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Marco Fedi: in viaggio da Londra a Tunisi, tra tensioni, successi e grandi aspettative

Provo a raccontare, attraverso un itinerario di lavoro, un’esperienza fatta di incontri e riflessioni, in una stagione parlamentare carica di tensioni ma anche di tante aspettative. Una stagione che, nonostante le obiettive difficoltà, ci vede ancora protagonisti. Racconto un viaggio che in poche settimane mi ha portato dal cuore del cambiamento multiculturale e politico nella Greater City di Londra alle contraddizioni di un grande paese amico, la Tunisia.

Le tappe: Londra, Tunisi, il 25 aprile a Roma, poi unioni civili e convivenze che entrano nella storia del Paese. In attesa del settantesimo anniversario della Repubblica Italiana e del referendum confermativo di ottobre sulla riforma costituzionale.

Parto dal confronto con tanti giovani iscritti ai Circoli del PD d’Europa, che si sono incontrati a Londra per affrontare in due giorni di intenso dibattito i temi più noti delle comunità italiane nel mondo: la rappresentanza, l’esercizio in loco del diritto di voto, la rete dei servizi dei patronati e dei consolati, l’anagrafe unica, la promozione della lingua e cultura italiane nel mondo.

Lo hanno fatto con impegno ed apertura al nuovo. La sintesi: la rappresentanza è da riformare, ma con equilibrio; l’esercizio in loco del diritto di voto deve migliorare ed è possibile pensare a nuove soluzioni che rafforzino il legame con gli elettori; i patronati sono essenziali ma debbono concentrarsi nella tipica attività di tutela, che svolgono bene e con impegno; la rete consolare deve entrare meglio nella vita di ogni cittadino italiano all’estero. E l’anagrafe unica della popolazione deve seguire gli spostamenti dei cittadini italiani nel mondo e guardare sempre più all’orizzonte europeo.

Tanti giovani italiani iscritti al PD hanno espresso con la loro presenza la forte volontà di vedere affrontate e risolte queste questioni, importanti per i cittadini italiani stabilmente residenti all’estero ed oggi sempre più rilevanti anche per chi si muove in Europa con maggiore frequenza. Una stagione di diritti e doveri al “portatore”, trasferibili con la residenza.

Sullo sfondo di questa discussione, la campagna elettorale per eleggere il Mayor of London, una sfida sociale e multiculturale che ha segnato un importante risultato a favore del Labour Sadik Khan. E la Brexit, la permanenza del Regno Unito nell’Unione europea.

Non basta sconfiggere la Brexit nel referendum. Le istituzioni si rafforzano resistendo ai nazionalismi e a una visione economicistica totalizzante. Il rischio Brexit ci impone di guardare all’Europa con occhi diversi: l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea avrebbe gravi e imprevedibili conseguenze che graverebbero sulle fasce sociali più deboli e si cumulerebbero con le conseguenze delle politiche di austerità e con ulteriori tagli allo Stato sociale. Con una condizione non meno grave che si va profilando: Schengen può essere sospeso, limitato, ridotto, a seconda delle esigenze dei singoli Paesi che l’hanno ratificato. Mentre l’Unione sta a guardare. La domanda oggi ricorrente è: quale Unione europea celebreremo l’anno prossimo, in occasione del 60esimo anniversario della firma dei trattati costitutivi dell’Unione? Per i giovani democratici italiani che vivono nel Regno Unito la questione è anche come lavorare con i partiti del socialismo europeo e con le forze progressiste per contrastare gli egoismi nazionalistici e le chiusure culturali, ma anche per far tornare la politica a discutere di soluzioni nuove. Senza omologarsi ai modelli dettati dai sondaggi d’opinione, ma coltivando un sogno d’Europa che è di apertura.

In questa Unione, lenta a realizzarsi compiutamente, quanto devono pesare le aspettative, i desideri, le scelte nazionali? Un quesito referendario di questa portata, a sessant’anni dalla fondazione dell’Unione, dimostra quanta strada debba essere ancora fatta per consolidare nei cittadini un senso di appartenenza che non possa essere continuamente messo in discussione, strumentalizzato e usato per ridurre gli spazi di mobilità o la spesa sociale o avallare politiche nazionalistiche. Il tema quindi non è solo quello di sconfiggere la Brexit nel referendum ma soprattutto di restituire alla politica europea la capacità di resistere ai nazionalismi, di contrastare una visione economicistica pervasiva e di rafforzare le istituzioni europee, a partire dai trattati.

