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La lezione di Michelle Obama per un’Italia migliore

Philadelphia. Come da tradizione, la Convention è occasione di bilanci, riflessione e programmazione. Tuttavia, mai come ora la situazione politica negli Stati Uniti d’America ci porta ad una seria riflessione relativa al significato del fare politica e, più in generale, al significato della parola cittadinanza.

 

La Convention del Partito Democratico, che ho avuto l’onore di seguire avendo avuto luogo a Philadelphia, la città nella quale vivo e lavoro, è stata ricca di contenuti. In primis, la nomination della prima donna candidata alla presidenza degli Stati Uniti d’America, Hillary Clinton, ha dimostrato come la società debba valorizzare la parità di genere non solo in politica, ma anche in altri ambiti, favorendo le pari opportunità e, sopratutto, lottando contro ogni forma di discriminazione sessuale.

 

La parola tolleranza è stata al centro del discorso del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che, come poi ribadito con forza e passione anche dal vicepresidente Joe Biden, ha sottolineato come una società moderna non si possa basare su stereotipi, sospetti, intolleranza e chiusura, ma debba essere aperta, inclusiva, garante della libertà per tutti, a prescindere dall’appartenenza sociale, religiosa, e al ceto economico di ognuno.

 

Infine, ma non per ultimo, il contributo della First Lady, Michelle Obama, ha posto l’attenzione su due aspetti che, secondo me, pongono le basi dell’impegno politico e, più in generale, dell’essere cittadino: opportunità ed uguaglianza. Come sottolineato da Michelle Obama nella sua oramai famosa frase “sono nata in una casa costruita da schiavi”, è necessario comprendere a fondo il nostro passato per capire il presente e tracciare un progetto per il futuro atto a garantire prosperità e benessere alle prossime generazioni.

 

Non dobbiamo infatti dimenticare che il mondo di oggi, sempre più globalizzato e interconnesso, ha origine da un’epoca di oscurantismo intellettuale e religioso fatto di schiavismo, colonialismo ed imperialismo, dal quale l’umanità è uscita grazie al contributo di umanesimo e illuminismo, le due correnti culturali e filosofiche alla base della Rivoluzione Americana.

 

È proprio dall’ottenimento dell’Indipendenza da parte delle colonie americane che gli Stati Uniti d’America sono diventati il paese modello nel mondo in materia di tolleranza, opportunità ed uguaglianza. Come non dimenticare, ad esempio, il richiamo al diritto alla felicità esplicitato nella Dichiarazione di Indipendenza da Filippo Mazzei, filantropo toscano che collaborò con Thomas Jefferson proprio in nome della realizzazione di un mondo migliore.

 

Inoltre, in quanto meta di diverse ondate di migranti, sopratutto italiani in cerca di un mondo migliore, gli Stati Uniti sono diventati la casa di chi, dopo avere vissuto il trauma dell’abbandono della propria patria, ha avuto la possibilità di costruirsi una propria carriera e famiglia, non senza sacrifici, lacrime e duro lavoro.

 

Da questo passato, come ci invita implicitamente a fare Michelle Obama, è necessario comprendere come comportarci nella società odierna per garantire un presente dignitoso ed un futuro di prosperità a noi è ai nostri figli e nipoti. Il mondo di oggi, infatti, è libero, sicuro, prospero ma non esente da crisi, instabilità, ingiustizia e minacce.

 

La sempre più alta disoccupazione, sopratutto giovanile, fa si che l’Italia sia un Paese che sempre più esporta personalità e persone altamente qualificate destinate a contribuire allo sviluppo di Paesi terzi anziché contribuire alla crescita del nostro amato paese.

Questa crisi economica ed occupazionale, assieme all’alto numero di imposte e ad una burocrazia ancora troppo lenta ed imprecisa che lascia sole le persone nel momento del bisogno, ha portato molti italiani a credere nelle favole di vari movimenti populisti che si avvalgono di una infondata paura come mezzo di propaganda elettorale.

 

Si ha paura del diverso, dello straniero e dell’Europa, finendo per ritenere la NATO inutile e tessere le lodi di dittatori di diverse parti del pianeta: tutto ciò finisce per fomentare odio ed alimentare fratture nella società che non fanno altro che aggravare la crisi nella quale la nostra amata Italia, ma anche l’Occidente, si trova da oramai troppo tempo. Tuttavia, come disse un grande presidente degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt, non c’è al mondo peggiore paura che la paura stessa.

 

Sempre prendendo come spunto il discorso di Michelle Obama, dobbiamo essere consapevoli che non vi deve essere spazio per il populismo spiccio di chi agita il pericolo dei Rom, dei messicani o dell’Europa come se fosse un’epidemia improvvisa, senza peraltro avanzare alcuna proposta seria e coraggiosa su come risolvere la crisi.

Tuttavia, occorre comprendere che “dalla casa costruita da schiavi” nasce un mondo migliore, fatto di donne e uomini valorizzati per quello che sono e non per quello che hanno, premiati per quello che fanno e non per i parenti e le amicizie che posseggono, rispettati perché esseri umani in un mondo globalizzato e non discriminati perché zingari, messicani, ebrei o mussulmani.

 

Messo in pratica ed adattato alla realtà politica italiana, il discorso di Michelle Obama, e gli interventi della Convention democratica in generale, ci invitano a mantenere quello di buono che il governo Renzi ha fatto e sta facendo, ed andare avanti con ancor più coraggio, sia nelle riforme istituzionali che per quanto riguarda la riforma del mondo del lavoro. E’, infatti, con l’inclusione, le pari opportunità, il rispetto, il coraggio del cambiamento e il duro lavoro che si forma una nazione libera e prospera, non con l’odio razziale, la divisione sociale e il no a qualsiasi riforma “senza se e senza ma”.

 

La strada tracciata da Michelle Obama è una strada in salita, molto simile alla “porta più stretta” di cui parlano le Sacre Scritture attraverso la quale è difficile passare. Ma è l’unica destinata al successo.

 

Per questo, credo che l’invito a rigettare le differenze per abbracciare comunità e libertà individuale espresso dalla prima First Lady afroamericana della storia dell’Occidente, riportato durante la Convention che ha candidato la prima donna alla presidenza degli Stati Uniti, sia la lezione più importante che, da italiano d’America impegnato in politica, occorre seguire per creare, in Italia, più opportunità ed uguaglianza.

 

Pasquale F. Nestico

Presidente del Pd USA

Ex Consigliere CGIE (2004-2015)

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