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Ascani: “Combattere le fake news? Obiettivo di una democrazia seria”

La battaglia contro le fake news è una battaglia «di civiltà» per ripulire il dibattito pubblico. Parola di Anna Ascani, deputata del Partito democratico, minacciata di morte sul proprio profilo Twitter dopo aver svelato l’ennesima bufala circolante sul web, quella del falso esponente dem di Forlì, Tommaso Ciarponi, che il giorno dopo la tragedia del ponte di Genova aveva postato un messaggio, corredato dal simbolo del partito, in cui si diceva dispiaciuto solo perché sotto le macerie non erano morti anche Salvini e Di Maio. Ma i censori del web, anziché prendere atto della bufala, hanno augurato la morte alla deputata, “colpevole” soprattutto di essere esponente del Pd. Che, ora, ha deciso di raccogliere tutte le bufale in un documento, dichiarando guerra ai professionisti dell’odio. Funzionerà? «Serve un progetto a lungo termine – racconta Ascani al Dubbio -, ma intanto cominciamo a spingere la gente a chiedersi se ciò che legge è vero».
 

Onorevole, la bufala da lei smascherata è stata costruita su una tragedia. Cosa c’è dietro questo atteggiamento che non guarda in faccia nemmeno chi ha perso la vita?

 
«Credo che lo spirito sia sempre quello spiegato bene dal vecchio Casaleggio: ciò che è virale diventa vero. Quel profilo, come altri, è stato creato per mettere in circolo cose che poi diventano virali, tanto da essere condivise anche da persone in buona fede che, non avendo i mezzi o non dovendolo fare per professione non verificano le fonti, amplificando così il messaggio. Nelle ore tragiche di Genova ho visto che soprattutto profili riconducibili alla destra condividevano il post di un falso esponente del Pd. Questa bugia era diventata virale e, come tale, vera, portando tutti a dire: questo è il Pd, questa è la sensibilità del Pd».
 

Qual è il meccanismo che porta così tante persone a credere a tutto ciò che circola in rete?

 
«Alcune delle forze politiche oggi al governo – il M5S in modo particolare è nato in questo modo, poi la Lega ha seguito le sue orme, almeno sui social – si presentano come i paladini dell’informazione corretta, mentre tutti i giornalisti sarebbero al soldo di qualcuno. Il meccanismo è semplice: basta usare i siti di fake news, facendoli passare come gli unici a dire la verità. C’è sempre un complotto dietro e questa teoria, sui social, ha avuto l’esplosione più forte, perché è più difficile verificare un link. Questa è una delle ragioni per le quali il mio partito passa per il falso della situazione».
 

Perché adesso è così facile credere alle bufale?

 
«I falsi ci sono sempre stati, ma una volta c’era una certa autorevolezza delle fonti. Oggi, nel momento in cui si pubblica su una testata una qualsiasi notizia, c’è già qualcuno pronto, dal proprio profilo, a mettere in discussione ciò che questa notizia dice. D’altronde, in un paese in cui i vaccini diventano tema di discussione tra persone che non hanno in alcun modo le competenze per poterne parlare, non mi stupisce che la qualità del dibattito sia inquinata da bugie e fango. Questo è ciò che mi fa più paura e ciò non aiuta affatto la gente».
 

È un problema di consapevolezza nell’utilizzo di internet?

 
«Sì, è lo stesso problema che c’era all’inizio con la televisione, quando tutti credevano alle cose perché era stata la tv a dirlo. Molti, sui social, hanno ancora quell’atteggiamento, ma su internet ci sono colossali bugie messe in atto per inquinare le acque. Occorre, quindi, stimolare la consapevolezza e non lasciare sole le vittime di queste bufale».
 

Qualcuno potrebbe pensare che il Pd voglia sfilarsi dalle proprie eventuali responsabilità.

 
«Quello che metto in discussione non sono le responsabilità, che verranno accertate, ma quel tentativo di acquisire consenso tramite bugie. Non parlo solo del falso profilo, ma anche della finta lettera di un padre alla figlia vittima del crollo del ponte, nella quale criticava i governi precedenti. Sono cose orribili e ne va della qualità del dibattito».
 

Anche il post vero del Pd sull’emendamento salva Benetton del 2008 votato dalla Lega è stato tacciato come falso. La cosa rischia di diventare un autogol?

 
«Quello che il M5s ha pubblicato, indicandolo come fake news, era una prima versione di un post in cui, per errore, anziché la Lega era stato indicato il M5s come partito che votò quell’emendamento. Un post poi modificato. Ma il contenuto è innegabile: la Lega ha votato quel decreto, come testimonia la dichiarazione di voto di Soro e lo stesso Salvini, che non ha potuto negare di averlo fatto, dicendo di non ricordarlo. Una giustificazione ancora più grave, considerando che si tratta del ministro dell’Interno: un giorno potrebbe dire di non ricordare il motivo dei suoi atti e quando si rappresentano i cittadini non si ha diritto all’oblio».
 

L’iniziativa del Pd contro le fake news ha già raccolto migliaia di segnalazioni. Cosa può dirci a riguardo?

 
«Sono in tante le persone che hanno aderito, perché adesso non si sentono più sole. Ci chiedono di verificare alcune notizie che circolano in rete e questo è particolarmente importante».
 

Che risultato vi aspettate? Può bastare un documento online per contrastare le bufale?

 
«Ovviamente l’analfabetismo funzionale non si risolve con iniziative sui social, ma serve un’iniziativa a lungo termine. L’iniziativa consente, però, di iniziare un lavoro sull’educazione dei ragazzi per la cittadinanza digitale, che era già un’iniziativa del Pd. Per quanto riguarda gli adulti, invece, serve ad insinuare il dubbio: sarà vero ciò che sto leggendo? Inoltre il fastidio per le bufale è un segnale positivo e quanto meno contribuirà a spingere le persone a chiedersi se quello che è sui social è vero».
 

Come ha reagito alle minacce ricevute dopo aver svelato che quello di Ciarponi era un profilo falso?

 
«Ho pensato che se la reazione per aver smascherato una bufala è quella allora significa che la verità dà fastidio e che siamo sulla strada giusta. Il mio invito è quello di denunciare ogni volta che si legge qualcosa di falso, perché questo accresce la consapevolezza e sarà più facile incontrare qualcuno che mette in dubbio le bufale. Sicuramente non ho gradito gli insulti, ma io sono un’ottimista quindi mi concentro sulla solidarietà, tanta, ricevuta dalle persone, gente che conosco ma anche molta che non conosco. Mi ha convinta che sia possibile ripulire un dibattito pubblico troppo inquinato per una democrazia seria».

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