Tunisia: ritrovare lo spirito della “primavera araba”. Maggiore libertà di espressione e partecipazione democratica, con le elezioni politiche e la nuova Costituzione
In Tunisia per celebrare i sessant’anni del Corriere di Tunisi. E l’occasione è propizia anche per valorizzare una splendida comunità italiana. Una comunità che ha affiancato il percorso del popolo tunisino verso una società sempre più laica. Su questo solido retroterra storico e ideale, a Tunisi nasceva sessant’anni fa il Corriere, fondato dalla famiglia Finzi, che nel corso della sua lunga esistenza si è dimostrato un costante fattore di promozione della comunità italiana nel quadro dell’evoluzione della società tunisina e un presidio democratico per l’intero contesto locale. Nonostante l’esperienza tunisina sia stata considerata quella di maggior successo nel panorama della cosiddetta “primavera araba” per il processo di democratizzazione che ha innescato, essa è diventata allo stesso tempo un esempio delle contraddizioni che possono scaturire dall’incapacità di far fronte al malessere economico, all’isolamento e alla frustrazione dei giovani nordafricani.
Il Corriere di Tunisi, in un ambiente attraversato da tensioni così acute, ha svolto il suo compito con grande capacità di dialogo interculturale e interreligioso. Lo ha fatto in diverse direzioni: con la propria comunità, con la società tunisina, con le istituzioni italiane, con la tenacia e la consapevolezza di chi sa che i diritti dei nostri connazionali si possono tutelare veramente solo nel quadro di politiche positive a favore delle comunità italiane nel mondo e in stretto collegamento con il progresso delle società di insediamento. Il lavoro giornalistico è stato un quotidiano impegno di riflessione e di analisi volto a sostenere le istanze di partecipazione democratica della comunità degli italiani nel mondo, a creare le condizioni per una forte presenza in Tunisia, paese sempre amato profondamente, ad alimentare l’intento di essere parte dei passaggi della storia del Mediterraneo. Abbiamo avuto l’opportunità di comprendere le difficoltà di un paese in cammino. Un paese che ha appena approvato una Costituzione, che è un primo fondamentale passo di modernizzazione, ma che attende grandi riforme di sistema. L’Italia non deve far venir meno il suo sostegno, anche attraverso la cooperazione internazionale. Ritrovare lo spirito e l’essenza della “primavera araba” significa riprendere e dare sviluppo ai passaggi democratici che si sono realizzati: maggiore libertà di espressione e più ampia partecipazione democratica, con le elezioni politiche e la costituente per approvare la nuova Costituzione. Sono passaggi fondamentali anche se ancora parziali, insidiati per altro dal terrorismo jihadista e dalle incursioni di Daesh ai confini. Nonostante la serietà di queste minacce, non c’è altra strada da percorrere.

Il 25 aprile: sempre con chi si è battuto per la libertà e la democrazia
La riforma costituzionale che abbiamo appena approvato rappresenta il tentativo di realizzare un efficiente sistema parlamentare che riduca i tempi di approvazione delle leggi e che consenta comunque un confronto con le autonomie locali. In questa giornata, trascorsa con australiani e neozelandesi nel cimitero angloamericano per ricordare l’ANZAC Day, rifletto sulla storia di tanti uomini e donne che hanno sacrificato la loro vita, in tanti luoghi della memoria, per valori universali come la pace, la libertà, la democrazia, che tutti siamo chiamati a difendere. Ecco perché sono e sarò sempre dalla parte dei partigiani e di chi oggi si è impegnato per consegnare al futuro del nostro paese una buona riforma costituzionale. E lavorerò per il “sì” al referendum confermativo.
Un passo storico per i diritti civili

La definitiva approvazione alla Camera della legislazione sulle unioni civili e sulle convivenze ha rappresentato davvero un passaggio epocale per il nostro paese. Non ancora compiuto ma sicuramente un primo emblematico passo che porta l’Italia fuori da una condizione paradossale: il paese che oggi più lavora per un’Europa nuova, più aperta alla crescita, più attenta ai flussi migratori, più capace di rinnovarsi e riformarsi, questa Italia era vistosamente indietro nel campo di diritti civili delle persone.

Oggi abbiamo superato questa contraddizione e abbiamo positivamente contrastato anche le logiche opportunistiche delle opposizioni o le alleanze trasversali pseudo-cattoliche che speravano nel voto segreto. Il combinato disposto di riforma costituzionale e legge elettorale, giustamente denominata Italicum, ci consegnerà, dunque, un’Italia molto diversa: un’Italia in cui il voto segreto, i cambiamenti di casacca, le coalizioni sempre pronte al ricatto saranno il nostro passato perché l’Italia vuole essere ancora più europea.

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