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Calenda: «Perché ora serve una forza liberale»

Caro direttore,
condivido il ragionamento di Antonio Polito: il Partito democratico non può rimanere solo a fronteggiare Lega e Movimento 5 Stelle. Liberali e popolari devono entrare in partita. Il «come» è però ancora poco chiaro.

 

Il Manifesto SiamoEuropei partiva dal presupposto che esiste oggi un terreno più fertile per unire le tre grandi famiglie politiche europee attorno a programmi e valori condivisi. Le distanze nella storia sono relative e mobili. La condivisione dei principi di fondo della democrazia liberale e la collocazione internazionale rappresentano il vero discrimine della politica contemporanea. Ciò è particolarmente attuale nell’Italia governata da forze che vogliono smontare la democrazia liberale, e che hanno portato il paese fuori dal gruppo dei fondatori dell`Unione europea.

 

Aggiungo che le distanze si stanno assottigliando anche per quanto riguarda le ricette economiche e sociali. Nessuno mette più in discussione ilfatto che le diseguaglianze vadano ridotte anche attraverso l’intervento dello Stato, le transizioni governate, a partire dalla globalizzazione; i pilastri del welfare pubblico rafforzati attraverso un uso attento delle risorse. Stessa sensibilità accomuna liberali, socialdemocratici e popolari per ciò che concerne l’ambiente, i diritti, la gestione dell’immigrazione, il ruolo delle donne nella società, la responsabilità intergenerazionale.

 

Il progetto comune deve essere quello di riconnettere progresso e società. Negli ultimi 3o anni il primo ha corso a una velocità immensamente superiore alla seconda, da qui nasce la paura che alimenta l’onda dei nazionalisti. I dati sull’analfabetismo funzionale rappresentano questa frattura meglio di qualsiasi indicatore economico.

Investire su uomo e società è l’unica risposta possibile. E questa radice comune deve aiutare a riunire umanesimo liberale, cristiano e socialista. Nonostante ciò l’elettorato è ancora molto sensibile alla questione dell’appartenenza.

 

Ciò rende difficile, per tutti coloro che si riconoscono nei valori democratici liberali, votare un unico partito, anche se plurale. Il sistema elettorale suggerisce poi, al contrario delle elezioni europee, la necessità di alleanze ampie nel contesto di un bipolarismo sempre più marcato (perché condizionato da valori antitetici, e non solo da ricette di governo diverse). La soluzione non può dunque essere limitare il campo democratico liberale al Pd, a meno di non voler, inevitabilmente, legare il suo ritorno al governo ad un accordo con i 5 Stelle.

 

Una scorciatoia suicida che, non nascondiamocelo, esercita un’attrattiva su parte della dirigenza. Occorre dunque creare una grande forza liberale e popolare, e un programma capace di saldarla al Partito democratico. Questa forza non può e non deve nascere da una rottura con il Pd ma da un allargamento del campo in cui il Pd opera. Per questo ho parlato di una decisione condivisa, come del resto lo è stata la scelta, coraggiosa, di Nicola Zingaretti di andare alle Europee con una lista unitaria fatta insieme a SiamoEuropei.

 

Una lista che conteneva più di un terzo di candidati non iscritti al Partito democratico. Non si tratta «di chiedere permessi» ma di lavorare insieme e uniti.
Aggiungo che questa impostazione si è dimostrata vincente proprio nelle Amministrative. Il principio di inclusione/esclusione nella coalizione dovrà rimanere quello dell’adesione al programma comune, accompagnato dall’impegno a non cercare alleanze con i partiti di governo.

 

Allo stesso modo la leadership dovrebbe emergere da primarie di coalizione che ne rafforzerebbe la legittimazione. La mia proposta è questa, non so se sia la migliore e sono pronto ovviamente a discuterne altre quando e se si presenteranno. La parola dunque è al Pd e agli altri partiti coinvolti. Per quanto mi riguarda dal i luglio sarò in Europaper fare il mio lavoro di eurodeputato. E già questo sarà un impegno intenso ed entusiasmante.

 

Carlo Calenda
Europarlamentare del PD

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