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Cuperlo: “La campagna elettorale è finita, non possiamo aprirne subito un’altra”

Gianni Cuperlo, esponente della minoranza del Pd, si aspettava le dimissioni dilazionate di Renzi?

 
«Dal segretario di un partito che esce pesantemente sconfitto dal voto, mi sarei atteso un’assunzione di responsabilità, come classe dirigente, che non passasse solo dall’affermazione: “Prendo atto e me ne vado” ma da un’analisi dei limiti dell’azione condotta in questi anni».
 

Invece.

 
«Invece la sensazione è stata quella di una rivendicazione delle buone cose fatte (e ce ne sono) ma tornando, e lo trovo incomprensibile, a una riforma costituzionale che l’elettorato ha bocciato e che, a suo dire, avrebbe potuto arginare la situazione attuale».
 

Renzi accusa Mattarella di non aver concesso due finestre elettorali più favorevoli.

 
«Passaggi francamente inaccettabili. Come anche la scelta di rinviare le dimissioni a dopo la formazione del nuovo governo».
 

Cosa avrebbe dovuto fare?

 
«Abbassare i toni, analizzare con umiltà un risultato che spinge il Pd al punto più basso, portandolo vicino al rischio implosione. Dico a Renzi: la campagna elettorale è finita, non possiamo aprirne subito un’altra. Abbiamo due sentieri davanti: ricostruire il rapporto col Paese cercando di capire cosa si sia spezzato nel nostro legame con l’elettorato. E affrontare il nodo di una riforma elettorale che non consente la formazione di una maggioranza».
 

Il segretario paventa i “caminetti”. Ha ragione?

 
«Nessuno chiede i caminetti, ma di fronte a una successione di sconfitte fino a questa, non si può pensare di risolvere un grumo di problemi con una nuova conta, o solo con primarie che riproducano meccanismi già visti».
 

Renzi ha schierato il Pd all’opposizione. Condivide?

 
«All’opposizione ci hanno mandato i cittadini. Il dato di fatto è che dalle urne non è uscita una maggioranza. Allora forse è il caso di esaminare proposte di riforma elettorale. Ma in maniera condivisa, non con l’approccio “faccio come mi pare e voi approvate”».
 

Quindi lei apre a un confronto con gli altri partiti?

 
«Non mi sfugge che abbiamo alle spalle una campagna elettorale dai toni aspri e che se qualcuno ti chiama “mafioso” poi è difficile parlarci. Ma qui il problema è un po’ diverso: c’è un centrodestra a guida sovranista capace, se lo si lascia fare, di spostare l’Italia su pericolose posizioni antieuropeiste. E c’è un movimento che ha fatto della purezza incontaminata la sua cifra. Bisogna trovare un equilibrio di governo o almeno affrontare la riforma elettorale».
 

Zingaretti ha vinto. Non sarà un segnale?

 
«Mi sono battuto contro la scissione perché sapevo che ci avrebbe indebolito. Il risultato di Leu è particolarmente deludente e riflette una difficoltà della sinistra in tutta Europa. E una sfida enorme da affrontare insieme».

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