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Gentiloni: “L’Italia è rimasta sola in Europa, il governo può cadere sulla Libia”

“L’Italia è isolata in Europa e il caos libico, oltre a un rischio di ripresa dei flussi migratori, comporta un rischio per la tenuta del governo». Anche per questo, non solo per «il disastro economico in corso», l’ex premier Paolo Gentiloni mette in conto un voto anticipato: che deve portare dritto alle urne, «perché non esiste alcuna possibilità di un sostegno del Pd a un eventuale governo tecnico».

 

Intanto quali possono essere le conseguenze immediate di una Libia che sprofonda nella guerra civile?

«Le conseguenze sono innanzitutto sulla sicurezza: è chiaro che la Libia nel caos significa anche un pericolo di infiltrazioni dalla frontiera con la Tunisia di gruppi qaedisti e in particolare di Ansar al-sharia. Poi ci sono i contraccolpi economici, per l’importanza che ha la Libia per l’Eni e per l’approvvigionamento energetico. Ed è evidente che una ripresa anche limitata di flussi migratori, dovuti al caos e alla non operatività della guardia costiera, renderebbe impossibile questa linea propagandistica e meschina della chiusura dei porti per chi fugge da una guerra».

 

In questa delicata fase, secondo lei come si sta muovendo il suo successore?

«Paghiamo sul dossier per noi più importante un isolamento internazionale senza precedenti. Non ho capito se abbiamo degli amici e se li abbiamo chi siano. Trump? Putin? Al Sisi? L’unica cosa chiara è che l’atteggiamento verso la Russia, sul Venezuela, il rapporto con la Cina, i bisticci con gli europei hanno trasformato l’Italia in un Paese debole, arrogante e inaffidabile. Purtroppo il prezzo rischiamo di pagarlo in Libia dove ovviamente avremmo bisogno di coinvolgere gli Usa e di lavorare con la Ue, Germania in testa: per gestire sia i rapporti con chi promuove la guerra per procura in Libia e sia per comporre gli interessi talvolta divergenti di Italia e Francia».

 

In tutto ciò non sarà indifferente quanto conteranno dopo il 26 maggio i sovranisti in Europa.

«La posta delle prossime elezioni non va sottovalutata perché al fondo riguarda la possibilità per l’Italia di continuare ad avere un ruolo in Europa. Parliamoci chiaro: oggi questo ruolo è minacciato. Siamo ai margini. E dai margini alla porta di uscita talvolta il passo è breve. I sovranisti hanno una linea sull’economia europea catastrofica per l’Italia e per il governo Lega-5stelle. Più aumentasse il loro peso e più diminuirebbero i margini di manovra per la prossima legge di bilancio. Se andrà bene a Salvini e ai suoi amici, saranno dolori per la nostra economia e per la possibilità di politiche più espansive e basate sugli investimenti. Sarà il trionfo della più rigida e nordica austerità».

 

La prossima legge di bilancio la farà questo governo o faranno la crisi per evitarlo?

«Questo dipenderà da loro. C’è un contesto in cui il Paese è fermo, isolato e per certi versi incattivito. Due cose però sono chiare. La prima è che di fronte a una crisi non ci sono altre maggioranze in parlamento. La parola in quel caso passa a Mattarella, ma certo per il Pd si va a nuove elezioni. La seconda è che la prossima legge di bilancio è un buco nero. Se sarà questo governo ad affrontarla, alcune cose sono già prevedibili, come l’aumento dell’Iva, nuovo ulteriore tradimento del Nord da parte di chi finge di rappresentarlo».

 

A proposito: in caso di voto anticipato si parla di lei come candidato premier di un’alleanza di centrosinistra. Mai dire mai?

«Mi sembra l’ultimo dei problemi, del resto la legge neanche prevede indicazione di candidati premier. Il punto è come il Pd sarà in grado di corrispondere a questa ricerca di alternativa. Perché siamo di fronte a un governo che ha esaurito la sua funzione. Ma che rischia di galleggiare portando a fondo il Paese».

 

Non pensate di avere un progetto troppo indistinto per poter competere con i gialloverdi?

«Le Europee renderanno chiara la competizione tra i nazional populisti e la lista europeista unitaria promossa dal Pd. Che deve coltivare l’ambizione dell’alternativa. Tradotto, vuol dire anzitutto vivere il Pd non come un ritorno al passato, ma come un grande partito di centro sinistra perno di una coalizione capace di esser più attrattiva della coalizione di destra-centro: nei confronti degli italiani che lavorano, delle donne che vogliono affermare il loro ruolo, dei moderati, del volontariato. C’è uno spazio enorme che non si riconosce nell’Italia estremista e un po’ cattiva di Salvini».

 

Di questa coalizione potrebbe far parte un eventuale forza costruita da Renzi?

«Renzi fa parte del Pd. Un Pd che parla alla sinistra, ai cattolici, agli ambientalisti e ai liberali. Non servono schemi del passato».

 

Quali sono i cardini del vostro programma alternativo?

«Parlo di alcune scelte fondamentali. La prima, investire sul lavoro, ossia tasse sul lavoro più basse, e salari più alti. Seconda, emissioni zero, mobilità sostenibile, la grande occasione della Green economy. Terzo, concentrare le risorse su scuola, ricerca innovazione e competitività».

L’inchiesta che ha squassato il Pd umbro peserà sul voto?

«Non credo che peserà. Noi, da garantisti, confermiamopiena fiducia nei magistrati. Non a caso abbiamo messo capolista al sud l’ex procuratore antimafia Franco Roberti»

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