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Zingaretti: “Ora la rigenerazione del PD e di tutta la sinistra”

«Io ci sarò».
 

Anche alle primarie?

«Anche alle primarie, non escludo nulla».
 

Caro Zingaretti, è questa la tua ‘mossa del cavallo’?

 
«Parli del libro di Vittorio Foa?».
 

No, parlo del libro di Camilleri. Il cognome Zingaretti è un logo italiano, due fratelli con una sola faccia: rotonda, bonaria e rassicurante. Anche se la pelata, che nel commissario Montalbano è la calvizie virile scolpita dal barbiere, in te è ancora circondata dai capelli, come un pensiero che si sta facendo strada. Non sarà il coraggio che a poco a poco ha la meglio sulla tua famosa, proverbiale prudenza? Mi avevano detto: il presidente Nicola Zingaretti non risponderà alle tue domande; è bravissimo a scivolare via: lo chiamano er saponetta

.
 
«La metafora del sapone va però completata: il sapone scivola, è vero, ma soprattutto pulisce, lava. Io non considero prudenza, ma dignità il tenermi lontano dalla politica che sporca, scivolare via dalle risse, dalle cattiverie, dagli insulti personali, da quello che io chiamo il ritorno al Colosseo: in Italia non ragioniamo più, ma giudichiamo e condanniamo spingendo il pollice in giù. Io invece cerco, sin quando è possibile, di trovare i lati positivi delle cose. Del resto in tutti questi anni non sono stato in un collegio svizzero. Ho fatto politica in un mondo sporco. Ti ricordo che questa era la Regione di Fiorito, er Batman».
 

Hai avuto ben 341 mila voti in più di quelli che il tuo partito ha preso alle politiche. Perché?

 
«Non penserai che io faccia le mie lodi, spero. Mi limito a farti notare che quei miei elettori non sono perduti per il Pd; che insieme possiamo riconquistarli. Gli elettori che alle politiche sono emigrati verso i 5stelle, verso la destra e verso l’astensione, sono la sofferenza del Pd».
 

Nella disfatta del Pd, tu sei il solo che ha vinto. Già nel 2008 quando Veltroni perse alle politiche tu vincesti con 60mila voti in più di Rutelli che fu battuto da Alemanno. E ancora nel 2013 hai preso 300mila voti in più del Pd di Bersani alle politiche. È merito della buona amministrazione?

 
«Certo, ma anche di un progetto politico che nel Lazio ha unito tutta la sinistra. Abbiamo fatto l’accordo con Liberi e Uguali, avevamo con noi i sindaci, le liste civiche e, soprattutto, i giovani. È un modello che rilancia lo spirito dell’Ulivo. Ed è il modello che vorrei proporre a livello nazionale».
 

Ancora l’Ulivo?

 
«Non quell’Ulivo, che è il passato, ma la sua ambizione sì, lo spirito innovativo, la voglia di stare insieme e di vincere insieme».
 

Non sarà anche merito del logo Zingaretti? È vero che cambia la statura perché il commissario Montalbano è brevilineo e tu sei longilineo, ma l’acuto sondaggista Nicola Piepoli sostiene che quelle puntate record in piena campagna elettorale ti hanno aiutato.

 
«Vuoi dire che gli italiani pensano a me come al fratello di un commissario che combatte i cattivi e dunque che anche io combatto i cattivi?».
 

Voglio dire che il commissario Montalbano è un bene rifugio degli italiani, l’eroe di un mondo perfetto, il più grande successo letterario e televisivo d”Italia, e che tu sei suo fratello. Qualche anno fa uscì un interessante libro intitolato “Lei non sa chi è mio fratello!” che Claudio Magrìs definì “borgesiano”.

 
«Diciamo che sono il fratello di un attore amatissimo che mi ha sempre aiutato in ogni campagna elettorale. Noi Zingaretti offriamo un’idea di famiglia molto unita e molto italiana. Non credo che dipenda dal momento in cui Luca va in onda, ma certo è vero che siamo percepiti come `gli Zingaretti’, uniti come una canzone: uno è la musica e l’altro le parole».
 

Dopo la vittoria hai ringraziato mamma e papà.

