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Zanda: «Modificare l’Italicum non è un tabù»

“Non ritengo l’Italicum intoccabile. Il problema è trovare una maggioranza in Parlamento favorevole a modifiche che garantiscano ugualmente la formazione di una maggioranza di governo e che rappresentino nella misura più ampia possibile l’elettorato”. Lo afferma il capogruppo del Pd al Senato, Luigi Zanda, in un’intervista al Sole 24 Ore in edicola oggi.

 

“Modificare l’Italicum non è un tabù – sottolineaZanda-. Ma per farlo bisognerebbe avere le idee molto chiare sui cambiamenti da introdurre e sulle maggioranze che li approverebbero. La situazione al momento è questa: i collegi uninominali a doppio turno o a turno unico li vuole solo il Pd. L’Italicum così com’è lo difende il M5S e la parte maggioritaria del Pd. La stessa parte maggioritaria del Pd, al momento, rifiuta infine il premio alla coalizione, sostenuto invece da alcuni parlamentari della nostra minoranza, dai centristi e, per ora, da Fi. Il ritorno alle coalizioni è in effetti caldeggiato da molti in funzione antipopulista, come Eugenio Scalfari che porta ad esempio le coalizioni “stabili” della Prima Repubblica. Scalfari ha ragione, faccio una sola osservazione: nella Prima Repubblica la Dc aveva alleati politici del calibro di La Malfa, Malagodi, Saragat, Spadolini, Nenni… Purtroppo personalita’ cosi’ non ci sono più. La Dc e i repubblicani rimasero alleati leali per decenni, mentre il Pd nel 2008 si è coalizzato con Di Pietro e nel 2013 con Sel, e a pochi giorni dalle elezioni entrambe le coalizioni non esistevano più”.

 

Per il capogruppo del Pd al Senato “Costituzione e legge elettorale sono collegate, ma restano su due piani diversi. La Costituzione del ’48, che è in vigore, è stata abbinata a leggi elettorali iperproporzionali e a leggi elettorali maggioritarie come era il Mattarellum. Ne’ vale il ragionamento che l’autoritarismo deriverebbe dal fatto che con la riforma è la sola Camera dei deputati a dare la fiducia al governo. Il Senato non è mai stato pensato come un controllo in più: Camera e Senato hanno sempre avuto la stessa maggioranza sino al Porcellum, voluto da Berlusconi, la malattia che ha mandato in cortocircuito il sistema. La riforma costituzionale su cui sono chiamati gli italiani ad esprimersi in autunno, per altro, è largamente condivisa nelle sue linee generali anche da chi la contesta: fine del bicameralismo perfetto e istituzione di un Senato dei territori, attribuzione di poteri allo Stato su grandi reti ed energia, riduzione dei parlamentari e abolizione dei rimborsi ai gruppi regionali. Non è vero che vengono meno le garanzie: proporre il referendum abrogativo è più facile, le leggi di iniziativa popolare sono rese più semplici, e il presidente della Repubblica è eletto da una maggioranza più’ ampia cosicché nessun governo potrà eleggersi il “suo” Capo dello Stato. Le modifiche costituzionali ancora da fare sono altre. Per esempio, serve un adeguamento della Carta alle nuove realtà anche istituzionali europee”.

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