ho obiettato la sinistra ha preso una batosta perdendo metà dei voti. Dove e perché li ha persi?

 
«Li ha persi perché ha smarrito il rapporto con il popolo, perché non capisce la società digitale, perché non è stata in grado, in tutto il mondo, di elaborare politiche sociali capaci di rispondere al bisogno di lotta alla precarietà della vita. Perché qualcuno ha teorizzato la follia dell’inesistenza di destra e sinistra. Come se Obama e Trump fossero la stessa cosa. Ci si accorgerà di questa differenza, se Salvini sarà ministro dell’Interno al posto di Minniti. Tutto legittimo, ma tutto diverso».
 
«E la sinistra credo oggi farebbe un errore gravissimo a pensare a fronti indistinti contro il populismo. Il populismo moderno si batte non con le battute del momento, ma con la radicalità di un riformismo che aggredisca il tema della precarietà e quello dell’equità fiscale. Che garantisca il diritto di un ragaizo italiano a completare gli studi indipendentemente dalle sue condizioni sociali, che combatta senza quartiere i poteri criminali, che assuma l’ambiente come paradigma dello sviluppo moderno. È il Pd lo strumento per questo. Non è un punto di passaggio, ma la grande forza della sinistra riformista italiana, come il Partito democratico negli Usa».
 
«A forza di andare oltre non vorrei si finisse ad approdi ambigui. Oggi il Pd deve recuperare il consenso perduto a sinistra verso l’astensionismo e i M5S. Molti elettori di sinistra che hanno votato per i M5S non lo hanno fatto certo per avere un governo con la destra estrema. C’è chi ha detto, giustamente, che Di Maio è stato “bullizzato” da Salvini. In quel voto c’era rabbia e un desiderio di cambiamento. Bisogna parlare a quei milioni di italiani che hanno abbandonato il Pd. Ma non lo si farà tornando al Novecento».
 
«E non lo si farà neanche continuando le divisioni, le risse, le beghe correntizie che deprimono chiunque. Specchio ne è stata la riunione del massimo organismo del Pd che, invece di discutere di una gravissima crisi democratica, ha finito col litigare sulla data delle primarie. Da fuori, ma con passione e amore, dico loro: ma non vedete quello che sta accadendo? Unitevi, smettete di farvi le guerre. Affidate a Gentiloni, persona rispettata dagli italiani e indicata dai vari leader del Pd, il compito di ricucire politicamente l’identità del Pd, fate un gruppo dirigente plurale, non perché composto da correnti prive di politica, ma perché fondato sulle intelligenze di giovani dirigenti e dei leader più rappresentativi».
 
«E poi apritevi, cercate energie nella società, nelle lotte popolari, nella cultura (che non è una parolaccia). E se si voterà, fate così le liste. Il popolo democratico si deve riconoscere nei suoi candidati. E poi cercate alleanze, fate una coalizione vera con forze reali della politica e della società. Unito, aperto, nel popolo. Ecco il Pd e la sinistra di cui credo, Eugenio, oggi abbia bisogno l’Italia, la democrazia italiana».
 
Questa è stata la nostra conversazione. Spero che Veltroni ritorni alla politica. Lui sostiene che i valori democratici sono tutti presenti nel popolo, soprattutto quello delle periferie. I veri democratici sono lì. Significa trasformare il populismo nella consapevolezza del popolo sovrano. Il popolo deve sapere che l’interesse generale deve essere tutelato dallo Stato che consente, all’ombra dell’interesse generale, quelli particolari che acquistano legittimità e importanza per ciascun cittadino. Questo è l’obiettivo che dobbiamo perseguire e batterci fino in fondo per realizzarlo».

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