 
«È a loro che dobbiamo il rispetto verso gli altri. In Italia la famiglia è il valore prezioso che sta alla base di ogni comunità. Non c’è solo il familismo amorale».
 

C’è anche una sorella, Angela. Ma non avete un erede maschio. Ognuno di voi ha due figlie: sei femmine.

 
«È un problema per Camilleri, che dovrà inventarsi una commissaria».
 

Tuo fratello è meno saponetta?

 
«È più collerico. E da piccolo era un po’ estremista».
 

Tu invece sei stato sempre istituzionale. E ora sogni la rifondazione del Pd.

 
«La parola rifondazione è un altro déjà vu. La mia parola è rigenerazione: non solo del Pd, ma di tutta la sinistra. E senza accordi calati dall’alto, ma aprendo un grande confronto, vero e forte».
 

E intanto? Pensi che il Pd debba appoggiare un governo dei 5 stelle?

 
«Dobbiamo stare all’opposizione. Non siamo stati noi a deciderlo, ma gli elettori. Chi ha vinto provi a governare. Mi pare che i 5 stelle, in quella che io chiamo la loro istituzionalizzazione, abbiano capito che il vaffa non è un buon metodo di governo: hanno cavalcato la rabbia, vedremo se sanno anche governarla. La destra pensa invece che la rabbia abbia bisogno di un colpevole da punire: il nero, l’immigrato, il diverso. Noi dobbiamo stare all’opposizione per elaborare una proposta rigenerante che torni ad offrire un orizzonte alla rabbia, la trasformi in progetto politico, in una nuova speranza».
 

Credi che, pur stando all’opposizione, sia giusto cercare l’accordo per le presidenze di Camera e Senato?

 
«Penso che si dovrebbero tenere lontane queste nomine dalla trattativa per il governo, evitare accordi sotto banco. Io ho già il mio da fare per la presidenza del Consiglio regionale».
 

In Regione non hai la maggioranza.

 
«Fisserò quattro punti: rifiuti, sanità, fiscalità e sviluppo economico. Se ci stanno, bene».
 

Altrimenti?

 
«Non sono attaccato alla poltrona. Arriverei più libero al congresso del Pd».
 

Roberta Lombardi, che in campagna elettorale ti aveva dato del mafioso, ieri con un’ intervista al Messaggero ha `aperto’ al tuo programma. Del resto i 5 stelle, ora che hanno bisogno, hanno scoperto De Gasperi e persino Andreotti. La sindaca Raggi prima si è negata al telefono ma poi ti ha richiamato. Segnali di fumo?

 
«Sì, penso anch’io che ci possa essere un calcolo e che possa trattarsi di segnali. Ma la politica locale rimarrà locale».
 

Conosci Grillo? Conosci Di Maio?

 
«No. Solo i dirigenti locali. Evidentemente non stavo nel loro orizzonte».
 

Dunque al Pd proponi: opposizione e congresso.

 
«E ti dico subito quel che dovrebbe essere il tema del congresso: l’articolo 3 della Costituzione».
 

Un congresso sull’uguaglianza: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge…”.

 
«…ma io metterei l’accento sul secondo paragrafo dell’art.3: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica,economica e sociale del Paese“».
 

Un congresso anche con Liberi e Uguali?

 
«Un congresso aperto e unitario».
 

E Renzi?

 
«Non l’ho mai votato, ma ho avuto con lui un rapporto di franchezza e di lealtà. Gli riconosco che, con grande energia e a modo suo, ci ha provato. È un’esperienza che non possiamo liquidare. Sia pure in posizioni diverse sarebbe bello se anche Renzi spingesse verso la rigenerazione».
 

Non senti nascere una certa simpatia verso il Pd? La sconfitta si addice al Pd come i lutto ad Elettra?

 
«Solo in questo senso paradossale si possono vincere le elezioni che si perdono. Forse l’Italia comincia già ad accorgersi che non si può fare a meno del Pd del luogo in cui la sinistra pensa, organizza la sua passione, si rigenera».
 

Calenda ha chiesto la tessera.

 
«Lo conosco bene, sarà una ricchezza».
 

Anche Oliviero Toscani ha annunziato che si iscriverà al Pd.

 
«Ma le iscrizioni non erano già chiuse? (Lo dico a un simpatico provocatore)».

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